Fra i libri

MICHAEL AXWORTHY, Iran rivoluzionario, LEG Edizioni, 2017
/ 12.03.2018
di Paolo A.Dossena

«In Occidente crediamo di conoscere l’Iran, ma quello che crediamo di sapere è spesso sbagliato o addirittura falso». Questa la convinzione centrale del libro di Michael Axworthy, un accademico dell’Università di Exeter e giornalista del «Guardian», che dell’Iran ha una conoscenza diretta fin dall’adolescenza.

Primo: crediamo che gli iraniani siano arabi, mentre sono degli indo-europei, la cui lingua, il persiano, è geneticamente imparentata con gli idiomi dell’Europa (infatti, a differenza di molti altri territori conquistati dall’Islam nel VII secolo a.C., la lingua araba non sostituì il precedente idioma parlato in Iran).

Secondo: gli iraniani si sono tradizionalmente opposti all’identità arabo-musulmano-sunnita e al resto della regione mediorientale sotto molti altri punti di vista. Gli arabi tendono ad essere musulmani sunniti, gli iraniani sono musulmani dello scisma sciita, che gode di un clero pragmatico e moderato. Il quale è spesso privo di qualsiasi simpatia per l’Islam politico e per il regime rivoluzionario islamico (in carica dalla rivoluzione del 1979), che rappresenta solo gli interessi di una ristretta cricca isolata dalla popolazione. Questo è stato rivelato dalle elezioni del giugno 2009, e, sempre in quell’anno (ricorrenza del trentesimo anniversario della rivoluzione islamica), dalle centinaia di migliaia di iraniani che riempivano nuovamente le piazze di Teheran, domandando un governo democratico.

Terzo: l’Iran è sempre stato centrale, nella sua riflessione umanistica del pensiero musulmano, un elemento importante del quale è il principio quietista, che raccomanda decenza, onestà e pazienza nel sopportare le avversità.

Quarto: nonostante il suo atteggiamento autocratico, perfino il regime di Teheran include innovazioni radicalmente moderne, al punto di essere inviso a molti sunniti e al punto da non poter essere definito tecnicamente come «fondamentalista».

Quinto: da quanto detto, non stupisce che il terrorismo islamico sia un fenomeno arabo-sunnita e non iraniano-sciita.

Ed ecco il paradosso: gli Usa finanziarono la rete terroristica di al-Qaeda in Afghanistan e la guerra di Saddam Hussein del 1980-1988 per contenere l’Iran. Il risultato? Washington dovette poi intervenire in quei paesi, per combattere i mostri che aveva generato.

Eppure, a causa di una stampa aggressiva e superficiale, siamo incoraggiati a pensare agli iraniani come a dei musulmani fanatici, campioni mondiali del fondamentalismo islamico.

Anche se troppo spesso rappresentato come una potenza aggressiva, l’Iran non ha condotto un’autentica guerra d’aggressione dalla metà del XVIII secolo, e le sue spese militari odierne sono molto basse per un Paese di quelle dimensioni. Questo atteggiamento corrisponde al carattere di un Paese che si considera da sempre una civiltà, un continente, o un impero dalle molte etnie, piuttosto che un compatto stato-nazione.

Durante la sua attività al Ministero degli affari esteri della Gran Bretagna e in quanto uno dei maggiori esperti mondiali sull’Iran, Axworthy è diventato una fonte di prima qualità. Semplice ed accessibile a tutti, il saggio  di Michael Axworthy è imprescindibile per coloro che cercano di capire il Medio Oriente.