È una rilettura assai vitale della Carmen, quella che sta mietendo enorme successo di pubblico e di critica al Konzert Theater di Berna. Una produzione per la quale c’era molta attesa in Svizzera, e non solo perché la partitura di Bizet è davvero una gioia per le orecchie dalla prima all’ultima nota. Per dir tutto con poco, e subito, a Berna Mario Venzago eccelle nella conduzione della Berner Symphonieorchester, il padrone di casa Stephan Märki firma una regia rutilante e coinvolgente, Claude Eichenberger nel ruolo in titolo è davvero superba per voce e capacità di immedesimazione, e il Chor Konzert Theater Bern preparato da Zsolt Czetner offre una prestazione smagliante.
Che non si assisterà a una Carmen tradizionale, ma a una messinscena accuratamente meditata e giocata più sui conflitti di genere che sul noto dramma di amore e gelosia, lo si capisce subito, vuoi dagli sfondi (scene e costumi di Philipp Fürhofer), dai video (Fabian Chiquet), da colore e atmosfera (luci di Bernd Purkrabek) e, soprattutto, dal Choeur des gamins, con bimbe in tutù a marciare al posto dei monelli. Inoltre, più che una gitana proterva, ribelle e provocante dalla sensualità lasciva e violenta, Carmen è qui prima di tutto una donna perfettamente consapevole di se stessa e del suo diritto a vivere una vita di sua scelta. Una donna anticonvenzionale che ammalia Don José proprio per la sua forza e indipendenza, e perché alla ricerca ossessiva di una sua dimensione interiore di libertà che la porti alla realizzazione di se stessa senza bisogno di alcun rapporto amoroso.
Oltre che con un luogo mentale fuori del tempo, si è qui certamente confrontati con un esplicito omaggio all’emancipazione femminile. Una novità inaspettata è inoltre l’onnipresenza di un joker accanto a Carmen: la morte che l’accompagna sin dalle prime scene. Il ballerino Winston Ricardo Arnon, agile, possente, intrigante, erotico (chiara allusione alla dicotomia eros-thanatos) con il teschio o con l’altrettanto macabra testa di toro, supera se stesso. La mezzosoprano svizzera Claude Eichenberger interpreta con tocco finissimo questa Carmen di Märki, rendendo appieno la donna in grado di dire no anche al cospetto di una morte sicura, fino a diventare vittima sacrificale non tanto di Don José quanto del sogno di libertà assoluta.
Le è accanto un Xavier Moreno all’inizio un tantino sbiadito nei panni di Don José, in seguito fin troppo passionale e vibrante. Come non del tutto a proprio agio è Jordan Shanahan nei panni di Escamillo. Pari a Claude Eichenberger, vocalmente e teatralmente, è invece Elissa Huber nella parte di Michaela, per Märki, giustamente, non più dolce, sommessa, introversa e angelica, ma forte e determinata nella sua volontà di riprendersi l’uomo amato. Brave, per voce e capacità sceniche, Eleonora Vacchi e Marielle Murphy, nei panni rispettivamente di Mercedes e Frasquita.
Sempre assecondato dall’orchestra, Mario Venzago dà prova di un notevole virtuosismo direttoriale, lungo tutta la partitura dell’opera (qui senza i dialoghi originali) ricca di significativi momenti e non solo riducibile ai celebri preludi e intermezzo o all’arcinota Habanera. Venzago fa emergere con fine penetrazione il lato drammatico e quello giocoso, quello malinconico e quello euforico: l’intera eloquente narrazione, dunque, della folle tragicità con cui si consuma il destino dei protagonisti. Resta da dire delle coreografie di Tabea Martin e delle repliche fino al 21 giugno.