Apertura senza lode

Tchaikovsky’s Wife di Kirill Serebrennikov promette bene per la Palma d’oro
/ 23.05.2022
di Nicola Falcinella

Il 75esimo Festival di Cannes, dopo l’annullamento del 2020, l’edizione essenziale e a ranghi ridotti dello scorso anno (ma con organizzazione quasi impeccabile e atmosfera perfetta per godersi i film), torna all’antico, con i grandi numeri pre-Covid, dagli spettatori agli ospiti ai film presentati. Il programma, che prosegue intenso fino a sabato quando saranno consegnate le Palme, è ipertrofico, con un numero sempre maggiore di film nelle diverse sezioni, a discapito della visibilità delle produzioni con meno budget per promuoversi.

L’apertura è stata riservata a Coupez! del francese Michel Hazanavicius, che si era rivelato con OSS 117, parodia di 007 e aveva raggiunto l’Oscar con The Artist. Un regista che vorrebbe dimostrarsi eclettico facendo film diversi l’uno dall’altro (da uno fiacchissimo sulla guerra in Cecenia a un’inutile presa in giro di Jean-Luc Godard) e stavolta affronta il remake, con Romain Duris, Bérénice Béjo e tanti altri, del giapponese Zombie contro zombie. Nel film una troupe è sul set di zombie, una pellicola a basso budget, quando si affacciano dei «veri» zombie. Si dovrà andare indietro di un mese per capire la nascita di un progetto e le tante implicazioni, a partire dal lavoro del regista che a suo dire deve essere «veloce, economico e decente» fino ai rapporti familiari che vengono a galla. Il film nel film è abbastanza divertente, il dietro le quinte anche di più, nel mezzo si dilunga inutilmente con un’ironia poco efficace. Insomma, un’apertura senza infamia e senza lode per il Festival.

Il concorso per la Palma d’oro, che vede in lizza 21 titoli, è iniziato con Tchaikovsky’s Wife del russo dissidente, tanto che è costretto a vivere all’estero, Kirill Serebrennikov. Il regista, conosciuto per Summer – Leto, Parola di Dio e Petrov’s Flu, esplora la relazione tra il celebre compositore e la moglie Antonina Miliukova, già portata sullo schermo nel 1970 da Ken Russell. Giovanissima, la donna conosce il musicista a una festa, ne rimane folgorata e inizia un insistente corteggiamento di lettere e richieste di incontri, finché Čajkovskij acconsente a un matrimonio sorprendente e di facciata. Antonina non si rassegna ai presagi (si spegne la candela durante il rito del matrimonio ortodosso), alle assenze e ai rifiuti, è convinta di essere riamata e si chiude in un’ossessione, mentre la Russia zarista è oppressiva e costringe tanti in povertà. Serebrennikov realizza un melodramma barocco ed eccessivo, pure troppo visionario, molto ben confezionato e illuminato dalla protagonista Alyona Mikhailova, quasi sempre in scena, con uno sguardo che la candida alla Palma di migliore interprete.

Mentre la Svizzera non ha film in gara, l’Italia è rappresentata da Nostalgia di Mario Martone che passa martedì e dalle coproduzioni Les amandiers di Valeria Bruni Tedeschi e Le otto montagne di Charlotte Vadermeersch e Felix Van Groeningen, dal romanzo di Paolo Cognetti sulla scoperta della montagna da parte di un ragazzo di città.

Più interessante l’opera della spesso sorprendente attrice e regista che colloca a metà anni ’80, tra gli allievi del Théâtre des Amandiers di Patrice Chéreau a Parigi, una storia sulla giovinezza che vola via, sull’amore da vivere con leggerezza, la passione per il teatro: un ritratto di un’epoca e di una generazione con lo spettro dell’Aids.