Due spettacoli da rivedere

Parole e silenzi di due originali debutti
/ 14.06.2021
di Giorgio Thoeni

Le buone occasioni andrebbero centellinate, in certi casi è meglio gustarle al volo. Accade quando nel giro di pochi giorni vanno in scena due spettacoli di pregio ma con scarse possibilità di replica. È successo per S.P.A.M. Si vive una vita sola di Luca Spadaro al Teatro Foce di Lugano e con C’era una volta la tempesta di Flavio Stroppini al Teatro Sociale di Bellinzona. Due esempi di drammaturgia. Nel primo si trattava di una commedia silenziosa, nel secondo di un fiume di parole e canto. Al Foce le luci illuminano la scena di S.P.A.M. (acronimo che sta per Scene Per Attori Muti) sulle note di In cerca di te (perduto amor). Un titolo che già la dice lunga ma che tutti conoscono come Solo me ne vo per la città, brano portato al successo da Natalino Otto negli anni 40.

Dalla colorata scenografia a piani rialzati che ricorda Animali notturni, spettacolo di Spadaro del 2018 e, a ben vedere, con una struttura abbastanza simile, S.P.A.M. muove la trama su quattro personaggi in uno stabile comune, con percorsi paralleli e incontri casuali in ascensore. Da un lato c’è la coppia che scoppia fra la routine quotidiana e cali di desiderio che alla fine si ritrova, dall’altro troviamo lo scrittore malaticcio, in manco di creatività, amante di videogiochi e dei Led Zeppelin (in sottofondo Babe I’m Gonna Leave You…) che cede alla carne con la simpatica colf in uno slancio che gli sarà fatale. La bella e riuscita sfida di Spadaro sceglie di mettere in scena un divertito intreccio senza parole cedendo solo a qualche mugugno, a fugaci interiezioni e poche azioni mimate (con suoni registrati). Sono molto bravi gli attori del Teatro d’Emergenza nel sottostare al regime del silenzio senza abdicare alla pantomima. Per loro convinti e ripetuti applausi: da Silvia Pietta a Noemi Radice, Massimiliano Zampetti e Matteo Ippolito.

Applaudito al Sociale C’era una volta la tempesta di Flavio Stroppini, con Matteo Carassini autore delle musiche, ottimo affabulatore e cantastorie. Nella dichiarata allusione all’opera del Bardo, la tempesta di Stroppini è quella che si scatena nel ’400 attorno ai fratelli Mazzarditi, definiti pirati sanguinari, in realtà assurti a simbolo di una delle ultime ribellioni contro lo strapotere di Milano come l’isolotto sul Lago Maggiore di fronte a Cannero dove ancora si ergono le rovine di un castello. Attorno a quei bastioni nasce quella leggenda nera dei Mazzarditi, un insieme di verità storica e fantasia popolare sui bravacci che hanno saputo alzare la testa a difesa della propria libertà.

Un tema su cui Stroppini ha ricamato un intenso, fluido paradigma poetico in rima (quasi) baciata, venato da riflessi d’attualità per un interprete di razza che ha saputo regalare al pubblico passione e bravura.