All’interno del panorama culturale ginevrino, il festival pluridisciplinare Antigel è sempre molto atteso. Sono infatti nientemeno che venti coraggiosi comuni, dallo storico Carouge fino all’urbanissimo Vernier, passando per il più posh Chêne-Bourg, a partecipare ogni anno alla costruzione di un sogno invernale fatto di beat inquietanti e rigeneranti, come un bagno in un lago ghiacciato, e spettacoli di danza che giocano abilmente con i limiti del genere per dare vita a creazioni inedite e destabilizzanti. A digiuno delle notti senza fine del mitico Grand Central, che ogni anno colonizza emblematici luoghi effimeri pronti a essere demoliti, impazienti di lasciarsi stupire dalla magia dell’arte, dal suo potere catartico e federativo, gli adepti dell’Antigel hanno sperato quest’anno in un miracolo. Malgrado i suoi organizzatori (in primis i suoi co-direttori: Eric Linder e Thuy-San Dinh) abbiano lottato con tutte le loro forze per mantenere vivo un appuntamento immancabile, la situazione sanitaria attuale li ha quasi messi in ginocchio.
Diciamo bene «quasi» perché, malgrado tutto, Antigel ha sempre rifiutato fermamente di rinunciare allo spazio che merita all’interno di una società che, privata dei suoi sogni, rischia d’inaridirsi, di restringere pericolosamente i suoi già molto ridotti orizzonti. È quindi all’interno di un labirinto di regole senza fine che il festival ginevrino si è costruito, riuscendo a ritagliarsi uno spazio minuscolo ma importante. Quello che è certo, è che quest’anno la più grande performance di Antigel è Antigel stesso, pensato e ripensato, trasformato e amputato, sofferto ma comunque sempre grandioso. Per la sua XI edizione, il festival ginevrino ha costantemente cambiato pelle trasformandosi in una sorta di manifesto.
Senza mai rinunciare alle sue ambizioni artistiche, Antigel si è reinventato senza sosta fino a trasformarsi esso stesso in vera e propria performance. Se in un primo momento gli organizzatori hanno sperato di poter mantenere fisicamente gli spettacoli in luoghi completamente ripensati, è infine in forma virtuale che il festival è stato costretto a esistere, evidenziando paradossi non sempre facili da accettare (perché impedire lo svolgersi di uno spettacolo in un bus itinerante con pochi passeggeri mascherati quando i trasporti pubblici continuano a funzionare normalmente nelle nostre città?).
Decisi a non gettare la spugna per dimostrare che la cultura può e deve continuare a lottare anche se attraverso formati inediti e inaspettati, gli organizzatori di Antigel hanno fatto il lutto di spettacoli attesissimi come L’Étang della straordinaria Gisèle Vienne che mette in scena l’opera omonima di Robert Walser con l’attrice francese Adèle Haenel, A Dance Climax della coreografa francese Mathilde Monnier, con gli allievi della Manufacture, o la creazione inedita e inaspettata di Marie-Caroline Hominal e François Chaignaud Duchesses, per concentrarsi sul programma del Grand Central, escogitato dai geniali Motel Campo e SHAP SHAP, in partenariato con Couleur 3, entrato nei salotti in streaming.
Dal 5 al 27 febbraio, il Grand Central, mecca delle serate festive di Antigel, che in passato ha invaso luoghi emblematici quali la Halle delle FFS di Pont Rouge o la Caserma des Vernets, si sveste reincarnandosi in forma virtuale. Ogni fine settimana, la crème de la crème dei DJs svizzeri e internazionali entra nelle case degli amanti di sensazioni forti che non temono suoni inediti e potenti, un vero e proprio balsamo miracoloso in un periodo d’aridità culturale sempre più pesante.
SHAP SHAP, partner storico del festival, ci invita ancora una volta, attraverso le sue serate CENTRAL AMERICA e SOUTH AFRICA, WHAT’S UP? a scoprire artisti decisamente di nicchia come la piattaforma multidisciplinare salvadoregna Ghetto Witchez e il suo universo underground e disinibito o il provocatorio e ultra underground DJ messicano El Irreal Veintiuno. Sul versante sudafricano, è il collettivo Cuss a proporre una selezione altamente coinvolgente del meglio della scena emergente electro-hiphop composta dall’artista e produttrice basata a Cape Town Rosa Bonica e la sua eclettica musica elettronica fatta tanto di suoni solari quanto di aggressioni techno, e dalle gemme musicali di X14, considerato come una delle voci più importanti del panorama della musica elettronica sudafricana.
Per quanto riguarda la Svizzera, immancabile il weekend dedicato alla scena ginevrina (GENEVA, WHAT’S UP?) capitanato dall* straordinari* DJ afrofuturista Maïté Chenière aka Mighty, fondatore/trice di House of Butch Extravaganza. Sotto la sua supervisione, il dancefloor (o il salone di casa) si trasforma in santuario dove emanciparsi e celebrare la ricchezza di corpi multipli e atipici. Artista a tutto tondo, Mighty associa ricerche teoriche sui generi e sulle discriminazioni razziali, musica, performance e video per dare vita a esperienze ibride e liberatorie insieme all’artista e performer ginevrina Ves3mo e alla ricercatrice basata a Zurigo i-vye che, mescolando musica da club e cultural studies dà vita a un mondo transdisciplinare.
Tante le proposte musicali che aprono uno spazio di riflessione su quello che la cultura può portare alla nostra società, indipendentemente dal formato in cui si esprime. E se il video si è trasformato in unica arma a disposizione di un settore culturale ridotto ai minimi termini (con risultati a volte davvero sorprendenti), le sale da spettacolo continuano a scalpitare dietro le quinte con la speranza di riprendere presto il posto che da troppo a lungo gli è stato rubato.