Bibliografia
Marco Pivato e Stefano Pivato, L’ossessione della memoria. Bartali e il salvataggio degli ebrei: una storia inventata, Roma, Castelvecchi, 2021.


Eroi in bicicletta

Lo studio di Marco Pivato e Stefano Pivato dedicato a Gino Bartali e al suo eventuale ruolo nel salvataggio degli ebrei, tra storia e memoria
/ 17.01.2022
di Stefano Vassere

«Analisi di una ingenuità sconcertante, testimoni che dichiarano di aver ricevuto documenti dalle mani di Bartali ma attestano di averlo riconosciuto solo anni più tardi, fotografie del campione alle quali vengono attribuite le stesse capacità taumaturgiche delle immagini sacre: una vicenda con molti lati controversi difficile da sistemare fra le pagine della storia».

È peccato che le discussioni attorno a questo libro uscito parecchi mesi fa si siano in sostanza fermate alla questione che ne rappresenta lo spunto principale: se sia cioè accettabile la tesi secondo la quale l’eroe del ciclismo italiano del Novecento Gino Bartali sia stato anche un eroe della messa al sicuro di un certo numero di ebrei perseguitati (tra ottocento e quattromila a seconda delle fonti) trasportando velocemente e pericolosamente documenti segreti nascosti nel telaio della sua bicicletta.

Gli autori Marco Pivato e Stefano Pivato definiscono l’intera vicenda una bufala: contro il parere certificante dello Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah, oltre che del Presidente della Repubblica Ciampi. E contro la posizione dello stesso Stefano Pivato, che in coda a questo prezioso libro ammette di avere finito «per accreditare quella leggenda senza le necessarie verifiche» in un volumetto del 2018 dedicato proprio a Bartali.

Ma lo studio di Marco e Stefano Pivato consiste soprattutto in una riflessione a proposito di una tensione evidente e pericolosa nell’ambito della ricostruzione del passato, sospesa tra i poli della storia da una parte e della memoria dall’altra. Un sistema che vorrebbe essere equilibrato e che dovrebbe conferire alla testimonianza soggettiva un ruolo di appoggio alla storiografia tradizionale, basata sulle fonti scritte e le prove documentarie. Un sistema dove la commemorazione sembra però avere la meglio sulla conoscenza, dove i monumenti (e peraltro il loro abbattimento) piegano realtà documentate con la forza tutta contemporanea di meme riassuntivi e semplificanti.

La vicenda di Gino Bartali nasce in una zona grigia tra narrativa romanzesca, tesi di laurea poco accurate, testimonianze posticce, segnalazioni per onorificenze, un brodo di cultura dove il ciclista toscano pare predestinato per via di sue devozioni e diritture morali. Ma la sua narrazione assume, per i modi con i quali nasce ed è trasmessa, i contorni della miracolistica religiosa, la quale non necessita di prove ma di certezze indiscusse. E certo lo spunto è esemplare, per discutere dell’origine delle bufale, di come queste ultime siano cavalcabili per fini di propaganda politica, di che ne sia di loro se date in pasto alla Rete, di perché proprio Bartali ecc.

Il valore di questo libro è notevole nei passi dove identifica un’incipiente ma inesorabile crisi della storiografia scientifica, ridimensionata, quasi annichilita, da un rendiconto basato sul peso incontrovertibile della testimonianza e da una monumentalizzazione della memoria. Un libro non isolato, su questo tema, accompagnato almeno da I guardiani della memoria e il ritorno delle destre xenofobe di Valentina Pisanty e da Cattiva memoria. Perché è difficile fare i conti con la storia di Marcello Flores, entrambi del 2020.

La promozione senza rete di Gino Bartali a eroe negli anni più tragici della storia d’Italia rappresenta l’emergenza di un processo di deprofessionalizzazione della storia in quanto disciplina e forse anche in quanto postura morale. Al suono delle fanfare dei social media si fa strada una società che pretende di prescindere dalla conoscenza documentata del passato e dalle sue ricchezze, che non ritiene più utili per «stare al mondo». Su tutto una sorta di assoluta «tirannia del presente», dove tra l’altro fioriscono nuovi partiti che delle radici, dell’ideologia, di decenni e decenni di cultura e filosofia politica se ne fanno un solenne baffo.

Ecco, al di là delle gesta vere o presunte di Gino Bartali e della sua bicicletta, questo libro ci dice molto della nostra contemporaneità. È per questo che va letto, quasi a rispondere a una responsabile chiamata civile.