Dove e quando

Opera in bronzo parzialmente dorato esposta al Museo Nazionale del Bargello.

Donatello. Il Rinascimento, Firenze Palazzo Strozzi e Museo Nazionale del Bargello fino al 31 luglio. Per info: www.palazzostrozzi.org e www.bargellomusei.beniculturali.it


Donatello, il demiurgo che infonde la vita

Una monumentale esposizione omaggia il sommo scultore e sublime intagliatore nella sua Firenze
/ 20.06.2022
di Blanche Greco

Donatello il «patriarca di un’epoca», il «padre del Rinascimento», ma anche «terremoto Donatello, che sconvolge la scultura e la storia dell’arte», così il professor Francesco Caglioti professore ordinario di Storia dell’Arte medievale presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e curatore della grande Mostra Donatello. Il Rinascimento, uno dei più importanti eventi artistici del 2022, celebra il «suo» Donato di Niccolò di Betto Bardi (1386-1466) «sommo scultore e sublime intagliatore della pietra e del marmo». 

Ci sono voluti più di tre anni di preparazione per realizzare questa mostra che sembrava impossibile, che riunisce a Firenze 130 opere tra le quali (per la prima volta) più di cinquanta sculture di Donatello, provenienti dai più importanti musei del mondo, e ricostruisce il suo stile e la sua «rivoluzione», grazie anche alle opere dei suoi allievi, e a quelle degli artisti, scultori e pittori, che, nel ’500 e dopo, colsero la sua modernità e lo elessero a modello, come Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Un discorso composito e avvincente sull’arte e su un artista geniale e già famoso nel 1400, che si dipana tra le sale di Palazzo Strozzi dove c’è il percorso cronologico sulla vita e la fortuna di Donatello, il Salone a lui dedicato al Museo del Bargello e poi straripa un po’ ovunque in città, dalla Basilica di Santa Croce, al Museo dell’Opera del Duomo, e alla Basilica di San Lorenzo dove, oltre alle opere ci sono anche le spoglie di Donatello, che Cosimo il Vecchio suo grande estimatore, amico e mecenate, come tutta la famiglia Medici, volle nella tomba accanto a sé. Infatti di Donato di Niccolò di Betto Bardi, seppure non si conosce chi per primo gli abbia dato il nomignolo di Donatello, di certo si sa che in vita è stato amato e conteso come una star e «ha lastricato la sua esistenza di opere, lavorando ogni giorno sino ad ottant’anni per soddisfare le richieste che gli venivano da ogni dove: da Padova, da Venezia, da Siena, da Prato, da Napoli, da Modena, da Ferrara, ed erano talmente tante» – ci ha raccontato Francesco Caglioti – «che sicuramente qualcuno dei committenti aspetta ancora che, dall’alto dei cieli consegni l’arca di Sant’Anselmo commissionata dai Marchesi Gonzaga e così via». 

Fiorentino, allievo di Ghiberti, socio di Filippo Brunelleschi più vecchio di lui di dieci anni, del quale fu amico e rivale, Donato è stato un innovatore nei materiali, nelle tecniche, nei generi e nei formati, reinventando l’idea stessa di scultura perché, come scriveva Vasari in Vite de’ più eccellenti pittori e scultori e architetti del suo tempo: «sol Donato ha renduto vita a’ marmi, affetto e atto», infatti con lui tutto è movimento e psicologia. 

A vent’anni, conquista Firenze con il David (1409) in marmo «un giovinetto grintoso e insolente, nella postura e nello sguardo, che ha appena sconfitto Golia e salvato il proprio paese» ben diverso dalla rappresentazione tradizionale di uomo maturo, tipica dell’iconografia cristiana. E il suo David visto come il simbolo della Libertà contro le insidie dei Napoletani e dei Milanesi che minacciano la Repubblica fiorentina, viene portato a Palazzo Vecchio e da quel momento diventa obbligatorio per ogni generazione fare un proprio David ragazzino, che imita Donatello. Ed è lui stesso a fare le prime imitazioni, ma ancora una volta innovando e lasciando tutti a bocca aperta con il David Vittorioso (1435-1440) in bronzo, su una colonna: il primo nudo maschile integrale post classico, «una peccaminosa statua all’antica per rappresentare il Re dei Re, che grazie alla protezione dei Medici, Donato reintroduce nella storia dell’arte». 

Ma è un artista brillante per il quale tutto è possibile: dal grande realismo del suo Crocifisso per la basilica di Santa Croce definito da Brunelleschi un «contadino»; alla spiritualità della figura di San Ludovico di Tolosa, santo patrono della Parte Guelfa, monumentale, in bronzo dorato, da collocare in «vetrina», ossia in un tabernacolo esterno della Chiesa di Orsanmichele. Il risultato richiama folle di cittadini, perché «più che una statua è un gigantesco ed eccentrico rilievo sfavillante» dove la testa nobile e le mani escono dal morbido viluppo dei tessuti dell’abito che pare muoversi. Invece è l’edicola in marmo che la ospita, che si muove, perché poggia su uno stuoiato, un sistema di materiali diversi, ideato da Donato proprio per dare «movimento» alla scultura. I suoi contemporanei dicevano «Tutto è moto in Donatello» – ci spiega Francesco Caglioti – «perché è una specie di demiurgo che infonde vita a qualunque cosa tocchi, non solo alla figura di David, o alla Giuditta. Ogni sua architettura, ogni sua cornice ha un movimento, bisogna avere solo la pazienza di capire dove sta il “gioco”, che per i suoi contemporanei era evidente, mentre per noi “drogati” da tante esperienze visive, dalla fotografia, agli effetti speciali del cinema, resta più difficile». 

Eppure si rimane ipnotizzati davanti al Convito di Erode, una formella in bronzo dorato di piccole dimensioni nella quale Donato grazie alla sua maestria nel padroneggiare la prospettiva mostra l’interno del palazzo di Erode, e nel rincorrersi degli ambienti scolpiti, come in un piano sequenza pieno di attori e di attività diverse, vediamo compiersi il tragico destino di Giovanni Battista decapitato da Salomé durante il banchetto di Erode. Invece è forse una melodia quella che avvolge Amore-Attis, una delle statue più famose e misteriose di Donatello, il viso paffuto da giovanetto-bambino che sorride deliziato, le mani che si agitano per aria, mentre il corpo discinto sembra colto mentre si abbandona alla musica come gli «spiritelli danzanti» delle formelle del Pergamo del Sacro Cingolo di Prato, immortalati in una sarabanda, più bambini che cherubini, mentre s’intrecciano, tra ali, ghirlande e veli. E che dire delle sue Madonne, che non ci guardano mai, protese verso il bambino irrequieto tra le loro braccia, magnifiche anche in quelle piccole tavole di marmo per la devozione privata, intagliate con la tecnica dello «stiacciato», veri capolavori in rilievo, con pochi millimetri di spessore dove traspare l’affetto e il dolore della madre che sa che prima o poi perderà il suo bambino, come La Madonna delle Nuvole, o la Madonna Pazzi

La mostra Donatello. Il Rinascimento è stata realizzata in collaborazione con gli Staatliche Museen di Berlino e il Victoria and Albert Museum di Londra che la ospiteranno sino a fine 2023, in parte integrandola con altri capolavori, formando così tre mostre, con tre punti di vista distinti, ma complementari.