Minimo quanto si vuole, uno degli indicatori dello stato della democrazia in un territorio è la satira (politica) che vi si pratica, ad esempio sul servizio pubblico. Sulla base di questo piccolo indicatore, la democrazia starebbe benissimo dai nostri cugini romandi, con il ritorno di 52 minutes (RTS1, sabato, prime time, quindicinale); meno bene in Svizzera tedesca, al netto delle riesumazioni agostane in SummerLachen, con un centone nostalgico di Late Service Public condotto dalla coppia Viktor Giacobbo e Mike Müller che suona come celebrazione di un’irripetibile epoca d’oro e, temiamo, un provvisorio (?) de profundis per il futuro.
E da noi? Le esperienze fatte in passato sono da dimenticare, o meglio da ricordare per non replicarle. Ora per scampoli di brio ci si affida a una comicità immediata, un po’ da liceali cresciuti e sempre in mood allegramente rievocativo, irridente nella sua facciata ma assai allineata nel suo merito; mi riferisco a Il sabato del villaggio, trasmissione multimediale (Rete1 e La1-2), affidata alla coppia di fatto Guglielmoni-Casolini. L’umorismo è efficace, anche se qualche volta di primo livello, e chi anima si diverte come (e anche più) del pubblico; una bella cosa, leggera leggera, come una bolla di sapone. La satira, e soprattutto quella politica che è l’indicatore minimo di cui sopra, è assente; l’approdo in quei territori di qualche politico in ansia di visibilità è accolto con il sorriso ma anche con molta deferenza di fondo, la preoccupazione (del politico, dei conduttori) è sdoganare un’immagine accattivante, da vicino di casa per cui si può provare anche qualche domestica tenerezza. Si dice che il contesto politico-partitico della Svizzera italiana, in cui si agitano permalosità eccessive e immotivate autostime, renda impraticabile la satira. In realtà, è una scusa; si tratta solo di una questione di coraggio, e di talento.
Il caso di 52 minutes lo dimostra, e non vi è motivo per ritenere che quello che è possibile là sia di tremendo scandalo qua; a ogni puntata sperimentiamo come su ogni tema sia possibile non solo fare satira intelligente, ma anche generare qualche riflessione che la frequentazione dell’informazione «seria» non riesce forse più a provocare. La trasmissione affronta i temi sociali e politici più scottanti, con un bel piglio deciso, soprattutto per merito dei due suoi ideatori (Kucholl e Veillon); vi si parla di esercito, di votazioni, di scandali grandi e piccoli, di economia e finanza, senza sconti e senza paura.
Oltre al coraggio e al talento, il futuro della satira è certo anche una questione legata alla tutela di chi la fa; e, non da ultimo, all’abitudine nel pubblico e della politica a questo tipo di approccio, che è in definitiva anche educazione alla cultura del confronto, e al rispetto dell’opinione altrui. Che servono non solo a sorridere, ma a vivere bene con gli altri; cioè, appunto, alla dinamica democratica.