Goethe a proposito dei berlinesi diceva: «lì ci abita un’umanità talmente audace che con le prelibatezze non si va lontano, per sopravvivere bisogna sapersi difendere ed essere un tantino rudi». Tanja Dückers, nata nel 1968 a Wilmersdorf, oggi con la sua famiglia di casa a Prenzlauerberg, giornalista e scrittrice, è famosa per aver raccontato nei suoi romanzi, Hausers Zimmer per citarne uno, atmosfere, abitudini, stili di vita della parte ovest della città durante gli anni del muro. Attenta anche alle questioni sociali e alla politica, da qualche anno segue un’altra delle sue passioni. Quando ho avuto il piacere di incontrarla nella sua casa berlinese dagli alti soffitti, le grandi finestre e il parquet antico che a ogni passo emette scricchiolii come fossero musica, ci siamo subito scoperte affini. Non tanto o non solo nella scrittura: a stabilire una forte intesa tra noi è stata la cioccolata. Nel momento in cui Tanja Dückers mi ha confidato di essere una chocoholic ho capito, dopo tanti anni, di aver trovato la definizione giusta per me. Golosità a parte, ho sempre pensato che la letteratura si sposasse bene con il caffè e la cioccolata.
Se non ci ricordiamo quale piacere possano sprigionare i dolci basta rileggere alcune righe dell’infanzia berlinese di Walter Benjamin attorno al millenovecento: «Attraverso la fessura della dispensa appena socchiusa la mia mano si protendeva come un amante attraverso la notte. Quando poi si era orientata nell’oscurità, cercava al tatto zucchero o mandorle, sultanina o marmellata. E come l’amante, prima di baciarla, abbraccia l’amata, così il toccarli era un primo approccio, avanti che la bocca ne assaporasse la delizia».
Non gli sarebbe dispiaciuto, dunque, il nuovo lavoro di Tanja Dückers approdato in libreria proprio in queste settimane in cui l’autrice descrive i lati dolci della sua città decantando tra l’altro la sua antica tradizione e cultura in fatto di caffè e manifattura cioccolatiera. Aspetti che conosce bene visto che da qualche anno ha fondato la sua personale etichetta «Preussisch Süß» e con la collaborazione del mastro cioccolataio Cristoph Wohlfarth produce delle piccole tavolette di diversi gusti ispirati ognuna a un quartiere (Bezirk) della città. Quella dedicata a Prenzlauerberg ne sottolinea il carattere accogliente per le famiglie e i bimbi. Dalla confezione di colore giallo, sul retro il testo preparato ad hoc dalla scrittrice recita «Abbiamo combinato mandorle tostate e delicati baccelli di vaniglia con rotonde nuance di cioccolato al latte». Le tavolette di Zehlendorf e Schöneberg sono invece le uniche al cioccolato bianco, la prima combinata con un aroma di violette, la seconda di petali rosa per renderne meglio lo spirito sofisticato, in ricordo anche di David Bowie, che soggiornò a Schöneberg dal 1976 al 1978 e vi compose la sua indimenticabile trilogia berlinese.
Ma veniamo al libro, sorta di guida zuccherosa alla scoperta di caffè, pasticcerie e cioccolaterie di ogni tipo, alcune sopravvissute alla guerra e gestite in terza o quarta generazione con tanto di ricette tramandate in gran segreto, altre appena aperte, alcune nel frattempo già chiuse a causa della pandemia. Realtà grandi e piccole, più o meno note, ci raccontano della capitale da una prospettiva inedita e curiosa. Scopriamo il suo carattere multiculturale attraverso i caffè portoghesi o le pasticcerie con specialità giapponesi, greche, svedesi, francesi, siriane, ognuna con la sua particolare storia umana e artigianale.
In barba alle credenze che riconoscono all’impero prussiano soprattutto una supremazia in campo militare, Tanja Dückers rivendica pure un’antica tradizione cioccolatiera e una profonda cultura dei caffè che già animavano la Berlino di Federico III. Tempi in cui il cacao era riservato a re, imperatori e nobili mentre il popolo credeva che il nettare degli dei avesse delle proprietà curative. Ecco allora che si trovava a caro prezzo nelle farmacie, anche quella di Theodor Fontane, farmacia storica che oggi si può ancora ammirare nel quartiere artistico di Bethanien a Kreuzberg.
È a partire da metà Novecento che il cacao raggiunge la borghesia grazie anche a pasticceri svizzeri come gli Sprüngli, che nel 1845 inventano la tavoletta (v. art. a pag. 41). Nascono così le prime manifatture cioccolatiere berlinesi come Erich Hamman, specializzata nella produzione di cioccolata scura, Sawade, famosa per le sue praline, la Confiserie Reichert, la pasticceria Buchwald e Fassbender. Quest’ultima, oggi denominata Fassbender und Rausch, tra le tante proposte nel libro è quella che sicuramente merita una visita.
