Fra i libri

David Cay Johnston, Donald Trump, Einaudi, 2017
/ 29.05.2017
di Paolo A.Dossena

Nel 1885 il signor Friedrich Trump ha dei problemi: è rimasto orfano del padre da piccolo, nella sua città tedesca, Kallstadt, non c’è lavoro, e sta per arrivare la cartolina precetto. Allora lascia un biglietto alla madre e, come milioni di europei, fugge in America. È una traversata drammatica su un piroscafo traboccante di gente, che tuttavia lo porta a New York, dove alloggia presso la famiglia della sorella, scappata dall’Europa in precedenza.

Il suo primo lavoro? Apre un ristorante/bordello a Seattle. Poi inaugura una specie di hotel «di quelli che servono, diciamo, a soste brevi e dinamiche», continua il premio Pulitzer David Cay Johnston. E «edificando su terreno non suo» anticipa «il modo in cui il nipote Donald» condurrà uno dei suoi affari in Florida. Poi, l’americanizzato «Fred» si sposta nello Yukon e apre un bar tavola calda dove offre liquori forti e «ragazze sportive».

Ormai molto ricco, Fred si mette a fare il barbiere a New York. Come mai? All’epoca questo lavoro serviva a coprire «attività criminali, i negozi erano perfetti per ospitare incontri d’affari, e scambi sottobanco».

Fred produce un figlio, anche lui Fred, che a dodici anni apre un’impresa di costruzioni di garage residenziali. Più tardi viene arrestato per la partecipazione a una sommossa violenta di gente incappucciata di bianco: Ku-Klux Klan. Durante la Seconda guerra mondiale Fred «si accaparra le commesse governative per la costruzione di caserme e caseggiati» della marina, «imparando a destreggiarsi nelle gare d’appalto». Poi costruisce le case per i reduci. Poi migliaia di appartamenti, utilizzando «i materiali più scadenti», e diventando il bersaglio di investigatori che indagano «sulle speculazioni commesse servendosi del denaro pubblico destinato ai veterani».

Seguirà la protesta dei commercianti perché Fred «grazie ai fondi governativi per la riqualifica dei bassifondi, aveva preso possesso del loro quartiere, alzando a dismisura gli affitti».

Tra i misfatti di Fred c’è il progetto di distruggere una popolare attrazione del parco giochi di Steeplechase per costruire un grande complesso. Distrae l’attenzione dei giornali ingaggiando ragazze vestite solo con un bikini e un casco da manovale, che distribuiscono mattoni alla gente per tirarli contro l’insegna delle giostre.

La tecnica delle donne svestite sarà ereditata dal figlio di Fred, Donald. E se Fred è in rapporti con il mafioso Tomasello (famiglie dei Genovese e dei Gambino), Donald farà affari con i capi delle stesse cosche.

Donald è un bambino «che lanciava pietre ai bambini più piccoli nelle culle». Allora il padre lo spedisce in un’accademia militare per imparare la disciplina. Eppure Donald ottiene cinque esoneri per evitare la guerra del Vietnam. Quindi entra nel giro degli affari immobiliari e si rivela più spregiudicato del padre e del nonno. Per esempio assume come operai dei clandestini, facendoli lavorare «senza casco o mascherina, la cui protezione era fondamentale per non ritrovarsi i polmoni pieni di amianto. Toglievano i fili elettrici a mani nude».

Poi assume operai mandati dal sindacato demolitori che «era sotto il controllo dei malavitosi. Così il sindacato asseconda un piano per reclutare operai senza rappresentanza. Non pagarli quanto concordato e non versare loro i contributi assistenziali e previdenziali». Alla fine gli operai devono rivolgersi a un avvocato per essere pagati.

Quindi, conclude Johnston, Friedrich Trump getta «un’ombra lunga un secolo sulla sua famiglia», dato che Fred e Donald ne hanno seguito le orme.