Fra i libri

/ 19.08.2019
di Paolo A.Dossena

Giorgio Galli e Luca Gallesi, L’anticapitalismo di destra, OAKS, luglio 2019

All’incrocio tra attualità e storia, il saggio parte da questa considerazione: il mondo del «capitalismo globalizzato» è «dominato da circa cinquecento multinazionali», incluse quelle dell’informatica.

A questa situazione si oppone un fenomeno solo apparentemente nuovo, il cosiddetto populismo, «esploso nel secondo decennio del nostro XXI secolo».

Questo soggetto politico ha in realtà un retroterra culturale identificato nella «sedimentazione di un pensiero politico» definito «anticapitalismo di destra», il cui punto di partenza è l’America del tardo XIX secolo.

Questo anticapitalismo di destra «non è un corpo organico, come quello di sinistra», che è marxista, ma le sue formulazioni hanno comunque un peso storico fondamentale, come dimostrano le sue più recenti espressioni politiche (Trump, Putin e il governo italiano Lega-Cinque Stelle).

In questo pensiero politico (specialmente nella sua variante statunitense) le idee di complotto (i poteri occulti e le manipolazioni della ricchezza), di personalità straordinarie e di decadenza sono centrali. Tutto questo è sintetizzato dall’americano Peter Chadon Brooks Adams, che pubblica nel 1895: «il sogno estatico, che qualche Monaco nel XII secolo scolpì nelle pietre del santuario…viene riprodotto per abbellire un magazzino…il progetto di un’abbazia…viene trasformato in una stazione ferroviaria».

La critica è quindi soprattutto al capitalismo finanziario, definito usuraio, e che sorge a Londra nel 1810 con i Rothschild. L’analisi di Brooks Adams (nonostante la diversa impalcatura concettuale) presenta analogie straordinarie (a partire dallo studio del fenomeno dell’enclosure) con il pensiero di Karl Marx.

Una prima espressione della sedimentazione di queste idee è il People’s Party Americano (1892-90) seguito dai comitati America First (1940-41 che osteggiano il Presidente Roosevelt per i suoi progetti di portare gli Usa nella «guerra capitalista»), due parole che saranno lo slogan di Donald Trump (2017).

La visione ciclica del mondo (la legge della civiltà e della decadenza) accomuna Brooks Adams a Oswald Spengler (il conservatore rivoluzionario tedesco che rifiuta Hitler, ritenuto volgare e idiota) e a Silvio Gesell (teorico del «denaro libero»). 

Più chiari sono i rapporti di continuità con la rivista britannica «The New Age» e in particolare con uno dei suoi collaboratori, Ezra Pound, che, nel 1940, legge Brooks Adams, che descrive l’«usurocrazia», e che (come Spengler) ammira Mussolini, il nemico della «demoplutocrazia».

La conclusione del libro è la seguente: «la sedimentazione culturale dell’anticapitalismo di destra è stata sufficiente a permettere il successo di formazioni politiche» diverse: la «democrazia sovrana» di Putin, quella di Trump «e la crescita dei partiti populisti in Europa».

Il libro, diviso in due saggi, si configura quindi come un brillante manuale di storia monotematico (l’anticapitalismo di destra e le sue conseguenze storiche di lungo periodo) indispensabile per chi voglia capire un aspetto del presente politico alla luce del passato.