L’incipit di Tania de Montagne è già di per sé così suggestivo da risultare indimenticabile: «Fai un respiro profondo. Lascia il luogo a cui appartieni, attraversa i ruscelli, i fiumi, l’oceano, senti la brezza. Sorvola New York, la Statua della Libertà, l’Empire State Building, procedi lungo la costa, verso sud. L’aria si fa più calda. Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud. Sei nella Cotton Belt. Lasci la costa per penetrare nell’entroterra. Ti dirigi verso ovest. Eccoti a Montgomery. Da questo momento, sei nero. Un nero dell’Alabama. Negli Anni Cinquanta», ma risulta ancora più bello per quei minuscoli disegni che lo accompagnano, e che sembrano rubati dal quaderno di schizzi di qualcuno di molto preciso e attento ai dettagli. Cosa che d’altronde corrisponde alla realtà. Dietro alla graphic novel Nera, si concentrano infatti talenti femminili di natura ed epoche diversi, eppure tutti accomunati dal desiderio di fare la cosa giusta per una società più equa.
In principio ci fu Claudette Colvin, ragazzina di colore dell’Alabama, che per prima si rifiutò di cedere il posto a un bianco sul bus, come voleva la legge. Claudette, pur rischiando l’arresto e un processo, era una ragazzina coraggiosa, disposta a mettersi in gioco anche pubblicamente per gli afroamericani, ma purtroppo fece lo sbaglio imperdonabile di restare incinta di un uomo sposato. Si decise quindi di eleggere a eroina per la parità dei diritti Rosa Parks, donna più matura e dunque fiore all’occhiello moralmente più accettabile per la causa (che poi la stessa Rosa Parks fu parzialmente messa in ombra da un giovane Martin Luther King che, pur essendo afroamericano anche lui, aveva però dalla sua il fatto di essere un uomo, è un’altra storia). La giornalista e intellettuale francese Tania de Montaigne in Noire ha raccontato la storia quasi dimenticata di Claudette Colvin (che si è trasferita a nord, a New York, dove ha lavorato come infermiera). Il suo libro si è rivelato un successo tale da diventare anche una pièce teatrale e da ispirare questa graphic novel, illustrata in modo sapiente e originale da émilie Plateau.
Piccoli disegni abbinati a brevi frasi illustrano sapientemente la quotidianità difficile e spinosa degli afroamericani a causa dell’insieme di leggi chiamate «Jim Crow», in vigore nel sud degli Stati Uniti dagli anni Settanta dell’Ottocento, atte a regolamentare la vita sociale in modo tale che bianchi e neri vivessero in compartimenti stagni, divisi da muri visibili e non. Un percorso, quello iniziato dall’attivista Claudette Colvin negli anni Cinquanta del secolo scorso, di cui ancora oggi, a distanza di quasi settant’anni, non si vede la fine.
Se è vero infatti che sui bus i posti a sedere non sono più assegnati in base alle razze, che gli USA con Barack Obama hanno infranto un tabù e che ormai un mercato grosso come quello musicale è quasi interamente in mano agli afroamericani, è anche vero – e ce lo racconta la cronaca – che esistono ancora differenze, e che a causa del colore della propria pelle si può venire ancora uccisi. Ed è proprio per questo che Nera è un libro importante.