Bibliografia
Pietro Martinelli, Le battaglie di una vita. A cura di Roberto Antonini. Edizioni Casagrande, 2021


Compagno Pietro, una vita di battaglie

Il libro di memorie di uno dei protagonisti della politica ticinese
/ 10.01.2022
di Pietro Montorfani

Leggenda familiare vuole che, oltre a qualche santo, il mio nome di battesimo si debba anche alla fama e alla straripante energia di uno dei protagonisti della politica ticinese degli ultimi decenni: il carismatico Pietro Martinelli. Leader indiscusso, sin dagli anni giovanili, dell’ala più pura e intransigente della sinistra cantonale, quella che meno aveva digerito lo storico accordo – vantaggioso e però ambiguo – con il partito liberale, Martinelli era riuscito infatti a fare breccia anche negli ambienti cattolici nei quali sono nato io, nel 1980. È con questa consapevolezza che mi sono accinto a leggere il suo libro di memorie, montato in tempi di pandemia da Roberto Antonini a partire da lunghe conversazioni – immagino al telefono, con o senza video – con quello che è tuttora il più saldo punto di riferimento di una certa area politica.

Si tratta, innanzitutto, di una testimonianza di parte: lo dichiara bene il colore rosso della copertina, con cui si inaugura il nuovo layout della collana «Saggi» dell’editore Casagrande di Bellinzona. Dalla medesima «parte» proviene anche l’intervistatore, forse il più noto giornalista RSI attualmente in attività, onesto e preciso al punto da non risparmiare al suo interlocutore le domande più scottanti: come quella sulla vicinanza del Partito Socialista Autonomo con la sinistra extraparlamentare italiana, prima e dopo gli anni «di piombo»; oppure sul severo Berufsverbot di cui l’ingegnere civile Pietro Martinelli fu vittima, sul piano professionale, da parte di un apparato statale all’epoca ancora saldamente gestito dal sistema dei partiti: «andai a chiedere spiegazioni ad Argante Righetti, direttore del Dipartimento delle Costruzioni. Dopo alcuni tentativi di spiegazioni fumose, finalmente mi disse: “Una persona che assume i suoi atteggiamenti deve aspettarsi dei colpi duri”» (p. 70). Un problema tanto inaggirabile da costringere Martinelli a cercare lavoro dapprima a Ginevra, poi persino, per qualche tempo, in Guinea Conakry, come costruttore di una fabbrica di birre.

Che sia un libro improntato a uno slancio morale e comunitario (utopistico?) oggi purtroppo molto affievolito, dentro e fuori la politica, è evidente a chi si soffermi sulla citazione iniziale del filosofo francese Edgar Morin (classe 1921): «L’etica deve formarsi nelle menti a partire dalla coscienza che l’umano è allo stesso tempo individuo, parte di una società, parte di una specie». Ed è interessante notare come questi principi abbiano sempre accompagnato la vita di Martinelli sin dai primi passi mossi nell’agone della politica, dopo l’infanzia milanese già segnata dagli insegnamenti marxisti di Alberto Giomo (docente al Collegio San Carlo) e la laurea al Politecnico di Zurigo, al termine della quale iniziò la sua vera e propria carriera politica.

Il sodalizio non privo di incomprensioni con l’altro leader della sinistra radicale, il sindacalista Werner Carobbio, segna buona parte della stagione successiva, nella quale Martinelli inizia a imporsi come oratore carismatico e seducente anche al di fuori delle fila dei compagni più stretti. Si situa a quest’altezza un abbozzo di convergenza politica non ancora compiutamente ricostruito dagli studiosi di cose locali, un fenomeno breve e in fondo infruttuoso, e però importante per l’ambizioso tentativo che pure rappresentò: il cosiddetto Movimento Opposizione Politica, che nel 1965 riunì per breve tempo alcune giovani personalità provenienti da diversi partiti (Flavio Cotti per il PPD, Mario Guglielmoni per il PLRT, Bruno Strozzi per il Partito del Lavoro, oltre naturalmente a Martinelli e Carobbio) nel tentativo di segnare una discontinuità con le generazioni più anziane.

Ma il climax di questo ricco libro di memorie, cui si può imputare un unico difetto, quello di un eccesso di repetita iuvant, è sicuramente la celebre scissione di sinistra che portò alla creazione del PSA (1969), alle battaglie politiche degli anni Settanta e alla conseguente lotta elettorale con il PST del presidente Benito Bernasconi e del Consigliere di Stato Rossano Bervini (aprile 1987). Non si può guardare all’esecutivo ticinese di fine secolo, nel quale Martinelli giocò spesso un ruolo da protagonista, senza un senso di malinconia dato dalla prematura scomparsa di Giuseppe Buffi, Marco Borradori e Alex Pedrazzini, ai quali non sarà concesso purtroppo lasciare un libro come questo. Sarebbe bello allora approfittare dell’occasione e, con il «quaderno rosso» di Martinelli alla mano, passare qualche tempo in compagnia di un Renzo Respini, un Dick Marty o una Marina Masoni, per sentire qualche altra campana oltre a quella, limpidissima e chiarissima nonostante l’età che avanza, di questo mio omonimo che ora posso dire di conoscere un po’ meglio.