È vero che la storia insegna, scriveva Cicerone nel suo De Oratore. Ma quando è che inizia la nostra storia? Nel suo ultimo libro Federico Rampini sembra trovare delle risposte, scegliendo ogni volta una data simbolica (undici per la precisione), che coincide con un evento del passato di secoli o decenni fa. La sua è appunto una scelta e ogni volta serve a spiegare le origini di quanto stiamo vivendo oggi, perché contiene in embrione gli sviluppi che hanno portato alla realtà contempornea.
Qualche esempio. Nel 1873, ispirato dalla nascita del Canale di Suez, Jules Verne pubblica Il giro del mondo in 80 giorni: non è «solo» un romanzo di avventura, ma è anche metafora di un pianeta rimpicciolito dal progresso tecnologico e dalla velocità di trasporti, pre-condizione della globalizzazione.
Altra data, altro tema, spina nel fianco del nostro presente: la Grande Fame degli irlandesi del 1845; quella carestia, che causò la morte di circa un milione di persone e l’emigrazione di altrettante all’estero, fu il preavviso delle tensioni che l’immigrazione può creare nel popolo che la subisce, in quel caso dentro la classe operaia. Allora come oggi si sentiva tradita dai progressisti che non avevano capito l’impatto economico dei flussi migratori abbracciati invece dai capitalisti che così facendo pagavano meno i loro salari. Carl Marx, studiò da vicino il fenomeno e lo criticò, ma non venne ascoltato dalla sinistra e questa è una storia che si ripete: la prima in tragedia, la seconda in farsa.
Risalendo nel tempo della storia, il 1600 è indicativo per capire la nascita del capitalismo che è giunto ai giorni nostri fino al crack della Lehman e alla grande crisi finanziaria del 2008. Allora fu fondata la Compagnia delle Indie orientali, impresa commerciale privata a cui l’Inghilterra assegnava il grosso del suo impero.
A quale data storica bisogna invece fare riferimento per interpretare lo spirito di rivincita che anima la Cina di oggi, tema di grandissima attualità? Il 1839 è l’anno chiave, scrive Rampini, all’epoca della Guerra dell’oppio quando il tentativo da parte dell’imperatore celeste di fermare lo smercio di oppio in Cina da parte dei mercanti inglesi sfociò in un conflitto con la Gran Bretagna e segnerà la fine ma anche l’inizio di un’ossessione (nei confronti dell’Occidente) da parte dell’Impero celeste.
Come prefigurazione di un equilibrio multipolare di Stati che si riconoscono tra loro proprio e solo in quanto Stati, bisogna invece risalire alla pace di Vestfalia (1648): da quel momento si inaugurò un nuovo ordine mondiale – fondato su un insieme di regole comuni e un equilibrio fra potenze – e il concetto di sovranità di Stato all’interno di una comunità internazionale. E allora, si chiede provocatoriamente Rampini, perché oggi si vive la nazione con un senso di disagio e di vergogna e la sua riscoperta ci sembra un regresso, mentre la pace di Vestfalia fu un approdo di stabilità? Oggi, nel nostro turbolento presente, una parte dei perdenti della globalizzazione economico-finanziaria, tecnologica e migratoria sta tornando a cercare rifugio nelle braccia dello Stato-nazione, sentito come più democratico delle odierne istituzioni sovranazionali delle unità che le compongono.
Due secoli prima, nel 1450, Gutenberg prefigurò la rivoluzione del digitale ai nostri giorni. Con la sua tecnologia tipografica consentì di fare il salto nell’era della stampa, dell’alfabetizzazione, della riproduzione dei libri: agevolando quella Riforma protestante con enormi conseguenze politiche sull’Occidente, ma anche quel primo esperimento di globalizzazione che furono le esplorazioni navali di Cristoforo Colombo.
Se tutte queste sono riflessioni che nascono a tavolino, il nuovo libro di Federico Rampini è anche racconto dei suoi viaggi nell’America profonda di Trump, in California, in Cina, in Iran, in Israele, in Palestina, in Arabia Saudita. Quando inizia la nostra storia (Mondadori) è il resoconto di un nomade globale nella cui valigia non possono mancare i libri di storia. Perché è dalla conoscenza più profonda che si deve partire, non soltanto da un luogo geografico.