In copertina campeggia un camoscio, regale, ma anche mansueto, vicino a chi lo guarda. E chi lo guarda non può evitare di sentirsi catturato dal suo grande occhio lucente, e da quel pelo, ruvido e morbido insieme, un pelo che – grazie alla tecnica della carte à gratter, sapientemente padroneggiata dall’illustratore Antoine Déprez – sembra di toccare, e di sentirne il calore, nel freddo della montagna. Regale e mansueto, ruvido e morbido, caldo e freddo. E ancora: con le corna e senza corna, prima e dopo, le rocce e il villaggio degli umani. Un gioco di contrasti connota questa storia del camoscio Peter. Contrasti che il bianco e nero delle immagini esprimono con intensità, sin dalla copertina, appunto, e dai risguardi, in cui vediamo i dirupi della Val Mala (che sale da Broglio, dove è ambientata la vicenda) «irta, selvaggia», come la definì nel secolo scorso il nativo Giuseppe Zoppi: e questi dirupi, se guardiamo bene i risguardi, sembrano quasi formare il volto totemico di un camoscio. Poi voltiamo pagina, entriamo nella storia, ed ecco che ci accoglie un altro contrasto, o meglio un dialogo, stavolta di occhi: lo sguardo umano di Mario Donati e lo sguardo animale di Peter, il camoscio.
«Per due autunni di fila, a Broglio, nel giardino della casa di pietra di Mario Donati, è apparso un camoscio senza corna» racconta Valeria Nidola, che ha curato l’adattamento della storia di Mario Donati, per questo volume, Peter, recentemente uscito da Salvioni Edizioni. «Mario ha finito per affezionarsi a questo camoscio e ha deciso di scriverne la storia. Riguardando i suoi appunti, che stavano tra la dimensione didattico-scientifica e quella discorsiva, si è accorto che necessitavano di una configurazione più narrativa, e mi ha chiamata, chiedendomi di dargli una mano ad adattarli. Io ho preso tutto quello che lui ha scritto, perché di montagna e di camosci non so nulla, e l’ho intessuto con il filo di un racconto. L’ho scritto tre volte. La prima volta il testo era molto giocoso, c’era il camoscio che dialogava con lo scrittore. La seconda era dal punto di vista di un narratore esterno, e nella terza parlava solo il camoscio. Ha vinto la terza versione. E così il libro è nato. Dalla prima telefonata di Mario Donati alla prima presentazione del libro alla scuola del comune di Lavizzara, lo scorso novembre, sono passati esattamente 9 mesi, molto simbolico, vero?».
E così nasce Peter, la storia di un camoscio senza corna, nel suo avvicinarsi al fondovalle abitato dagli umani e nel suo tornare «a casa», in alto, tra le rocce. Un libro nato dalla collaborazione di vari talenti: «Quando ci siamo incontrati la prima volta è stato stupendo – prosegue Valeria Nidola – perché c’era Mario che ci raccontava la sua esperienza con il camoscio, c’ero io che prendevo appunti, c’era Antoine che faceva foto della Val Mala, e c’era Tessa Donati, la figlia di Mario, che è grafica e si è occupata dell’impaginazione del libro. Poi abbiamo trovato le Edizioni Salvioni, nella persona di Massimo Gabuzzi, un uomo che frequenta la montagna e ne sa apprezzare il fascino». Un fascino reso molto bene, oltre che dal testo, dalle illustrazioni di Antoine Déprez, realizzate con la tecnica della carte à gratter, ossia una carta ricoperta da un sottile strato di gesso, rivestito con una lacca nera. Grattando la superficie nera con uno strumento appuntito si rivela la base bianca, ottenendo un risultato simile ad un’incisione.
Peter è un libro per tutte le età, come ci testimonia Valeria Nidola, che ne anima le presentazioni pubbliche: «Per raccontare la storia utilizzo un cavalletto su cui appoggio le tavole di Antoine Déprez ingrandite, e le sfoglio mentre narro. I bambini sono incantati. Alla scuola del comune di Lavizzara c’erano bambini dalla scuola dell’infanzia alla quinta elementare, ma mi è capitato anche di raccontare questa storia in prima e seconda media ed è piaciuta moltissimo, forse perché mette in gioco il disagio nel sentirsi diverso, quando il camoscio ha paura di tornare con gli altri perché è senza le corna. Di fatto gli altri lo accettano, è lui che si sente diverso. Colpisce anche questo tentativo di cambiare vita, e poi il ritorno alla vita che Peter sente più propria. Credo che ogni bambino abbia provato nella propria esistenza un momento in cui si è sentito fuori posto. Insomma, quella di Peter è una storia che piace tantissimo». Al libro è allegato anche un inserto didattico, per conoscere meglio il mondo dei camosci e i territori in cui è ambientata la narrazione.