Il Dizionario della lingua italiana Tommaseo-Bellini ci ricorda che per «Donna di spalco, intendesi Donna che vuol prevalere sulle altre, anche oltrepassando i confini della onestà e della riservatezza». Per la straordinaria Franca Valeri che se ne è andata dopo aver toccato il secolo di vita vale solo la prima parte della definizione, essendo la seconda riservata alle generiche calcatrici di palcoscenico.
L’importanza di essere franca con la effe maiuscola, significa esprimersi nella veste onnicomprensiva di autrice-attrice-regista. La milanese Franca ha dimostrato in un mondo dove contavano le misure fisiche (il segno di Venere, come il titolo della commedia di Dino Risi, nel quale l’attrice, anche co-sceneggiatrice, toglie la scena alla prorompente «cugina» Sophia Loren, tenendosi alla pari di tre mostri sacri della portata di Peppino De Filippo, Vittorio De Sica e Alberto Sordi), che una Donna poteva servirsi molto bene di quell’intelligenza sottile che si esprime nell’ironia, «significando il contrario di quel che suonano le parole», mai calcando i toni (dissimulare troppo), a volte fingendo di non sapere.
Per fare ciò ci voleva un sapere soffiato con naturalezza, quasi recitato e cantato; servivano doti musicali come il senso dei tempi teatrali – i personaggi di Franca Valeri interpretati da altre attrici non hanno il suo istinto infallibile che impedisce alle parole di irrigidirsi in accademia recitativa e alla frase di cascare a terra esausta.
Difficile starle accanto, anzi, meglio che l’interlocutore fosse immaginario, come nei sublimi monologhi telefonici della signorina snob, della ricamatrice, della sora Cecioni alle prese con pupi e mammà. Le siamo riconoscenti anche per un’altra sua passione predominante: l’amore per l’opera. Per tanti anni l’ha raccontata con i sali della sua intelligenza alla radio nella trasmissione Di tanti palpiti, lei che aveva sposato un direttore d’orchestra (Maurizio Rinaldi), ha adottato una bravissima soprano (Stefania Bonfadelli) e covato nidiate di giovani voci nel Concorso «Mattia Battistini» di Rieti.
Nelle sue voci teatrali, si riconosceva un «pedale» fonico che ti faceva intuire che la parodia di tante damazze milanesi e signore romane, quelle ninfe egerie che pensano di essere il corollario imprescindibile di ogni manifestazione musicale, nascevano nei teatri che Franca Valeri ha imparato ad amare fin da bambina.
Indimenticabile la milanese con la puzza sotto il naso Giulia Sofia, forse esemplata su una nota magnate editoriale meneghina, nella festa a Capri in Totò a colori. Grande anche fuori d’Italia: conquistò Parigi con il suo francese milanesizzato, quello che certe signore parlavano in casa per non far sentire alle persone di servizio argomenti scabrosi o lo stato dei conti correnti.
Qualche anno or sono dopo un premio ricevuto dalla figlia Stefania, ebbi il piacere di salutarla al telefono. Non solo mi apostrofò come se mi conoscesse da sempre (tratto distintivo di grande sensibilità delle persone hors categorie), ma anche ricordava con lucidità, lei incarnazione dell’Ironia, quella di mia nonna Mariuccia, con la quale aveva condiviso molte serate al Teatro all’Opera di Roma e alla Scala.
Pensando a questo non ebbi il coraggio di ricordarle un episodio narratomi dalla nonna, la quale, quando aveva l’emicrania poteva crollare il mondo, lei era «in Emmaus». Oggi diremmo in modalità silenziosa. La mattina dopo una cena in cui non proferì parola, stante «la brutta compagnia del mal-di-testa», domandò al nonno Gianandrea: «Ma cosa avranno pensato di me la Gencer (il famoso soprano turco Leyla Gencer) e la Franca Valeri?»
Aveva assistito muta e impassibile a una lunga scenata di gelosia della cantante, all’epoca pretendente ad essere l’amante en titre del nonno, verso la Valeri, rea di essere ammiratrice «troppo» entusiasta del direttore d’orchestra. «Avranno pensato che sono completamente rincretinita».
Una scena alla Franca Valeri drammaturga: la gelosia di un amante per la presunta usurpatrice. Attraverso il ricordo di una nonna che rispondeva a chi le chiedeva come stava di avere il «mal dell’anagrafe», e non rispondeva a chi cercava di sapere l’età – camuffata anche sulla carta d’identità («perché magari lassù si dimenticano – ho ancora tante cose da sistemare»), giunge il ringraziamento più sentito per un’artista di cui alcune delle più stimate donne di spettacolo odierne si ritengono allieve: l’acutezza del suo sguardo, distillata nell’inchiostro dei suoi testi, rimane insuperato.
Franca, con la F maiuscola
In memoriam - Il ricordo di una grande protagonista nel mondo dello spettacolo italiano
/ 17.08.2020
di Giovanni Gavazzeni
di Giovanni Gavazzeni