Impalpabile e strisciante, devastante e sottile… sono molti gli aggettivi potenzialmente in grado di tracciare un identikit di quella che da Tiffany Watt Smith nel suo Atlante delle emozioni umane (UTET, 2017) viene definita come «la più primitiva e fondamentale delle emozioni umane», ossia la paura. Eppure quando siamo chiamati a delineare questa emozione, che se portata all’estremo può addirittura gettarci in uno stato di paralisi o di angoscia, ci rendiamo conto che le sue sfaccettature sono infinitamente diverse tra di loro, così come le sue ripercussioni. Ce lo raccontano anche i tredici protagonisti interpellati dal regista Mirko Aretino per il suo documentario Full Metal Mind (realizzato con un budget molto low cost).
Chiamati a spiegare in cosa si traduca la paura quando sopravviene, gli interlocutori del regista parlano di sensazioni diverse, con grande probabilità frutto dell’ambiente in cui sono nate e si sono sviluppate. La paura del medico Gino Strada ad esempio, ha il sapore delle deflagrazioni e del sangue che ne consegue, si sviluppa dunque su un piano fisico oltre che mentale. Paolo Villaggio invece (Aretino ha fatto in tempo a registrarne la testimonianza prima della scomparsa, nel 2017) racconta dell’angoscia provata da chi vive e si nutre di applausi, e si ritrova confrontato con l’incognita della durabilità del successo. Daniele Finzi Pasca racconta invece di un timore più sottile e forse meno immediato, ma con tutta probabilità noto a tutti noi perché inevitabile: quando manca una persona amata si ha paura di dimenticarne tutte quelle peculiarità che nessun video o fotografia sono in grado di congelare per l’eternità. Parliamo di gesti, odori e sapori, irrimediabilmente consegnati a una memoria come quella umana, che sappiamo fallace ed estremamente soggettiva.
Da Full Metal Mind esce un ritratto a tratti sorprendente poiché ci presenta riverberi della paura cui non avevamo mai pensato. Percorsi esistenziali ed esperienze diverse portano naturalmente a risultati diversi, ma forse, ancora parziali. Ciò è emerso nel corso della discussione nata tra il pubblico, il regista e il produttore Silvano Repetto (IFDUIF). Mancano infatti all’appello tra i tredici interpellati (oltre ai già citati Strada, Villaggio e Finzi Pasca, anche Ascanio Celestini, Francesco Tesei, Paolo Rossi, Nicolai Lilin, Goran Bregovich, Andrea Zurlini, Mogol, Giorgio Nardone e Jacopo Fo) rappresentanti del sesso femminile.
Sarebbe infatti stato molto interessante scoprire se esiste un modo diverso di sentire, elaborare, raccontare e affrontare la paura per le donne. Gli autori però promettono che è solo una questione di tempo, che a questa prima analisi al maschile, ne seguirà naturalmente una al femminile. Per chi volesse farsi un’idea di cosa possa essere la paura, l’appuntamento è per mercoledì 5 dicembre, quando al Cinema Iride di Lugano (ore 20:30) verrà proiettato Full Metal Mind alla presenza dei suoi creatori.