l servizio pubblico audiovisivo non vive più nella sola trasmissione dei contenuti «in lineare», ma ricerca modi per elaborare e trasmettere tali contenuti a un pubblico che ormai utilizza modalità alternative di fruizione; in particolare tramite l’online diventato imprescindibile «espèce d’espace», per dirla con Perec. Un’offerta che, in buona misura, tende a recuperare un pubblico giovane, ma il metodo influenza il merito: i contenuti online sono spesso proposti in modi che sembrano voler replicare quelli un po’ disorganizzati con i quali il pubblico di riferimento di quel vettore tende ad accedere ai contenuti. In sostanza, si assiste a una giustapposizione di interventi senza chiavi di lettura, senza una spina dorsale editoriale che permetta la comprensione dell’insieme dei materiali e dia una visione dei principi che informano la scelta dei contributi.
Prendiamo il magazine culturale Cult+ della RSI, un contenitore espressamente dedicato al pubblico giovane, che riunisce contributi culturali di varia natura, sia locali, sia nazionali sia internazionali. «Magazine culturale online dedicato a chi fa e fruisce cultura nella Svizzera italiana. Che sia cultura underground o pop. Locale o internazionale. Old o New school», lo definisce l’azienda. «Pillole» che si caratterizzano, al di là della dimensione informativa, per una bella attenzione alla ricerca visuale, alla qualità e alla modernità del linguaggio. Uno spazio variamente alimentato, in funzione di una periodicità non legata alla modalità classica di «riempimento» di un magazine ma piuttosto – sembra – alla casualità un po’ torrentizia dell’estro dei realizzatori. Chicche musicali sulle nuove tendenze, ricognizioni in ambito musicale e contributi su letteratura, arti, fotografia, società. Un contenitore in cui sono stivati e stipati stimoli per un pubblico curioso di essere sorpreso ma non aiutato con adeguate guide cultural-sociologiche a una lettura più complessiva, organica e consapevole dei materiali offerti, o del contesto generale da cui tali materiali sgorgano. In questa casualità assai «moderna» non pare prioritaria l’attenzione agli aspetti formativi e di mediazione culturale, anch’essi ancorati nella mitologica concessione SSR, e che meriterebbero forse più generale cura.