Abbiamo incontrato Pat Carra, fumettista. Vincitrice del Premio per la Satira nel 2006, ha collaborato per le maggiori testate giornalistiche italiane e ha al suo attivo diverse pubblicazioni e mostre personali, tra le quali ricordiamo quella al Teatro La Fenice nel 2015, al Complesso del Vittoriano nel 2010, al museo della Centrale Montemartini nel 2008.
Se dovessi scegliere un aneddoto o un’immagine per raccontarci il tuo approdo al disegno umoristico, quale sarebbe?
L’immagine è una vignetta disegnata quando avevo nove anni e ritrovata quarant’anni dopo. Era il racconto di una burla a una sorella maggiore. Le avevo fatto uno scherzo telefonico fingendo che la casa andasse a fuoco, lei era col suo fidanzato, un uomo che già da allora avevo fotografato come violento. Volevo che tornasse a casa, che scegliesse noi sorelle e sé stessa invece di ricamare un’inutile dote, raccontandosi delle bugie. Lui fu molto minaccioso con me, ma io e le altre due sorelle ci eravamo divertite e la striscia, certo con un tratto infantile, lo racconta. Immagino che il mio lavoro di fumettista sulla violenza maschile e sulla sorellanza parta da lì.
Hai lavorato molto per riviste femministe, come «Aspirina» e adesso «Erbacce».
Sì, ma oltre che per le riviste del femminismo come Noi donne e oggi ingenere.it mi è piaciuto lavorare per giornali femminili popolari, perché il fumetto è un mezzo per dire cose anche forti e radicali in modo molto accessibile e semplice. Il fumetto mi tiene lontana dal rischio ideologico. Ho lavorato per quindici anni per un giornale femminile a larga diffusione e c’era chi si chiedeva se l’editore Mondadori, in epoca berlusconiana, fosse consapevole del messaggio che i miei disegni veicolavano. Si trattava, infatti, di contenuti sulla libertà femminile, di satira sui rapporti tra i sessi e la mia vignetta apriva un giornale che al suo interno conteneva invece molte mediazioni e compromessi sul tema.
Nella tua carriera hai disegnato molto anche per giornali e riviste non esclusivamente femminili.
Le mie collaborazioni sono state molte, ho attraversato decenni di giornalismo, con le sue stratificazioni. Ne posso ricordare alcune su cui ho tenuto una regolarità intensa: sicuramente Cuore, soprattutto quando era dentro l’«Unità», cioè dalle origini, per svariati anni. E poi ho disegnato per «Il manifesto» dove avevo una rubrica settimanale di satira politica e sociale. Di questa collaborazione ricordo le strisce che dedicai a Veronica Lario, era il mio «W Veronica», al tempo in cui decise di parlare e svelò i segretucci del marito. Ho collaborato anche per «Il Corriere della Sera» con una striscia settimanale e per «la Repubblica». Da quattro anni sono la vignettista ufficiale del sindacato ANAAO dei dirigenti medici e in questo momento lavorare su questo tema, sulla medicina e sull’emergenza Covid, è davvero molto interessante.
Circa un anno fa in Svizzera si è svolto uno sciopero femminista che ha visto la partecipazione di mezzo milione di persone che hanno protestato contro la disparità di diritti, di salari, contro le discriminazioni subite dalle donne. Cosa ne pensi?
Il primo rapporto col femminismo svizzero per me fu negli anni ’90 con Franca Cleis che mi coinvolse in un progetto per le scuole superiori del Canton Ticino, si trattava di laboratori e mostre sui rapporti familiari. Del resto, è sempre esistita una relazione forte tra il femminismo ticinese e quello lombardo. Mi è piaciuta molto l’invenzione così svizzera del movimento delle femministe durante lo sciopero: interrompere il lavoro a una certa ora, utilizzare gli orologi per significare la discriminazione. Questa è creatività! Mi sarebbe piaciuto per l’occasione disegnare grandi orologi dentro il simbolo di Venere o usare il simbolo come lancetta. Sono disponibile per il prossimo sciopero, a me piace disegnare vignette che poi circoleranno all’aperto!
Il poeta latino Lucrezio scrive di aver scelto di scrivere in versi perché la poesia era come il miele necessario a veicolare il messaggio amaro della sua filosofia. Con la satira succede qualcosa di simile. Cosa ne pensi?
A volte penso che sarei rimasta una poeta come ero da bambina se alcuni eventi della mia vita non avessero reso necessario scegliere la satira e l’umorismo. Rispetto alla citazione da Lucrezio credo che dentro l’umorismo ci sia un po’ di filosofia, di poesia e molta follia.