Bibliografia
Giulia Caminito, L’acqua del lago non è mai dolce, Bompiani, pp. 304


Con le strategie dei deboli

In L’acqua del lago non è mai dolce alla scrittrice Giulia Caminito riesce il convincente ritratto di una figura sociale perdente e di conseguenza giustamente arrabbiata
/ 08.02.2021
di Laura Marzi

A quanto pare gli alberi non si arrabbiano con le proprie radici, non maledicono il posto in cui hanno attecchito. Agli esseri umani capita invece di odiare il luogo in cui si nasce, la propria condizione sociale. A volte succede che strabordi in vari modi la rabbia nei confronti di chi ci mette al mondo. Si tratta di una possibilità talmente connaturata, di un sentimento così umano, appunto, che la letteratura se ne prende carico.

L’odio nei confronti della propria appartenenza è il motore dell’ultimo libro di Giulia Caminito: L’acqua del lago non è mai dolce, per Bompiani. L’autrice, classe 1988, dopo aver scritto due romanzi storici acclamati giustamente dalla critica (La grande A, 2016, Giunti e Un anno verrà, 2019, Bompiani) si sposta ora sulla contemporaneità. Il testo non riporta date precise, ma è evidente dai riferimenti culturali che contiene, che racconta gli anni 90 e il primo decennio del 2000.

La rabbia di cui l’intero romanzo è innervato, che si trasforma in vari momenti in vero e proprio odio, è quella di Gaia, una bambina che nasce e vive la sua prima infanzia in una sorta di scantinato, che sua madre Antonia ripulisce con grande cura dalle siringhe che ingombrerebbero altrimenti lo spazio davanti alla porta: il pezzo di cemento in cui Gaia e suo fratello Mariano giocano.

Antonia però lotta e non si arrende e grazie anche a un colpo di fortuna riesce a ottenere per i suoi quattro figli – sono nati anche due gemelli – e per il suo compagno invalido (nel frattempo il padre di Gaia è caduto dall’impalcatura su cui lavorava in nero) un appartamento. È una casa in una cittadina vicino a Roma, Anguillara, sul lago di Bracciano. È il luogo in cui è ambientata la maggior parte del romanzo.

Il lago è lo spazio intorno al quale si svolge la vita di Gaia che va alle medie, dove i suoi compagni per via di un taglio di capelli artigianale, mal riuscito ad Antonia, iniziano a prendersi gioco di lei, come accade spesso in quel momento della vita di moltissime ragazzine. Il particolare su cui si concentrano i dileggi e poi le offese sono le sue orecchie. Ed è grazie a esse che avviene una rivelazione che stupisce Gaia stessa e che trasforma il romanzo in un testo unico, in un libro significativo. La ragazzina, dopo aver subito silenziosamente gli scherzi e le offese abbastanza a lungo, reagisce con una violenza che non ripristina la giustizia. Gaia non riesce a essere indifferente, non si salva con sagacia, non mette in ridicolo il compagno che la perseguita riuscendo così a estinguere le maldicenze sul suo conto. Lei lo annienta.

Si tratta del primo episodio in cui la protagonista del romanzo reagisce sbagliando. Non possiamo infatti pensare che picchiare a sangue un coetaneo o appiccare un incendio per vendicarsi del tradimento del proprio fidanzato sia giusto. Solo che, cos’è la giustizia? O meglio, la si può davvero invocare per giudicare chi non ne ha mai assaporato i doni? È giusto non avere una casa? Non avere carezze, non avere soldi, non avere niente di quello che tutte e tutti intorno danno per scontato?

Caminito riesce in questo romanzo attraverso una protagonista ragazzina a mettere in scena il conflitto insanabile tra la giustizia e la rabbia sociale: ci si ribella per ottenerla, per i propri diritti e lo si fa commettendo crimini più o meno gravi. Così facendo, cercando di distruggere tutto ciò che le fa male, Gaia si barrica sempre di più nella sua condizione originaria di vittima: ferma nel suo diventare cattiva, si isola e aderisce interiormente al suo destino di freak.

Molto spesso, infatti, non esistono soluzioni. Se, come nel caso della storia raccontata in questo libro, la vita si accanisce, diventa retorico e ingenuo immaginare o suggerire vie di redenzione. Ed è meraviglioso come un romanzo del genere, oltre a mostrare la bellezza della vendetta, riesca a riabilitare le strategie dei deboli. Si tratta di un’impresa che Caminito compie, sostenuta da una capacità di scrittura poderosa, in cui ritroviamo quasi in ogni pagina, immagini, quindi visioni della realtà, che in primo luogo indicano la presenza di una vera scrittrice.