«Poniamolo come un teatro, una scena dove gli attori entrano sul palcoscenico artistico, o si preparano a farlo. Le sale di un museo d’arte prevedono un pubblico che guarda le opere, ma non un pubblico che osserva un pubblico».
Allora, bisognerebbe fare uno schema. Tre per tre di Giulio Paolini è un’opera d’arte che sta al Maxxi di Roma. In pratica sono tre statue in una stessa opera, identiche e disposte a triangolo nello spazio: un personaggio sta seduto, in posa; un altro lo osserva e ne disegna probabilmente un ritratto; un terzo, di lato, osserva a sua volta la scena. Ecco, Tre per tre è l’opera simbolo di questo libro del giornalista e critico Roberto Cotroneo, che si intitola Genius Loci. Nel teatro dell’arte ed esce in una pregiata collana dell’editore Agenzia Contrasto tutta dedicata al rapporto tra fotografia e altre rappresentazioni artistiche, letteratura in primis. Un’immagine simbolica di questo libro; anche perché l’opera di Paolini è fatta perché qualcuno, e siamo almeno al terzo livello, la osservi al museo e il fotografo, eccoci al quarto, ritragga tutto questo. E noi che abbiamo in mano il libro, quinti della serie, approfittiamo di questa infinita mise en abyme, della vertigine semiotica di tutti questi strati di osservazione sovrapposti.
Ogni pagina di questo elegante volume ha almeno una fotografia: di un’opera d’arte, ma anche del suo contesto, di dove è appesa o dove è esposta, come è collocata rispetto alle altre, di regola nel vivo dell’esposizione stessa, soprattutto in certi musei della modernità: quindi con la gente che la osserva o che semplicemente ci passa accanto, accorgendosene o per i fatti suoi. Opera e pubblico, i quali, secondo immaginifica tesi dell’analisi critica anni Settanta, ma anche secondo buon senso comune, contribuiscono insieme all’effetto estetico dell’arte, dalle belle arti alla musica, alla letteratura, alla stessa fotografia. Quindi, posture, espressioni, gesti, capolini dallo stipite di una porta, precipitose corse di turista verso i divanetti al centro della sala dopo peregrinazioni estenuanti fuori e dentro i musei delle grandi città. Il repertorio di Controneo è in questo senso mutevole e vario, le occasioni per osservazioni e commenti sono in gran numero.
Le fotografie, opera dello stesso autore, tengono conto delle collocazioni del pubblico, che può essere individuale o consistere in più persone, può avere lo sguardo più o meno rivolto verso l’opera oppure guardare direttamente nella camera che lo sta ritraendo. La fotografia di due impiegate del museo accanto a nota opera di Ferdinando Scianna ha almeno un paio di protagoniste che guardano verso il fotografo: la prosperosa venditrice di polipo bollito della foto fotografata e una delle guardiane, che ha appunto espressione sospettosa; «e lì c’è la domanda di sempre: perché questo sconosciuto sta puntando l’obiettivo verso di me?».
Quale delle due ci colpisce di più? Quale delle due ci sta interrogando, come direbbe Barthes? Qualsiasi saggio sul significato della fotografia e sulla ricerca del punctum centrale non prescinde mai dall’omaggio implicito o esplicito al Maestro. E al suo indimenticabile e fascinoso La camera chiara. Saggio sulla fotografia, che si respira in tutte le «metadidascalie» di Cotroneo, fino ad accoglierne la meritata e annunciata citazione nelle pagine finali.
Bibliografia
Roberto Cotroneo, Genius Loci. Nel teatro dell’arte, Roma, Agenzia Contrasto, 2017