Bibliografia
Maria Ospina Pizano, Gli azzardi del corpo, Ortona, Edicola Ediciones, 2020.



Con il corpo, per sentirsi

Un debutto letterario di tutto rispetto per la scrittrice colombiana Maria Ospina Pizano
/ 08.06.2020
di Laura Marzi

Il primo esergo che si incontra nella raccolta di racconti Gli azzardi del corpo è tratto da un testo di Clarice Lispector, ucraina naturalizzata brasiliana: una delle scrittrici migliori del ’900. L’influenza nel testo di questa grande autrice non si limita alla citazione, però: si ritrova disseminata nei diversi brani che compongono questa prima prova della colombiana Maria Ospina Pizano tradotta in italiano, da Amaranta Sbardella.

L’influenza di Lispector è evidente per esempio nel racconto Fauna di Ere, interamente dedicato alla relazione fra la narratrice e le pulci, di cui la donna annota anche le preferenze in fatto di parti del corpo. Una volta debellati questi parassiti, a suscitare il suo interesse e la sua compassione è il ragno che lei cerca di salvare dalla furia della signora delle pulizie e infine una blatta che il suo compagno lancia dal bancone. Ovviamente la tradizione del rapporto tra uomo e insetto conduce il pensiero direttamente a La metamorfosi di Kafka, ma il racconto di Lispector proprio sulla blatta (La passione secondo G.H.) non ha niente da invidiare al testo del grande scrittore boemo. E anche la scrittura di Pizano è notevole.

In altri racconti ritorna la narrazione del rapporto con gli animali in quanto opportunità, la migliore, per avere compagnia. Le donne, protagoniste di tutti i racconti della raccolta, sono infatti sempre sole e finiscono per desiderare più di tutto la compagnia di un cane, un gatto, anche delle pulci. Nel racconto Occasione a tenere compagnia a Isabela, la bambina borghese di Bogotà di cui si occupa Zenaida, sono i vermi che le abitano l’intestino, perché la ragazzina non riesce, e non vuole fare a meno, di mangiare la terra. Se la gusta e anche se non è molto difficile interpretare questo bisogno con quello ben più profondo che Isabela ha di sua madre, Pizano ne parla con una delicatezza mai eccessivamente drammatica.

Questo rifiuto del dramma come unico modo per raccontare l’umanità si trova in molta letteratura sudamericana come in questa raccolta. A prendere il sopravvento sono i particolari meravigliosi o quelli della natura, degli animali appunto, mentre i drammi umani restano sullo sfondo, in disparte rispetto a ciò che è davvero importante. Nel racconto Occasione, per esempio, Zenaida è incinta e per questo perderà il lavoro, ma i lettori lo vengono a sapere solo grazie al riferimento da parte della piccola Isabela di un saluto particolarmente intenso che la bambina ha visto scambiarsi tra la madre e la tata.

Zenaida era comparsa già nel finale del racconto precedente, mentre incontra la protagonista Marcela, che dopo essere scappata dal campo di guerriglia in cui aveva militato per anni e avere ottenuto una nuova identità decide di rincontrare la sorella minore. Tutti i racconti, in un modo o nell’altro, dicono del ritornare: a volte si tratta di un personaggio, come in questo caso, oppure di un manoscritto che è sempre impossibile da finire.

In Collateral Beauty la zia Martica col suo lavoro da estetista ha aiutato Estefanía a diplomarsi dopo la morte di sua madre. Mentre la donna si occupa di curare la bellezza delle donne di Bogotà, da quelle dell’alta borghesia alle carcerate, la ragazza lavora ancora nell’ospedale di bambole che era appartenuto al nonno. In questo racconto troviamo il primo uomo degno di avere un nome e un cognome, Antonio Pesoa: un corrispondente di Estefanía che ama le bambole, almeno quanto lei. In tutta la raccolta, altrimenti, gli uomini sono quasi assenti o se esistono il loro nome è un’iniziale puntata, tranne appunto Antonio Pesoa e Pepe che compare nell’ultimo racconto intitolato Gli azzardi del corpo.

Qui ritroviamo anche Martica, impegnata a fare la manicure alla sua cliente Mirla, la vedova di Pepe appunto, che da quando il marito è morto soffre della sindrome del cuore affranto e ha pensato di tenere in vita il ricordo del suo uomo trasformandosi anche lei, come lo era lui, in una collezionista. Mirla ha scelto di accumulare forbici perché crede che quegli oggetti la aiutino a vivere meglio: li agita nell’aria quando vuole tagliare via qualcosa che la fa soffrire e fare a ideali pezzettini il responsabile della sua sofferenza. È l’unico riferimento nella raccolta alla magia che invece viene spesso raccontata nella letteratura sudamericana, ammesso che non sia magica la capacità di molte donne di resistere alla solitudine.