Fotografo dei due mondi

La Retrospettiva di James Barnor al MASI ancora fino al 31 luglio
/ 04.07.2022
di Giovanni Medolago

«La vita? È l’arte dell’incontro». Chissà se James Barnor conosce questo aforisma del poeta e cantante brasiliano Vinicius de Moraes. Di certo l’ha felicemente declinato nel corso della sua lunga avventura esistenzial/artistica. Sei decenni di carriera e 93 anni portati benissimo: ha retto brillantemente quasi due ore di videoconferenza – collegato dall’Inghilterra – il giorno dell’inaugurazione della Retrospettiva che il MASI gli dedica a Palazzo Reali. Incontri poi sfociati in profonde amicizie che Barnor ha altresì avuto occasione di apprezzare spaziando tra due continenti. La natìa Africa (è nato nella capitale ghanese, Accra) e l’Europa, quando decise di trasferirsi in Inghilterra. «Ho avuto la fortuna, ricorda in parecchie interviste, di vivere due momenti significativi: l’indipendenza del Ghana, primo Paese subsahariano a raggiungerla, il 6 marzo 1957; e poi l’epoca della Swinging London, con la musica di Beatles e Rolling Stones, la rivoluzione sessuale simboleggiata dalla minigonna di Mary Quant. Ricordo in particolare l’arrivo a Londra in quegli anni di migliaia di giovani provenienti da colonie ed ex colonie di quell’Impero britannico che andava sgretolandosi».

Amico personale del primo presidente ghanese, Kwame N’Kruma (artefice dell’indipendenza del suo Paese e poi infaticabile accusatore del neocolonialismo: «La nostra indipendenza è senza significato, se non è congiunta alla totale liberazione dell’Africa»), lo ritrae sia nelle cerimonie ufficiali sia nei momenti di relax, ad esempio quando dà il calcio d’inizio a un incontro di calcio. Diventa così uno dei primi fotoreporter del Continente Nero, capace di passare dalle foto in posa realizzate nel suo atelier ai click più spontanei scattati nelle vie e nei mercati di Accra, città in cui fra l’altro aprirà il primo laboratorio africano dov’è possibile richiedere immagini a colori. Passare dal b&n alla policromia per Barnor non è un problema: «Ho imparato a modulare la luce sulla pelle nera. E per luce intendo quella naturale che entra da una finestra!». Una svolta molto significativa per lui è datata 1959, quando un suo ex insegnante gli scrive che «Londra è il posto giusto per te». Barnor non ci pensa due volte e parte per l’Inghilterra, conosce Dennis Kemp (l’importanza degli incontri!), manager della Kodak, il quale lo incoraggia ad approfondire quello stile grazie al quale il fotografo riesce a cogliere sia l’intensità di un primo piano; sia – in campo lungo – l’espansa felicità del suo connazionale Mike Eghan che scende con le braccia spalancate dalla scalinata di Piccadilly Circus dopo aver appena appreso che sarà il primo anchor man di colore della BBC.

Approda alla rivista «Drum» («Quando vidi una mia immagine in copertina mi sentii in paradiso!»), all’epoca la più importante pubblicazione africana dedicata alla fotografia, per la quale ritrae le prime modelle nere che raggiunsero successo e notorietà in Europa e personaggi del calibro di Muhammed Alì-Cassius Clay. È davvero il coronamento di una brillante carriera sviluppatasi tra due Mondi. Orgogliosissimo del suo Paese, che ha vissuto pochi sconvolgimenti politici nonostante la sua multietnicità, James Barnor si dichiara sempre grato alla Gran Bretagna che lo ha accolto, proclamandolo nel 2020 membro della prestigiosa Royal Photographic Society, e dove vive oggi stabilmente.

Dove e quando

James Barnor, Accra/London –A Retrospective, MASI, Lugano.

www.masilugano.ch