Coraggiosi e sinceri, come il rock

La formazione dei The Killers si ripresenta più in forma che mai, con un album incentrato sul tema del grande coraggio necessario per concedersi una seconda possibilità
/ 14.09.2020
di Benedicta Froelich

Forse è vero, come molti sostengono, che basterebbe un’occhiata casuale alle classifiche internazionali per confermare come il buon vecchio rock americano di un tempo – quello più verace e radiofonico, che tanto impazzava lungo tutto l’emisfero occidentale negli anni 80 e 90 – non rivesta più lo stesso peso di un tempo, almeno per quanto riguarda le giovani generazioni. Eppure, a volte capita che il territorio statunitense riesca ancora a donare al pubblico una formazione in grado di distinguersi dalle altre, un nome capace di riportare in voga i fasti del classic rock: come i The Killers, originari di Las Vegas e sulla breccia fin dal 2003, che, da sempre veri artisti delle cosiddette «operazioni nostalgia», si confermano abilissimi nel rispolverare sonorità smaccatamente anni 90.

Lo dimostra anche questo nuovo Imploding the Mirage, il quale, oltre al sound vintage, ripropone lo stratagemma dell’evidente «filo rosso» narrativo a legare le storyline di più canzoni (già impiegato fin dagli esordi della band, iniziando con la hit Jenny Was a Friend of Mine). E se entrambi i singoli di lancio – Caution, glorioso inno rock che manderà senz’altro in visibilio i fan di vecchia data, e l’altrettanto ritmato ed epico My Own Soul’s Warning – sono legati dai temi e personaggi ricorrenti presentati nei due criptici videoclip, lungo l’intero album ritroviamo anche l’immaginario tipicamente americano del frontman Brandon Flowers, sospeso tra personaggi disperati che si vergognano di appartenere alla cosiddetta white trash a stelle e strisce, e ragazze disilluse costrette a trascinare un’esistenza avvilente nel bel mezzo del deserto.

Allo stesso tempo, rivive qui anche il «tema chiave» da sempre caro ai The Killers: l’antico anelito verso qualcosa di migliore – la giovanile e istintiva irrequietezza che, alimentata dalla disullusione, porta a insistere nel disperato tentativo di recuperare il filo smarrito di una vita ormai in bilico. E se i due singoli prescelti come «biglietto da visita» di Imploding the Mirage poco si discostano dai martellanti e irresistibili pezzi rock tipici della band, in realtà il CD offre ben più di questo; vi sono infatti anche ballatone esistenzialiste di ampio respiro e dalle atmosfere quasi cinematografiche, come le trascinanti When the Dreams Run Dry e Lightning Fields, senz’altro tra i pezzi migliori del disco.

È vero, forse non vi sono grandi sorprese in quest’album: i Killers ripropongono la formula che li ha resi celebri e amati, senza avventurarsi in terreni troppo inesplorati – e se da un lato gli appassionati saranno senz’altro felici di un album dal sapore così autentico e inadulteratamente rock, altri potrebbero rimanere delusi dall’apparente mancanza di audacia di Brandon e colleghi. Eppure, nel caso di Imploding the Mirage la fedeltà a una formula nota quanto efficace ha risvolti perlopiù positivi: vi è infatti qualcosa di rinvigorente, e perfino toccante, nell’energia quasi adolescenziale dei The Killers – i cui membri, ormai raggiunti i quarant’anni di età anagrafica, rimangono assoluti maestri nell’arte di tratteggiare non solo l’inquietudine giovanile, ma anche la ben più subdola sensazione di smarrimento che s’impadronisce dell’anima nel momento in cui ci si rende conto di come i propri sogni non si siano mai avverati, e della velocità con cui l’impietoso scorrere del tempo rischia di condurre verso la totale disillusione.

La paura del fallimento, e la sua lotta costante con la spinta a compiere il «salto nel vuoto» e tentare il tutto per tutto, divengono così il fulcro tematico dell’intero album: e l’elemento del rischio volontario, e della sua rilevanza in chiave esistenziale, è dipinto con ammirabile sintesi attraverso metafore spesso toccanti – come accade nel già citato Caution e, soprattutto, nei fenomenali Fire in Bone e My God, inni alla piena liberazione che solo il coraggio dell’amore più profondo può infondere in un uomo.

Lo stesso sentimento si ritrova, del resto, anche nella vibrante Running Towards a Place e nella scanzonata title track del CD; facendo sì che perfino i brani dalla personalità meno spiccata (come Dying Breed e Blowback) riescano a catturare l’attenzione dell’ascoltatore, e permettendo al disco di vantare il raro privilegio dell’assenza di reali riempitivi – in parte anche grazie alle comparsate eccellenti di guest artists quali Lindsey Buckingham e k.d. lang.

Soprattutto, però, i The Killers si confermano una volta di più come una delle rare perle preziose nel panorama a tratti scialbo dell’attuale scena rock targata USA: di fatto, Imploding the Mirage non è soltanto l’album forse più uniforme e riuscito mai inciso dalla formazione, ma anche uno dei dischi maggiormente sinceri e onesti di questa ricca stagione discografica 2020.
E non è cosa da poco.