Avevo speso (6 giugno) parole di provvisorio apprezzamento per il primo piccolo ciclo di Cliché. Si conferma anche dopo le prime due puntate della nuova serie (Un mondo sexy e La fuga), sia per la scelta e la trattazione un po’ obliqua dei temi, sia per l’architettura della trasmissione.
Buone nuove, abbastanza, per il presentautore Buccella. Ho qualche dubbio sulla resa televisiva di certi suoi testi densi e lessicalmente sorprendenti, tra il pop e il letterario, che starebbero bene sulla pagina ma che, pronunciate a mitraglia e con registro «di testa», sfuggono comunque un po’ all’attenzione e quindi si perdono; soprattutto quando fanno da brulicante tappeto sonoro a immagini anche straviste ma ben montate a mille all’ora, che ghermiscono l’attenzione lasciando poco spazio per altro. Quindi, semplificare e rallentare non sarebbe un dramma, anzi, provare a scrivere «in levare»; e non andrebbe così perso «nella pioggia» quel bel talento che Buccella ha di leggere cose e fenomeni. Qui c’è, in generale, anche un tema di ego e di presenzialismo, essenziale per chi va in video ma che in Cliché può infastidire qualcuno. Niente di irrimediabile, forse solo questione di gusti.
Gli ospiti sono scelti con intelligenza e intelligentemente interpellati (su tutti la Marzano, poi Lerner, Manara e Vignola sul sexy; Lucarelli e Chatrian sulla fuga). Molto bene e in tema Soldini, sempre acuto indagatore di figure, Emma Bovary e Carla de Gli indifferenti.
Parlando di pornografia si è, fecondamente direi, oscillato dal discorso sull’immagine a quello sulla natura dello sguardo che su di essa si posa. Si sono dette cose interessanti, non banali, su temi come il rapporto con il corpo, la sua dignità e la sua desessualizzazione tramite la sovraesposizione; sul corpo come luogo dei paradossi, tra fisicità e mediazione tramite l’immagine; sulla relazione tra sesso ed erotismo. Più organizzata, attenta, la puntata su un tema bello e fondamentale, quello della fuga; vi si è accampato con prepotenza l’affabulatore Lucarelli, Carla del Ponte interessante (ma poco in tema), l’acuta incursione nel cinema (montaggi alternati, fughe e inseguimenti) con Chatrian.
Un magazine culturale riuscito e di arguta originalità, messo in scena con una certa sapienza drammaturgica, attorno a temi non ovvi e comunque indagati con la capacità audace (forse astuta) di adottare uno sguardo laterale, ambiguo. Fertilità eccentrica che mi pare uno dei modi giusti per intermediare e stimolare cultura nell’audiovisivo «classico». (RSI, LA1, mercoledì, prima serata; produzione Consuelo Marcoli, regìa Mattia Capezzoli).