Difficile tenere testa a Ma Rainey

Anni 20, Chicago, Blues e conflitti artistici
/ 12.04.2021
di Alessandro Panelli

Ma Rainey’s Black Bottom è un film biografico, drammatico e musicale diretto da George C. Wolfe e prodotto da Denzel Washington. La pellicola è tratta dall’omonima opera teatrale del 1984 di August Wilson e ne mantiene i caratteri estetici e stilistici. La storia parla di Ma Rainey (Viola Davis), la talentuosa e temuta madre del blues degli anni 20, che insieme alla sua band si reca a Chicago per registrare le tracce del suo ultimo album. L’incontro nella città del nord suscita varie diatribe e conflitti artistici tra i membri del gruppo musicale e i tirannici produttori «bianchi» proprietari dello studio di registrazione.

Ma Rainey e la sua band non si erano mai spinti tanto a Nord: l’aria nuova che si respira a inizio film pone le basi per i conflitti artistici che si svilupperanno in futuro. Rappresentato da una messa in scena che privilegia una scenografia volutamente «plasticosa» e artificiale, così come una scelta cromatica che trova agio in colori caldi e saturati, Ma Rainey’s Black Bottom è ambientato per quasi tutta la sua durata all’interno dello studio di registrazione, dove monologhi e dibattiti dominano lo sviluppo narrativo lasciando poco spazio ad azioni e virtuosismi tecnici. Questo non significa che sia un film privo di momenti al cardiopalma. Al contrario, Wolfe è stato in grado di immergere lo spettatore in un intrigo tragico riuscendo a sfruttare al meglio il linguaggio cinematografico senza snaturare l’affascinante opera teatrale.

Una nota di merito va senz’altro alla performance del cast. Grandi interpreti quali Chadwick Boseman nel ruolo di Levee, tra l’altro nella sua ultima interpretazione prima della precoce scomparsa, e Viola Devis sono i precursori di monologhi eccezionali in grado di innescare nello spettatore momenti di forte coinvolgimento emotivo.

Ma Rainey’s Black Bottom, oltre a svelare i meccanismi non sempre trasparenti dell’industria musicale, si prende la libertà di dipingere anche la realtà post-schiavista americana, senza tuttavia cadere in scontatezze e moralismi futili. Al contrario, la constestualizzazione storica è sottile e ben implementata all’interno dell’intrigo. Il vero conflitto che regge l’intero film si basa sulle divergenze artistiche tra Ma Rainey e Levee. Quest’ultimo, molto ambizioso e fortemente intenzionato a modernizzare il genere musicale, entra in aperto contrasto con la rigida volontà della madre del blues e della sua band di mantenerne inalterato il classicismo. In questo scontro entrano in campo anche i produttori «bianchi» che, affamati di ascolti e orientati all’esaudire le esigenze del grande pubblico, tendono a snaturare la cultura afro-americana.

La pellicola di George C. Wolfe è senza dubbio uno dei prodotti più interessanti che hanno caratterizzato la scorsa stagione cinematografica.