Sarà stato forse l’arrivo in teatro del regista Mario Martone a ritardare l’inizio dello spettacolo di una ventina di minuti abbondanti. Immagino che abbia voluto mettere a punto alcune cosette concernenti la ripresa del suo applauditissimo e pluripremiato allestimento di Don Giovanni, che inaugurò la stagione al Teatro San Carlo di Napoli nel 2002 e che oggi, a distanza di vent’anni, viene ripreso – come già in passato – dal suo fedele collaboratore Raffaele Di Florio per inaugurare la Stagione Notte 2022-23 al Teatro Sociale di Como. La stagione, dal titolo Natura est Vita, è dedicata a Plinio il Vecchio, autore della Naturalis Historia, nato a Como nel 23 dC, dunque in procinto di spegnere 2000 candeline. E poiché succede che per molte ragioni si riprendano regie del passato con operazioni talvolta discutibili, diciamo subito che questo allestimento di Martone non sente il peso degli anni e conserva la sua bellezza e freschezza immutate.
Martone, lo sappiamo, ha un rapporto speciale con Mozart. Questo stesso Don Giovanni rappresentò il secondo passo della trilogia, da lui avviata nel 1999 con Così fan tutte, terminata poi con Le nozze di Figaro nel 2006. L’idea registica si fonda su una tribuna – scena fissa – che accoglie il colorato popolo di contadini, spettatori e attori, dell’opera stessa, ma anche gli stessi protagonisti, e due passerelle che dal palcoscenico si allungano verso la platea, permettendo a gran parte dell’azione di svolgersi a stretto contatto con il pubblico. Su una di queste irrompe subito Leporello, cencioso e povero, con il suo arrabbiato «Voglio fare il gentiluomo, e non voglio più servir…».
È la Rivoluzione francese che bussa alle porte, e uno dei segni forti di questo spettacolo, che sottolinea il filo rosso della lotta di classe tra patrizi e plebei, nobili e popolani. La tribuna è oscura, polverosa, vagamente elisabettiana e di lì si muoveranno pastori e pastorelle per partecipare alla vicenda del padrone arrogante e crudele che trova giustizia solo per volere divino, ossia per mano del Commendatore. E quando il mai pentito Don Giovanni sprofonda nell’inferno, è uno di quei momenti in cui il teatro trionfa con la sua accattivante finzione: fiamme corrusche e panche di legno che crollano, mentre una stretta gelida imprigiona senza scampo il dissoluto punito.
È impressionante vedere la tribuna-tribunale sempre più evocativa svuotarsi per trasformarsi in una sorta di cimitero, in cui morta – si direbbe – è innanzi tutto la classe lavoratrice. Ma non ha bisogno di attualizzare, di portare l’azione ai tempi nostri, Martone, che punta tutto sul dinamismo interno dell’opera, poiché è grazie a questo, dichiarò lui a suo tempo, «che si rigenera la tradizione». E forse proprio per questo il segno è convincente. Scene e costumi accarezzano i colori dell’autunno e sono di Sergio Tramonti. La ripresa comasca dell’allestimento è all’insegna della giovinezza. Tutti giovani gli interpreti, alcuni usciti dal concorso AsLiCo, dal Don Giovanni esuberante e vitale di Guido Dazzini, all’altrettanto vitale Leporello di Adolfo Corrado, che oscilla tra rabbia e timori in una comica disperazione, entrambi al debutto nei rispettivi ruoli. E giovani sono anche Francesco Samuele Venuti nei panni di Masetto, la deliziosa Gesua Gallifoco in quelli di Zerlina e le due donne strapazzate da Don Giovanni, la dolorante Donna Elvira di Marianna Mappa e una Donna Anna (Elisa Verzier) che è, per dichiarazione di Martone stesso, una sorta di Amleto al femminile, inseguita dal fantasma del padre che vuole vendicare, ambedue i soprani voci notevolissime e innegabilmente dotate sul piano interpretativo. Il tenore Didier Peri, delicato e credibile nel ruolo di Don Ottavio, ha al suo attivo qualche anno di esperienza in più, mentre davvero giovanissimo (22 anni) è Riccardo Bisatti, che dirige l’orchestra I pomeriggi musicali di Milano: entusiasmo, imperfezioni e un futuro da costruire che per tutti si prospetta ricco di soddisfazioni.
E dopo Como e Pavia, questo riuscitissimo allestimento di Mario Martone sarà di nuovo in scena con lo stesso cast e direttore al Teatro Ponchielli di Cremona (21-23 ottobre), mentre nel gennaio 2023 potremo vederlo al Teatro Regio di Parma, con cast e direttore diversi.