Sono d’accordo con Tanja Dückers quando definisce il negozio su tre piani a Gendarmenmarkt la piazza più elegante e suggestiva di Berlino Mitte, la cattedrale del cioccolato. Se ci andate in questo periodo potete ammirare la Gedächtnisskirche (130 kg di cioccolata) o la Porta di Brandeburgo (405 kg di cioccolata e 340 ore di lavoro) con la quadriglia che sembra spiccare il volo da un momento all’altro.
Un vero tempio, dunque, in cui trovare raffinate praline, originali combinazioni, panpepato e marzapane ricoperti di cioccolato. E se volete prolungare l’esperienza magari anche per ripararvi da quel vento gelido berlinese che spira da nord (fastidioso lo definiva già il caro Franz Biberkopf in Berlin Alexanderplatz), potete sedervi al caffè del terzo piano.
Da Gendarmenmarkt a Kurfürstendamm, l’autrice ci ricorda il Romanisches Café, luogo d’incontro e di lavoro prediletto di numerosi artisti all’inizio del Novecento. Frequentatori appassionati e abituali ne erano Gottfried Benn, Else Lasker-Schüler, Bertolt Brecht, Mascha Kaleko. Erich Kästner sulla «Neue Leipziger Zeitung» nel 1928 lo definì il Rendezvous degli artisti, ma anche la sala d’attesa dei talenti. Aspettando che la fortuna bussasse al loro tavolo, che giungesse una proposta di ingaggio, attori, pittori e scrittori sorseggiavano caffè, leggevano montagne di giornali, si univano in chiacchiere e discussioni.
Nella storia che l’autrice traccia di una Berlino zuccherosa c’è anche il racconto di una pseudo cioccolata che la DDR produceva con ingredienti alternativi e scadenti per poi delineare come la riunificazione abbia dato forte slancio e impulso al settore portando i caffè in città a quota 9000. Non mancano le pasticcerie, la storica Konditorei Buchwald al numero 29 di Bartningallee, nata 170 anni fa e oggi gestita in quinta generazione da Andrea Tönges. La specialità è il Baumkuchen, dolce particolarmente amato dai berlinesi, la cui forma ricorda il tronco di un albero. Ricoperto da un fine strato di cioccolato al latte e condito da una nota di rum nell’impasto, il Baumkuchen compare nei ricordi d’infanzia di Fontane (Meine Kinderjahre). Del dolce natalizio il poeta e scrittore del realismo tedesco rinoma la croccantezza, i giochi di colore dell’impasto, dall’ocra più scuro al giallo più chiaro. Ne decanta fasi e tempi di lavorazione «ogni cosa era investita di un significato simbolico. Dalla riuscita di questo magnifico gioiello dipendeva il sentimento di fiducia nella riuscita della festa. Il Baumkuchen prediva l’oroscopo, l’andamento delle festività».
Il Natale è un tema amato dalla letteratura tedesca. Per Rilke, che a Berlino studiò storia dell’arte, era la festa più importante di tutto l’anno. Amava trascorrerla nel silenzio delle sue poesie e delle sue lettere, che scriveva a famigliari e amici, tra questi Anton Kippenberg, Lou Andreas-Salomé e Franz Xaver Kappus. In una risposta alla moglie Clara scrisse: «La tua lettera era come una torta natalizia… colma di farina, spezie e mandorle».
Tradizioni a parte, lo dicevo prima, ampio spazio nel libro viene dato alle giovani realtà che animano la multiculturalità berlinese nei diversi distretti cittadini. Il Cafè di Shin Komine realizza i suoi dolci unendo ricette della pasticceria francese con esotici ingredienti giapponesi come la gelatina Yuzu oppure Godis, dal nome della scimmietta di Pippi, che dal 2011 a Friedrichshain propone una selezione originale di dolci scandinavi.
Questa esplosione di luoghi dolci e prelibati, in larga parte a conduzione femminile, non è però soltanto da attribuire a un rinnovato amore per gli zuccheri. Tanja Dückers ci racconta di clienti attenti alla provenienza e alla sostenibilità dei prodotti, di un ritorno al classico, ai dolci fatti in casa con ingredienti di qualità e a km zero come le torte di Frau Behrens a Friedenau. Alla variante del consumo d’asporto mordi e fuggi si sostituisce la voglia di sedersi e gustarsi la cioccolata calda o il caffè nelle romantiche tazze di porcellana come si faceva una volta nelle cucine delle nostre nonne, raccontandosi storie e leggendo poesie.