Churchill «pittore» fotografato a Osteno

Storia  ◆  Il famoso ma mai rintracciato carteggio con Mussolini e lo scatto segreto di Arcangelo Salandin sul lago di Lugano
/ 17.07.2023
di Roberto Festorazzi

Nel settembre del 1945, Winston Churchill, uscito trionfatore dalla Seconda guerra mondiale, ma da poco battuto, dai laburisti, alle elezioni generali, scorrazzò, in lungo e in largo, tra il lago di Como e quello di Lugano.

Protetto dai migliori uomini dell’intelligence inglese, tra cui una «guardia pretoriana» di 26 elementi del Quarto Reggimento Ussari della Regina, sir Winston si installò, sotto il nome di copertura di «colonnello Warden», nella villa dell’industriale Donegani, a Moltrasio, requisita alla fine del conflitto dal Soe (Special operations executive), la branca dei Servizi segreti militari britannici creata proprio da Churchill per le operazioni speciali. Blindato dai suoi uomini, attenti a tenerlo lontano da occhi indiscreti, lo statista conservatore venne però intercettato dal fotoreporter svizzero Christian Schiefer, che lo immortalò in alcuni scatti divenuti famosi.

Ciò, che, sorprendentemente, a distanza di quasi ottant’anni, emerge, è ora una immagine inedita di «Winnie», colta dall’obiettivo del fotografo Arcangelo Salandin, che al tempo aveva un negozio a Porlezza, sulla sponda italiana del Ceresio.

Il 2 settembre di quel 1945, a Salandin giunse notizia che l’uomo politico inglese si era «appostato» nel vicino paese di Osteno, per ritrarre il paesaggio. E vi si precipitò, scattando la foto che oggi possiamo pubblicare, grazie alla cortesia degli eredi di Salandin. Vi si mostra Churchill, intento a dipingere, il cappello ben calcato sul capo, nella proprietà di Egidio Redaelli, in località Oncio, sulla riva di Osteno. Si tratta di una copia della fotografia originale andata perduta, perché, purtroppo, l’archivio di Salandin è finito disperso. L’uomo sullo sfondo, vestito di scuro, è quasi sicuramente un agente dei servizi segreti britannici posto a protezione del leader conservatore.

È arcinota la passione di Churchill per la pittura. Ma, nelle sue incursioni tra il Lario e il Ceresio, egli dipingeva con altro e ben più recondito fine. Distrarre l’attenzione delle eventuali persone estranee al suo staff, che lo incontrassero per caso.

Il vero scopo della missione nel Lake District, era divenuto, per l’uomo col sigaro, una vera ossessione: ossia, recuperare gli originali, e le copie, del suo carteggio con Benito Mussolini.

Dossier che il dittatore fascista portò con sé, fino a Dongo, dove fu arrestato dai partigiani, il 27 aprile 1945. Questi incartamenti, con la cattura di Mussolini, sparirono.

È arcinota la passione di Churchill per la pittura. Ma, nelle sue incursioni tra il Lario e il Ceresio, egli dipingeva con altro e ben più recondito fine

Tra tutti i sancta sanctorum della politica estera segreta del Duce, primeggiava, per importanza assoluta, l’epistolario con il leader d’Oltremanica, oggetto da decenni di tenaci discussioni, e la cui reale esistenza era considerata certa dal massimo storico del fascismo, Renzo De Felice. Il quale, nel 1995, un anno prima di morire, dichiarò: «Gli americani volevano Mussolini vivo. Già allora pensavano a qualcosa, che poi si concretizzò nel processo di Norimberga, e progettavano di portare anche il Duce alla sbarra. Invece, gli inglesi, che formalmente perseguivano gli stessi scopi degli americani, Mussolini a Norimberga non ce lo volevano proprio. Avrebbe potuto creare loro dei grandi imbarazzi. Nella famosa borsa «difensiva», che aveva con sé al momento della cattura, aveva raccolto, non per caso, una scelta ragionata del suo carteggio con Winston Churchill».

Che cosa conteneva, di così sconvolgente, l’epistolario tra il capo del fascismo e lo statista del Regno Unito?

Non lo possiamo sapere con certezza, in quanto questa corrispondenza top secret divenne oggetto di una caccia così serrata, da parte dei segugi di Churchill, che il suo recupero fu un autentico capolavoro di astuzia e abilità.

Dei carteggi, esistono soltanto gli apocrifi, resi noti nel 1954: si tratta, certamente, di falsi, i quali, però vennero ricavati, da materiali autentici, con finalità precise di depistaggio e «disinformacja».

L’ipotesi forse più probabile è che gli scambi di lettere, tra il Duce e sir Winston, iniziati a metà degli anni Trenta, all’epoca dell’invasione italiana dell’Abissinia, siano proseguiti anche durante il secondo conflitto mondiale.

Lo spregiudicato Churchill, nel momento di maggior isolamento della Gran Bretagna, dopo la sconfitta della Francia piegata a fine maggio del 1940 dalle armate di Hitler, potrebbe essersi spinto fino a incoraggiare l’ingresso in guerra dell’Italia, avvenuto il 10 giugno successivo.

A quale scopo? Per disporre di un avversario, Mussolini, che ai tavoli di una conferenza di pace ritenuta imminente a metà del 1940, potesse mediare, moderando le pretese della Germania nazista verso l’Inghilterra.

Le indagini che chi scrive, da circa trent’anni, conduce, sulle piste del carteggio più esplosivo del Ventesimo secolo, si sono arricchite di un nuovo capitolo, che qui possiamo anticipare.

Un cugino del professor Renzo De Felice, Alessandro, accanito ricercatore storico, mi ha svelato un retroscena riguardante il ruolo avuto dal presidente della Repubblica italiana, Francesco Cossiga, nella questione.

Cossiga, democristiano, fu capo dello Stato, dal 1985 al 1992, e la sua figura fu al centro di molti misteri che riguardano le vicende più controverse della Penisola. Scomparso nel 2010, lo statista italiano dichiarò, nel 2005: «La mia opinione, che è qualcosa più di un’opinione, è che questo carteggio segreto sia esistito».

Questa un po’ sibillina affermazione trova oggi una esplicitazione significativa nella testimonianza che mi ha rilasciato il congiunto dello storico del fascismo.

Nel 2000, Alessandro De Felice ricevette infatti importanti rivelazioni dall’ex presidente, il quale gli raccontò di essere stato sollecitato, da suo cugino professore, a risolvere l’enigma del carteggio Churchill-Mussolini.

Cossiga garantì la sua collaborazione.

Si rivolse a una sua vecchia conoscenza, un super-consigliere della Casa Bianca, a lungo consulente del Dipartimento di Stato, che ebbe molta influenza soprattutto durante la presidenza di George W. Bush: si tratta di Michael Arthur Ledeen, che visse a Roma negli anni Settanta e collaborò a lungo con De Felice. Fu lui a curare la nota Intervista sul fascismo al celebre storico.

Ledeen promise a Cossiga che gli avrebbe procurato una copia del carteggio, tratta dagli archivi britannici o da quelli statunitensi. Ma poi mancò alla parola data, e ciò fu all’origine di una lite tra l’ex capo dello Stato italiano e De Felice. Da noi interpellato per posta elettronica, Ledeen, che oggi ha 82 anni, non ha ritenuto di rispondere alle domande che gli abbiamo rivolto. Identico silenzio aveva osservato con Alessandro De Felice, il quale lo aveva in precedenza contattato.