Nel 1969, davanti agli studenti della prestigiosa St. Martin’s School of Art di Londra, dove entrambi stanno studiando, Gilbert & George mettono in scena la loro prima performance pubblica: in piedi su un tavolo, con abiti eleganti e con mani e volti ricoperti d’oro, cantano e mimano meccanicamente una canzone del varietà degli anni Trenta intitolata Underneath the Arches.
The Singing Sculpture è il nome dato dal duo a questa rappresentazione. L’intento è quello di apparire come vere e proprie sculture viventi, secondo una poetica fondata sulla perfetta coincidenza di artista e opera. Il che non vuol dire solo aprire l’arte alla vita ma, richiamando i principi estetici di intellettuali dandy quali Oscar Wilde e Gabriele D’Annunzio, significa per la coppia elevare la vita stessa a opera d’arte. «Rifiutavamo il formalismo e sentivamo il bisogno di riportare al centro dell’opera quei sentimenti che l’arte aveva congelato e allontanato da tempo, come i pensieri, le speranze, il sesso, le paure, i sogni, gli amori, gli incubi, i disastri, le profezie, le memorie e persino le lacrime», raccontano gli artisti.
Sono trascorsi più di cinquant’anni da quella celebre performance e Gilbert & George, al secolo Gilbert Prousch, nato nel 1943 a San Martino in Badia, in Trentino Alto Adige, e George Passmore, nato nel 1942 a Plymouth, nella contea del Devon, sono rimasti fedeli sia al loro look di rispettabilissimi gentlemen (sempre vestiti con completi dai colori sobri e dal taglio impeccabile, sempre garbati, calmi e disinvolti come il tipico aplomb d’oltremanica esige) sia al carisma sfacciato e radicale delle loro opere, con cui amano mettere ogni cosa in discussione.
Inconsueta miscela di un aspetto da «upper class», al limite del reazionario, e di un’arte dissacrante e rivoluzionaria, Gilbert & George sono due uomini e un solo artista. Dall’origine del loro sodalizio, che è stato ed è prima di tutto affettivo, sono due esistenze che scorrono in simbiosi, mosse da una visione comune mai intaccata dal trascorrere dei decenni. La coppia fa arte con la vita e sulla vita, indagando senza compromessi le esperienze umane di ogni tipo e mettendo alla prova, in primis, i propri sentimenti. Per questo, sin dagli anni Settanta, i due artisti compaiono sempre nei loro lavori diventando parte di ogni singola opera al fine di stringere una più stretta alleanza con lo spettatore.
Con un approccio ludico, il duo sfida critica e opinione pubblica, scredita tabù culturali e religiosi, smaschera il perbenismo della società contemporanea. E lo fa monitorando l’uomo dal proprio peculiare osservatorio, l’East End di Londra, una sorta di grande periferia composta di quartieri poco agiati e disordinati dove non è difficile riuscire a cogliere l’infinita gamma dei comportamenti umani. È qui che Gilbert & George vivono da molto tempo, affascinati dalla miseria e dalla bellezza, dalla disperazione e dalla speranza, dalla sopraffazione e dall’amore, dalle frustrazioni e dai desideri di un luogo in cui ogni giorno si consuma la complicata convivenza tra ceti sociali, etnie e valori differenti.
Dall’incessante dialogo con la metropoli nasce un’arte immersa nella realtà quotidiana che si avvale di miriadi di stimoli non per criticare sterilmente le contraddizioni del vivere o per dare facili responsi, ma per spingere ciascuno di noi a riflettere su quelle tematiche scomode che, come singoli individui e come parte della comunità, siamo spesso portati a ignorare.
Avversi a ogni forma di elitarismo, Gilbert & George sostengono che l’arte debba essere democratica, per tutti. Un concetto, questo, che nel semplice motto «Art for All», utilizzato dagli artisti fin dagli esordi, sintetizza bene la logica che sottende la loro attività.
