Come ai vecchi tempi

A colloquio con Martha Argerich e Daniel Barenboim: i due mostri sacri della musica classica internazionale sono ritornati a esibirsi insieme
/ 21.11.2016
di Enrico Parola

«Mi piace suonare con gli amici, mi aiutano a vincere le paure, a ritrovare la gioia di fare musica: la solitudine del pianista è terribile».

Ci vuole forse più coraggio che sincerità per confessarlo, quando si è la più grande pianista al mondo e una delle più grandi della storia. Martha Argerich non ha mai fatto mistero delle sue fragilità, e lo stesso Progetto che ha animato per dieci anni a Lugano è la prova del suo bisogno di dividere la ribalta con musicisti-amici. «Abbado mi ripeteva che suonare è un privilegio, io ribattevo che non era necessario farlo davanti al pubblico perché passa il tempo, ma esibirmi davanti alla gente mi mette sempre ansia». Parla di amici Martha, lei che ha avuto tre figlie da tre mariti tutti musicisti: Lyda dal compositore e direttore d’orchestra Robert Chen, Annie da un’altra celebre bacchetta, l’elvetico Charles Dutoit, infine Stephanie dal pianista Stephen Kovacevich. «Ma il pianoforte è un amante geloso, l’ho tradito tre volte ma alla fine è rimasto lui, e gli ho sacrificato tanto, anche gli affetti più cari; non so se sono stata una buona madre, magari riuscirò ad essere una buona nonna».

Nelle sue parole sembrano rintoccare tutti i suoi 75 anni: «Non solo nelle parole: la schiena, le gambe, alla mia età sei costretta a fare i conti col tuo corpo. Però la musica è ancora magia: mi siedo alla tastiera e passa tutto».  E allora le sembra di essere ancora là, nella Buenos Aires di metà 900, quando si affacciava al mondo per conquistarlo col suo precoce talento: era il 1949, e quella bimba di 8 anni suonava il Primo concerto per pianoforte di Beethoven al teatro Astral.

Nella metropoli argentina aleggiava la fama di un altro enfant prodige, di un anno più giovane: Daniel Barenboim. «È la persona che conosco da più tempo, stare e suonare con lui è bellissimo»; il pianoforte non ha tollerato legami coniugali, ma ha fatto fiorire amicizie; quella col grande pianista e direttore argentino non è solo la più antica, ma anche la più profonda, intima e intensa. «Sentivo parlare di lei e la sentii suonare nella casa di Ernesto Rosenthal, un ricco imprenditore di origini ebree come me e Martha, amante della musica. Ci invitata ogni venerdì sera; si faceva musica da camera, passavano direttori mitici come Igor Markevitch e Sergiu Celibidache; comunque io, coi miei sette anni, ci andavo principalmente perché potevo mangiare lo strudel di mele» confessa Barenboim. «Suonavamo assieme ma dopo ci mettevamo a giocare sotto il pianoforte; al di là della musica eravamo due bambini normalissimi: non parlavamo d’arte, inventavamo storie».

«Mia mamma mi faceva notare quanto il suo repertorio fosse vasto rispetto al mio, nonostante fosse più giovane» ricorda Argerich. «Io rimasi folgorato da come suonava lo Studio in do diesis minore op. 10 di Chopin: era una bambina, ma aveva già un fuoco e un temperamento che ho ritrovato uguali nella registrazione degli Studi che ha fatto decenni dopo» replica Barenboim. È rimasto un video che li riprende mentre suonano a casa Rosenthal: «Me l’hanno fatto vedere e ho notato come tenevamo le mani e le dita: avevamo la stessa identica posizione, sembravamo quasi un unico pianista dotato di quattro mani» continua il musicista argentino. «Entrambi studiavamo con Vincenzo Scaramuzza, che veniva da Crotone ed era stato l’insegnante anche di mio padre; fu lui a plasmare il nostro stile».

Si erano conosciuti grazie alla musica, la musica li fece rincontrare sei anni dopo a Vienna: la famiglia Barenboim si era trasferita in Israele, poi Daniel era andato in Austria per studiare col direttore Hans Swarowski; Martha vi arrivò direttamente da Buenos Aires, per perfezionarsi con Friedrich Gulda. «Ma in quel periodo furono soprattutto le nostre madri a frequentarsi, noi ci ritrovammo ma fu l’incrocio tra due strade che stavano prendendo direzioni diverse». Tornarono a suonare assieme solo negli anni Ottanta con l’Orchestre de Paris: «Fui io a volere Martha a Parigi per quella serie di concerti, lei sempre alla tastiera, io la accompagnavo dal podio; ma riuscimmo anche a tenere un recital insieme, seduti uno accanto all’altra, come ai vecchi tempi».

Da allora, e soprattutto da quando nel 1996 Barenboim divenne direttore musicale generale alla Staatsoper Unter den Linden, i due hanno ripreso a frequentarsi con assiduità sempre maggiore, lei sempre al pianoforte, lui quasi sempre sul podio; ma proprio di recente, nelle due ultime stagioni, sembrano aver ritrovato il gusto di duettare come facevano più di sessant’anni fa nella loro città natale: i recital tenuti a Berlino nel 2014 e pochi mesi fa al teatro Colon di Buenos Aires sono stati immortalati dalla Deutsche Grammophon e sono immediatamente diventati un caso discografico.

«Suonare con Daniel è bellissimo, lui non è mai stanco; mi capita talvolta, magari dopo un concerto dove lui mi ha diretta, di chiedergli: dai, adesso suoniamo noi due; non faccio in tempo a finire che già mi sta portando al pianoforte». L’ultima volta un paio di settimane fa alla Scala, dove hanno inaugurato la stagione della Filarmonica col primo concerto di Beethoven, «lo stesso con cui avevo debuttato a 8 anni a Buenos Aires; allora mi faceva tremare il cuore, ma anche adesso…».

L’incontro pubblico più emozionante è però stato senza dubbio il concerto del 5 giugno scorso, giorno del 75esimo compleanno della Argerich: alla Philahrmonie di Berlino, alle tre di pomeriggio, hanno duettato nella Sonata K 448 di Mozart, poi guidando la Staatskapelle lui l’ha accompagnata nel Primo e nel Secondo Concerto di Beethoven. «Una maratona, e pensare che lei all’inizio non voleva. Martha cerca sempre di condividere il far musica con altri musicisti, non vuole essere la stella solitaria e temeva che un evento così concentrasse tutta l’attenzione su di lei. Allora» sorride Barenboim «conoscendo la sua generosità, le ho proposto di fare un concerto di beneficenza per la Staatsoper; davanti alla possibilità di compiere una buona azione ha subito accettato. L’orchestra doveva già suonare quel giorno, al teatro Schiller, ma è stata contenta di tenere un concerto pomeridiano alla Philharmonie, con lei e per lei».

Un’altra delle orchestre di Barenboim ha voluto darle un tributo speciale, quella del Divano che riunisce musicisti ebrei e musulmani, israeliani e palestinesi: «Alla fine di un tour con Martha i ragazzi erano così colpiti che le hanno chiesto di diventare membro onorario dell’orchestra. Ancor oggi il suo carisma è unico».