Londra. Hyde Park. Un luogo splendido. La Serpentine Gallery si trova proprio lì: una preziosa galleria d’arte, racchiusa nel parco e affacciata sul lago artificiale Serpentine, da cui il museo prende nome. Il bacino ha un andamento sinuoso, che somiglia al corpo di un serpente, ed è proprio su queste acque che galleggia, ancora fino al 23 settembre, l’ultima opera dell’artista Christo. A raccontare questa impresa è lo zurighese Hans Ulrich Obrist, direttore artistico della galleria e fra i curatori d’arte contemporanea più influenti degli ultimi decenni.
Signor Obrist, ci racconta il suo primo incontro con Christo?
È avvenuto nel 2016, durante la mia visita ai Floating Piers sul Lago d’Iseo: lì abbiamo passato una giornata insieme. Si è trattato di un’occasione magica, in cui lui ha permesso al pubblico di camminare sull’acqua. Io ero accompagnato dal presidente del consiglio d’amministrazione delle Serpentine Galleries, Michael Bloomberg, già sindaco di New York e grande sostenitore del lavoro di Christo. Era stato proprio lui a rendere possibile la realizzazione dell’opera The Gates a Central Park nel 2005. In seguito abbiamo invitato l’artista qui a Londra per la nostra «maratona», ovvero il nostro annuale festival del sapere, durante il quale riuniamo tutte le energie attorno a un tema, coinvolgendo artisti, architetti e molti altri intellettuali. Il tema del 2016 era il miracolo e, ovviamente, Christo non poteva mancare.
Come siete arrivati all’idea della London Mastaba?
In questa occasione gli ho fatto notare che non aveva mai realizzato una grande opera a Londra: mentre camminavamo per Hyde Park, abbiamo cominciato a riflettere insieme e lui si è soffermato su una delle opere che avrebbe da sempre voluto realizzare. Ciò è avvenuto perché sono solito chiedere agli artisti di parlarmi dei loro progetti non ancora compiuti. Ho imparato a usare questo metodo da quel grande artista che è stato Alighieri Boetti: quando lo incontrai per la prima volta mi disse che si dovrebbe sempre parlare con gli artisti dei progetti che non hanno mai potuto realizzare. Opere troppo grandi o troppo piccole per prendere vita, censurate o semplicemente dimenticate.
Da allora ho adottato questa domanda come punto fisso della mia metodologia: ogni volta che invitiamo un artista qui alle Serpentine Galleries, chiediamo quali siano i suoi sogni irrealizzati, le opere che non ha ancora avuto modo di creare. Christo, alla mia domanda, ha risposto che c’erano due opere che aveva in sospeso: una era per un lago e l’altra per il deserto. La prima era un’idea nata insieme a sua moglie Jean-Claude, nel 1966: una struttura galleggiante che doveva essere destinata al Lago Michigan. Parlandone insieme, attraverso i sentieri del parco, abbiamo deciso che sarebbe stata quella destinata a Londra.
La sua visione del curatore è quindi quella di colui che facilita il lavoro dell’artista e che ne permette la piena espressione.
Credo che il ruolo principale del curatore sia fare mostre. Ma credo anche che dobbiamo contribuire a produrre realtà, in senso concreto: questo motiva la mia domanda relativa ai progetti che gli artisti vorrebbero realizzare. Il nostro sapere sui progetti mai attuati dagli architetti è molto ampio, ma sappiamo pochissimo su ciò che gli artisti visivi non hanno trasformato in realtà, anche se si tratta di personaggi conosciuti. Per questa ragione, la considero una domanda fertile. Con Christo, in particolare, tutto è basato su un grande lavoro di collaborazione tra più soggetti: già in partenza egli può contare su un suo team assolutamente collaudato; poi Michael Bloomberg e Bloomberg Philantropies hanno reso possibile il progetto dal punto di vista economico; e, infine, il sindaco di Londra ha dato un appoggio essenziale. Per realizzare un progetto simile è stato necessario mettere in campo un gran numero di forze diverse e il curatore si assicura che esse funzionino di comune accordo.
In questi mesi, il visitatore che arriva a Hyde Park, trova di fronte a sé un paesaggio alquanto diverso dal solito. Può descriverci come si presenta la London Mastaba?
Fra le due Serpentine Galleries – la galleria storica e il nuovo edificio di Zaha Hadid – c’è un ponte di collegamento, sullo sfondo del quale il visitatore assiste a un’apparizione. Una struttura costituita da barili metallici variopinti che, a prima vista, sembra andare contro tutte le leggi gravitazionali: galleggia sull’acqua nonostante la sua immensa mole. Non si tratta di una piramide, ma di una mastaba, una forma tipica delle architetture delle antiche civiltà mesopotamiche.
