Caro diario, vorrei dirti che...

La lingua batte - Il diario come un’utile palestra
/ 03.08.2020
di Laila Meroni Petrantoni

Ingredienti: carta e penna, quanto basta; tempo, in dosi piuttosto consistenti, dosi da prevedere prima di eseguire la ricetta per non correre il rischio di restarne privi proprio sul più bello. E poi, costanza e tenacia, in quantità abbondanti. Infine è raccomandata una presa di sincerità, affinché la pietanza che ci si accinge a cucinare risponda ai canoni dell’arte. Perché è così: se si vuole tenere un diario è vietato dire bugie. Almeno con il nostro diario – con il nostro amico immaginario – non ci è permesso fingere di essere qualcun altro.

«Caro diario». Nel classico incipit c’è sempre molto affetto, e la richiesta di custodire ogni parola che gli viene affidata e sulla quale viaggiano esperienze, pensieri, emozioni di vita. Carta, penna, tempo, costanza, sincerità: ingredienti forse un po’ démodé. Se non fosse arrivato il lockdown, vero? Ci sarà certo qualcuno che, insieme al pane, ha provato il desiderio di (re)imparare a impastare pensieri e scrittura, emozioni e parole. Formulando quella richiesta di attenzione: «caro diario».

Un diario è lo scrigno di una vita, è anzitutto una forma di resistenza al tempo che passa e all’oblio. Come è accaduto a quel Giovanni Anastasia di Breno, classe 1797, che al suo diario ha affidato il compito di custodire i ricordi, ogni santo giorno per quasi mezzo secolo. Un contadino che oggi, ritrovate le oltre duemila pagine del suo memoriale, ci racconta di un passato lontano a noi così sconosciuto da parerci fantastico. In esse non sono stati annotati unicamente i compiti quotidiani, condizionati dall’imprevedibilità della natura e dalle bizze delle stagioni; ci sono anche le gioie ma soprattutto i dolori, quei lutti che rodono dentro oggi così come accadeva nel 1800. Le emozioni non cambiano e nemmeno la natura umana.

Quanti diari hanno custodito i secoli: diari di grandi personalità entrate nella storia, ma pure di gente comune, le cui memorie magari sono sopravvissute anche a una lapide. Ci sono diari che ancora oggi ci parlano e sanno insegnarci qualcosa, come quello lasciato da una tredicenne costretta a confinare la sua vita in un alloggio segreto per sfuggire alle leggi razziali di Hitler, e ad affidare a un libricino ricevuto in dono per il suo compleanno tutte le emozioni di adolescente. Iniziava le sue annotazioni con «Cara Kitty», regalando al suo diario una coscienza umana, e chiudeva con «La tua Anna», i fondamentali dell’amicizia.

Una delle caratteristiche naturali di un diario è il fatto di rappresentare una sorta di giardino segreto che può contenere le emozioni più recondite, magari inconfessabili, che lo scrivente desidera mantenere per sé.
A ben pensarci, che fantastica palestra è un diario! Combina esercizi di lingua (e magari di calligrafia) con la pratica dell’introspezione. Va bene. Domani ci provo anch’io.