Christian Spuck è ormai internazionalmente acclamato grazie soprattutto a indimenticabili coreografie su capolavori della letteratura, per esempio Anna Karenina, Leonce und Lena, Woyzeck, Der Sandmann, o su grandi opere musicali preesistenti, e peraltro già perfettamente eloquenti di per sé.
L’instancabile direttore del Ballett Zürich ci riprova, mettendo in repertorio in prima mondiale una nuova coreografia di Die Winterreise, il capolavoro di Franz Schubert nella versione ricca di contrasti per tenore e orchestra del 1993 di Hans Zender (Die Winterreise fu composto in origine da Schubert per pianoforte e tenore, e non per baritono o per mezzosoprano), già egregiamente coreografata nel 2001 dal grande John Neumeier. Pur rimanendo convinti che tali compiutissimi capolavori non abbiano alcun bisogno di immagini, riconosciamo di aver trascorso, come d’altronde il folto pubblico presente alla prima, una serata incentivante e ricca di emozioni.
Per Christian Spuck, ognuno dei 24 Lieder del ciclo schubertiano ha i suoi protagonisti completamente governati da quello che è un paesaggio non concreto, bensì interiore; un suggestivo caleidoscopio di emozioni e impressioni, sensazioni e sentimenti, ossessioni e angosce, sogni o incubi, qui esemplificabili con situazioni quali il rifiuto, le pene d’amore e l’esilio, il desiderio di vicinanza e a un tempo di lontananza, le insicurezze, la solitudine e il disorientamento che accompagnano l’errante lungo il suo eterno viaggio.
Se Franz Schubert racconta nel suo ciclo di Lieder (su testi di Wilhelm Müller) quello che può essere definito il destino di tutti gli uomini: fuggire, vagare e peregrinare verso una meta sconosciuta, le intense ed eloquenti immagini coreografiche di Spuck, gli ensemble, i Pas-de-deux danzati per esempio da Inna Bilagh e Alexander Jones (Der Lindenbaum), ma anche le prestazioni degli altri solisti (un grande Jan Casier) ne sono senz’altro la perfetta interpretazione.
Tutto ciò viene ancor più evidenziato dalla scenografia di Rufus Didwiszus, limitata a uno sfondo rigorosamente grigio, dunque mantenuta essenziale e disegnata quasi soltanto dai movimenti e dai corpi, da qualche accessorio come corvi e cornacchie impagliate, trampoli, rami secchi e fiocchi di neve, e dal gioco delle luci perfetto come di consueto di Martin Gebhardt.
Resta ancora da dire, anzi da ribadire come il ricco, variegato e moderno vocabolario di Spuck si sposi perfettamente con tecnica, purezza e rigore di stile dell’arte coreografica più tradizionale. Inoltre, dei costumi semplici ma suggestivi – grigio, nero o nude calzamaglia – di Emma Ryott, nonché dell’impeccabile prestazione della Philarmonia Zürich diretta da Emilio Pomàrico. Alla fine della rappresentazione, il pubblico premieristico ha salutato a suon di lunghi e scroscianti applausi all’indirizzo di Spuck e dell’intera compagine del Ballett Zürich davvero in smagliante forma, di orchestra e maestro, nonché del tenore Thomas Erlank il quale, sostituendo l’indisposto Mauro Peter, ha fornito un’esemplare interpretazione dei Lieder.