Nella ricerca del mezzo più adatto a comunicare il suo messaggio, la coppia sperimenta diversi linguaggi espressivi sino ad arrivare alla fotografia, attraverso cui dà vita a grandi poemi visivi che raccontano la condizione umana. Sono immagini imponenti che evocano lo stile delle vetrate artistiche e che rappresentano il mondo così come Gilbert & George lo hanno meticolosamente scandagliato, divenendo melting pot di contenuti indecenti, di simboli sacri, di volti mascherati, di corpi nudi (sempre i loro, ovviamente), di proclami e di frasi sconvenienti. In queste grandi composizioni convivono, come accade nella vita reale, il sublime e il banale, il grottesco e il tragico, senza una gerarchia e senza un limite.
Particolarmente significative sono, ad esempio, alcune opere degli anni Novanta in cui il duo affina la sua condotta provocatoria fino a rappresentare escrementi, organi sessuali e fluidi umani. In questi lavori l’individuo viene ridotto all’essenziale, alla sua mera biologia e dunque a ciò che rende tutti uguali. Nessuna distinzione di classe, di sesso, di moralità o di cultura. È l’uomo che va oltre la diversità e l’ipocrisia. Quello che da sempre sono Gilbert & George.
Provocazione allo stato puro
Sono una sessantina le opere del duo inglese raccolte negli spazi del Museo Casa Rusca a Locarno: lavori che vestono impetuosamente le pareti delle sale espositive con le loro grandi dimensioni e il loro cromatismo energico. Ancor prima dell’animo è lo sguardo a essere stravolto dal turbinio di immagini, di scritte e di colori che si riversano sulle composizioni realizzate da Gilbert & George, quasi fagocitando lo spettatore nel loro universo religiosamente profano, volgarmente puro e violentemente poetico.
La rassegna curata da Rudy Chiappini è stata progettata in stretta collaborazione con la coppia di artisti, che, planimetrie alla mano, ha concepito un percorso ad hoc per il museo locarnese, arrivando addirittura a costruire un modellino in scala di Casa Rusca affinché tutto potesse essere calcolato nel dettaglio. Nasce così una mostra tailor made, da cui emerge l’importanza che per Gilbert & George riveste l’allestimento, inteso esso stesso come parte integrante del processo creativo capace di concentrare e mettere in scena il senso dell’opera d’arte.
L’itinerario si sviluppa documentando le principali tematiche che i due artisti hanno esplorato negli ultimi quindici anni seguendo, come da loro abitudine, le questioni più controverse dell’attualità. Quelle questioni che più suscitano timore, disorientamento ed emozioni contrastanti nell’uomo e che Gilbert & George scelgono di affrontare nel loro lavoro sprezzanti di criteri estetici e limiti morali.
Nelle Utopian Pictures i due artisti raccontano gli allarmanti risvolti di una società sempre in bilico tra libertà e coercizione; nelle Jack Freak Pictures sfidano i valori della britishness conservatrice «degradando» la bandiera del Regno Unito, tradizionale emblema di questi principi, a mero sfondo decorativo su cui posare i loro corpi deformati; nelle Scapegoating Pictures rivelano gli oscuri retroscena del multiculturalismo; nelle London Pictures accostano annunci squallidi e aggressivi all’autorevole e potente ritratto della Regina Elisabetta II, come fossero due facce della stessa medaglia; nelle Beard Pictures, infine, appaiono entrambi con una barba smodata, storicamente simbolo di forza e saggezza, per stravolgerne il significato e farne incarnazione delle nuove costrizioni imposte dalla civiltà contemporanea.
Insolenti, demistificatori, comici e inquietanti, Gilbert & George oltrepassano la soglia del conformismo per delineare il vero volto della società; una società caotica e impaurita che ha bisogno di guardarsi dentro, senza pregiudizi, alla ricerca della verità.
Dove e quando
Gilbert & George. The Locarno Exhibition. Museo Casa Rusca, Locarno. Fino al 18 ottobre 2020. Orari: da ma a do 10.00-12.00/14.00-17.00, lu chiuso. www.museocasarusca.ch
Gilbert & George
Due per uno, arte per tutti
di Alessia Brughera