Concorso per i nostri lettori

«Azione» mette in palio per i suoi lettori alcuni biglietti per il concerto del 6 dicembre al LAC. Dirigerà Markus Poschner, al violino Viktoria Mullova. Per partecipare all’estrazione vogliate seguire le istruzioni pubblicate sulla pagina www.azione.ch/concorsi

La partecipazione è riservata a chi non ha beneficiato di vincite in occasione di analoghe promozioni nel corso degli scorsi mesi e i vincitori verranno estratti a sorte tra tutti i partecipanti. Buona fortuna!

«Azione» in gennaio ha incontrato il Maestro Markus Poschner (www.kleinezeitung.at). L'intervista pubblicata su «Azione» n. 13 del 26 marzo 2018 può essere letta al seguente link www.azione.ch/cultura/dettaglio/articolo/non-solo-mozart-o-forse-si.html.

 

 

 


Dalla Russia con furore

La grande violinista russa Viktoria Mullova al LAC per un concerto con l’OSI; «Azione» mette in palio alcuni biglietti
/ 26.11.2018
di Enrico Parola

Mstislav Rostropovich, uno dei massimi musicisti dell’ultimo secolo, sintetizzava efficacemente la differenza tra Shostakovich e Ciajkovskij: «Ciajkovskij è l’autore russo più popolare, Shostakovich è l’autore del popolo russo». In effetti le sinfonie, i concerti, il Lago dei cigni e lo Schiaccianoci di Ciajkovskij sono universalmente noti, mentre Shostakovich «era l’autore in cui la gente riconosceva la propria storia. Quando lo dirigevo venivano a teatro operai, cameriere e casalinghe, non solo la classe colta, perché nelle sue note riconoscevano fatti, personaggi e luoghi reali della Russia, dalla Leningrado assediata dai nazisti alle parate del 1° maggio davanti al Cremlino. Ma, ed è questo il segreto della sua «popolarità», la gente capiva che se una storia così drammatica e dolorosa poteva essere raccontata da una musica così bella, allora il male non era la parola definitiva, c’era ancora una speranza».È splendido e interessante dunque il confronto che Markus Poschner e la Osi hanno scelto per il programma del 6 dicembre: il primo Concerto per violino di Shostakovich e l’ultima sinfonia del pietroburghese, la celeberrima Patetica.

Due brani a loro modo dirompenti rispetto alla tradizione e vertiginosi quanto a intensità emotiva. Di contro ai canonici tre movimenti, il Concerto si articola in quattro parti, sorta di suite che si apre con un lirico Notturno, prosegue con uno Scherzo brillante e poi, prima della virtuosistica e travolgente Burlesca finale, inserisce una Passacaglia, dove su una linea al basso costantemente ripetuta il violino e le diverse sezioni orchestrali danno vita a otto variazioni. Basterebbe ascoltare il canto del violino in questo movimento per rendersi conto della novità, a tratti sconvolgente, di questa musica: un canto freddo, tagliente, nel quale però si sente vibrare un ardore appassionato e tormentato. Sempre Rostropovich, che del compositore fu amico intimo oltre che interprete sommo, spiegava a un giovane e già talentuosissimo Maxim Vengerov (con l’Osi ci sarà un’altra stella assoluta dell’archetto, Viktoria Mullova), che qui «il solista non deve cercare il bel suono, ma deve suonare pensando all’esperienza di questo autore ostracizzato dal Partito, che vede la propria musica bollata come «degenerata» e quindi censurata, che aveva passato le durezze della guerra e si ritrovava, era la fine degli anni 40, con l’incubo Stalin». Non a caso Shostakovich compose una sinfonia ispirata alla morte di Stalin facendola iniziare con una sorta di requiem e terminandola con un vero e proprio inno alla gioia.Se comune a tanti connazionali fu l’esperienza di Shostakovich, personalissima e tutta intima fu la tormentata vicenda di Ciajkovskij.

Forse in nessun’altra musica come nella Patetica echeggia il male di vivere, il senso della fine. Che giunse per un attacco di colera solo nove giorni dopo il 16 ottobre 1893, quando lo stesso autore diresse la sua sesta sinfonia. Ciajkovskij visse malissimo la sua omosessualità, temendo costantemente la condanna pubblica; e il matrimonio di facciata, naufragato rapidamente, non fece che peggiorare la sua già fragile condizione psichica. Mai s’era sentita una sinfonia iniziare con un fagotto che al grave, su uno scurissimo tappeto degli archi, intona un canto triste e pensoso; un primo movimento lento, seguito dall’illusione di un Allegro con grazia danzante e uno Scherzo che fa scattare l’applauso tanta è l’energia che sprigiona col suo ritmo travolgente. Ma sono illusioni: il vero finale è un Adagio lamentoso, un recitativo a pieni archi su dolenti note dei fiati che sanno già di addio alla vita. Commiato che arriva nelle battute conclusive, un ultimo palpito affidato ai soli violoncelli e contrabbassi dove l’autore prescrive un pianissimo appena percepibile. Un naufragio leopardiano, la cui dolcezza è però tutt’altro che evidente; ma, miracolo delle note, la cui musica è una delle più belle e commoventi dell’intera storia musicale.