Emerge qui molto forte la formazione che Christo ha avuto anche come architetto: un aspetto magico del suo lavoro, proprio come avrebbe voluto Vasari, è la continuità fra arte e architettura, senza alcuna separazione fra le due discipline. L’opera di Londra è quindi paragonabile, per scala, a un edificio di venti metri di altezza, ma è dipinta con colori che si riflettono nell’acqua e che cambiano al variare della luce del giorno. Al crepuscolo, per esempio, si spengono i toni del rosso e il riflesso nel lago sembra trasformarsi in oro. Ci si può avvicinare alla struttura sia nuotando, che a bordo delle piccole barche a remi che navigano sul bacino della Serpentine.
Alle Serpentine Galleries, nel frattempo, si può visitare la mostra Christo and Jeanne-Claude: Barrels and The Mastaba 1958–2018.
Insieme a Christo abbiamo pensato che sarebbe stato bello, per i visitatori, avere un approfondimento sulle sue pratiche artistiche al momento della visita alla Mastaba: i barili di petrolio che la compongono hanno, infatti, giocato un ruolo determinante soprattutto nei primi anni della sua attività, anche prima che iniziassero gli «impacchettamenti».
Christo non vuole che si dedichino retrospettive al suo lavoro, perché ciò che gli interessa è il futuro: ha 83 anni, ma è sicuramente uno dei più giovani artisti con cui abbiamo lavorato, per il suo livello di energia, di ottimismo e di azione. Quindi non abbiamo voluto fare una mostra sul passato, ma abbiamo voluto guardare alle prossime sfide che si è posto. Come dicevo, infatti, Christo ha un altro progetto irrealizzato, da ambientare nel deserto: si tratta di una versione enorme della Mastaba, destinata ad Abu Dhabi, a cui lui e la moglie hanno lavorato sin dagli anni Sessanta. Sarebbe la più grande scultura al mondo, composta da ben 410’000 barili. Quindi la mostra racconta molto di questo nuovo traguardo.
Quali opere sono in mostra?
Ho voluto dedicare molto spazio agli straordinari disegni dell’artista: forse è importante ricordare che Christo li realizza con un ritmo molto intenso fino al giorno in cui viene inaugurata l’opera che essi raffigurano. Al momento dell’inaugurazione conclude quindi la serie e in seguito non realizza più opere con quel soggetto. Ora che la Mastaba di Londra è stata realizzata, si è interrotta la produzione dei relativi disegni, che sono però esposti in mostra. Ci sono anche i dipinti storici sulle forme della Mastaba, quelli per il lago di Michigan e i progetti per l’opera di Abu Dhabi.
Per concludere l’intervista, vorrei approfittare della sua profonda conoscenza del sistema dell’arte per porle una domanda più generale sul lavoro di Christo. Come spiega la sua capacità di attrarre un numero di visitatori che va ben oltre il consueto pubblico del contemporaneo, tanto da trasformare le sue opere in un fenomeno sociale?
Questa è una domanda interessante: come dice lei, penso che opere come The Floating Piers, i Gates o l’intervento sul Reichstag a Berlino siano molto più che l’oggetto in sé, creato dall’artista. Credo che siano la scintilla per conversazioni, condivisioni, incontri fra persone. Un vero catalizzatore. Solitamente, però, in questi casi un artista guadagna in termini di popolarità, ma perde la stima da parte dei colleghi. Invece questo non è mai il caso di Christo, che è apprezzato dal pubblico estraneo al mondo dell’arte, ma continua ad avere grande ascendente anche sugli altri artisti.
Prima di realizzare la mostra in corso alla Serpentine Gallery ho parlato di lui con molti artisti: lo svizzero Urs Fischer, per esempio, è molto influenzato da Christo e lo adora per la sua capacità di realizzare opere che hanno un carattere scultoreo senza precedenti; Tino Sehgal, il cui lavoro è basato sulle relazioni, ritiene Christo un artista fondamentale per la sua capacità di creare aggregazione fra le persone. Continua quindi a influenzare il mondo dell’arte, ma al contempo anche un pubblico più vasto. Io ritengo questo aspetto molto importante, perché sono convinto che sia necessario uscire dal museo.
È fondamentale portare l’arte verso la gente: dobbiamo eliminare gli ostacoli fra arte e pubblico. Specialmente verso coloro che non frequentano i musei. Solo un esempio: l’anno scorso un tassista mi ha portato qui al museo e, dopo avere scoperto che ci lavoravo, mi ha ringraziato perché sua figlia ha visitato la Serpentine Gallery e, dopo essere rimasta affascinata dalle forme delle nostre gallerie, ha deciso di studiare architettura. Mi ha ringraziato anche perché l’ingresso era gratuito: questo lo ha spinto ad entrare in un luogo che credeva inaccessibile. Credo che questo sia un elemento fondamentale per non escludere nessuno dall’esperienza artistica.
Ho raccontato l’episodio del tassista solo per esemplificare quanto sia essenziale offrire un’arte che sia per tutti: l’arte di Christo è fuori dal museo, visibile da tutti, nessuno escluso. Da queste opere ognuno può essere trasformato.