Negli ultimi anni sono state varie le raccolte di fiabe con protagoniste ragazze e bambine eroiche: non serve salvate dalle fate, ma delle pilote, delle dottoresse, delle aviatrici… Questa operazione, il tentativo cioè di modificare l’immaginario collettivo attraverso la creazione di personagge forti e vincenti nei racconti per bambine e bambini, ha avuto da una parte un grande successo e dall’altra numerose critiche.
Moltissimi genitori hanno infatti deciso di acquistare alle proprie figlie storie di donne eccellenti piuttosto che i classici racconti di principesse. Alcune femministe, invece, hanno notato che anche in questo caso alle donne veniva richiesta un’eccezionalità, mentre sarebbe preferibile se a essere raccontata e incentivata fosse la normalità del femminile. Questa critica si basava sull’idea che non bisogna essere principesse in attesa del principe azzurro, certo, neanche eroine però: sarebbe meglio lasciare che le bimbe siano solo come desiderano essere.
Adesso che il dibattito si è finalmente sopito, arriva Emma Dante. La grande drammaturga palermitana, vincitrice del premio UBU nel 2001 (il riconoscimento più importante in Italia in ambito teatrale) ha scritto per La nave di Teseo E tutte vissero felici e contente, con le illustrazioni meravigliose di Maria Cristina Costa.
Emma Dante non inventa nuove fiabe nella speranza di rendere meno maschilista il mondo dei bambini e delle bambine, che pure è un obbiettivo sacrosanto, ma riscrive le favole classiche: Biancaneve, Rosaspina, Cenerentola… Le trasforma, senza snaturarle.
Biancaneve, per esempio, resta quella ragazzina che la regina vuole eliminare perché teme la sua bellezza giovanile. Ritroviamo lo specchio come luogo di verità ma anche di ingrandimento delle nevrosi personali. Del resto, perché eliminare questi elementi narrativi così importanti, questi strumenti potenti di interpretazione della realtà? Non è obbiettivo di nessun femminismo quello di negare l’esistenza dell’invidia fra donne, né di fare finta che il conflitto intergenerazionale non esista, mentre è proprio compito delle fiabe mettere in scena le pulsioni umane più forti ed elementari, educare bambine e bambini a riconoscerle. Il finale anche resta lo stesso, solo che nella versione di Emma Dante Biancaneve si prende una cotta per il principe prima di finire avvelenata: lo aveva già incontrato prima che la vecchia malefica le offrisse la mela, insomma lo aveva scelto.
Non così per Rosaspina che si trova risvegliata dall’incantesimo del sonno da un personaggio singolare, vestito da astronauta, l’unico che è riuscito a raggiungerla nel castello fatato e a darle il bacio della salvezza. La gioia del risveglio e la gratitudine per la vita riconquistata inducono Rosaspina a uno slancio d’amore nei confronti di questo presunto principe, che non si affievolisce quando, tolto il casco, il salvatore si rivela essere una salvatrice dalla lunga chioma rossa. Del resto la principessa si era addormentata proprio il giorno del suo passaggio alla vita adulta e dormendo non aveva potuto capire quale fosse il suo orientamento sessuale!
I maggiori cambiamenti sono nella versione che Emma Dante scrive di Cappuccetto Rosso. La bambina che siamo abituati a immaginare mentre porta delle provviste alla nonna, nella visione della drammaturga ha una fame bulimica che modifica decisamente il rapporto tra lei e il lupo… Per la prima volta, incontriamo la madre di Cappuccetto Rosso e proviamo compassione per la bimba che le chiede di restare a casa con lei e non lasciarla, come sempre, da sola.
Del resto, è comprensibile che ci siano delle novità su una struttura narrativa classica: tante cose sono cambiate nella condizione delle donne, per questo il raggiungimento della felicità delle protagoniste che, come indica il titolo, è l’obbiettivo di Emma Dante, passa anche da percorsi nuovi. Emma Dante, però, è riuscita a rinnovare questi racconti archetipici senza intaccarne la riconoscibilità. E come succede ai bambini e alle bambine che possono ascoltare la stessa storia tantissime volte, questa raccolta permette agli adulti di assaporare la consolazione di un racconto conosciuto, ma al passo coi tempi.