Anche i dottorandi vanno in scena

All’Accademia Dimitri si è svolta la prima edizione del Master Festival
/ 30.05.2022
di Giorgio Thoeni

Nella nostra regione, avere una sede fuori mano rispetto a centri più blasonati e facilmente raggiungibili può davvero significare molto quando si vuol dare rilevanza a certi eventi che hanno un carattere inedito. Soprattutto quando si tratta di un’università dedicata ad artisti che si confrontano con un ciclo di formazione teatrale professionale. Alludiamo al physical theater, in altre parole a quel genere di performance che privilegia il movimento come vettore della comunicazione teatrale che, per l’area italofona, ha la sua capitale a Verscio.

Ma lo sappiamo: per una buona iniziativa occorre tempo prima di conquistare un certo seguito. Come nel caso della prima edizione del Master Festival promosso dall’Accademia Dimitri, un ciclo di appuntamenti che ha permesso di poter assistere con una certa continuità alle esibizioni di otto dottorandi. Una prova pubblica scelta per chiudere il cerchio su candidati che, pur avendo già un bagaglio di esperienza nel settore, per alcuni semestri decidono di perfezionare la loro maestrìa con progetti concordati affidandosi a docenti specializzati nelle varie discipline contemplate da quella formazione supplementare.

Accanto agli spettacoli, il festival ha voluto riflettere sul futuro del teatro e del suo insegnamento organizzando alcune tavole rotonde con ospiti internazionali su temi legati al teatro non-verbale: un confronto fra diversi approcci didattici sull’insegnamento anche in relazione alle frequenti crisi che stiamo attraversando. Siamo riusciti a seguire due spettacoli in coda alla manifestazione che comunque offrono un’idea delle varie specificità artistiche.

Con MATR. di Isabella Giampaolo, l’attrice originaria di Mendrisio ha scelto il tema della madre e della maternità con, sullo sfondo, la paura della morte. Un argomento impegnativo e sviluppato con un bel senso estetico attorno all’iconico bianco della purezza per i simboli disposti sulla scena per vestire un progetto in cui una studiata eleganza con la giusta fisicità dei movimenti prevalgono su una vocalità ancora da impostare.

Di segno opposto, con My house is full of fish (la mia casa è piena di pesci), l’uruguaiana Agustina Pezzani in un certo senso abbandona la sua creatività nell’espressività della sua ingenuità clownesca sommata a quella dei personaggi che la circondano. Un percorso surreale, assurdo e onirico e ancora troppo scomposto nella sua architettura drammaturgica: limiti certamente colmabili con l’esperienza ma con una guida più severa.