Bibliografia
Alice Urciuolo, Adorazione, 66thand2nd, pp. 352


All’ombra della «domination masculine»

In Adorazione di Alice Urciolo, le difficoltà e le contraddizioni della vita piccolo-borghese
/ 05.07.2021
di Laura Marzi

Non è affatto scontato che un romanzo d’esordio riesca a entrare «nella dozzina dello Strega», cioè nei dodici libri selezionati per l’importante premio letterario che verrà assegnato nei prossimi giorni. È successo quest’anno al romanzo Adorazione di Alice Urciuolo, edito da 66thand2nd.

Il punto di partenza della storia è un avvenimento del passato: l’uccisione di Elena da parte del suo fidanzato Enrico. Seguendo una scelta narrativa molto interessante, Urciuolo racconta quello che accade dopo un femminicidio e attraverso questa prospettiva riesce a sottolineare ciò che Hannah Arendt definì magistralmente «la banalità del male». Adorazione racconta del gruppo di amici di Elena, che vivono in un piccolo paese della provincia italiana e nonostante la connotazione geografica nel romanzo sia così netta, ciò che il testo racconta delle dinamiche personali fra questi giovani è talmente preciso, che l’autrice riesce a trasformare quella provincia in un luogo universale.

Vanessa, per esempio, da quando la sua migliore amica Elena è stata uccisa, non riesce più a sopportare la sua vita perfetta, il suo fidanzato che è il più ricco e il più gentile del paese, le regole imposte dalle famiglie di entrambi, la coppia eterosessuale in cui capisce per la prima volta di non essere felice.

Vera è sua cugina, vivono nella stessa palazzina, dove sta anche la nonna, Stella, che è stata infelice con suo marito, perché non ha mai potuto fare altro che sopportare ciò che lui le imponeva, ma che non riesce a comprendere le ragioni della nipote, perché voglia lasciare Gianmarco se è vero che lui la tratta bene. Stella non conosce alcuna alternativa alla vita matrimoniale e nonostante questa idea possa essere tipica di una persona d’altri tempi, Urciuolo mostra che ancora nella vita di questi personaggi così giovani a dominare le scelte, a scatenare la rabbia, l’infelicità, le bugie, è ciò che la sociologia definisce in termini di rapporti di potere fra i sessi.

Attraverso una capacità evidente di mettere in scena le vite dei suoi protagonisti – Urciuolo è una sceneggiatrice – leggendo risulta evidente che le azioni di queste ragazze e ragazzi sono determinate dalle malattie della società. In primo luogo, il femminicidio: Enrico ha ucciso Elena perché ha considerato che quella ragazza bellissima fosse una sua proprietà e che come tale non potesse esistere oltre lui, lasciandolo. Vera perde tutta la sua sicurezza, la sua autostima innamorandosi di Christian, che la desidera, ma che non vuole lasciare la sua fidanzata Teresa: è lei che lo aiuta a casa quando la madre depressa non si vuole alzare dal letto, che riesce a far parlare suo fratello e suo padre nelle cene insieme, altrimenti mute. Teresa percepisce che il suo ragazzo cerca altrove l’emozione e il desiderio, ma sceglie di negarlo e accetta di vivere una vita di dissimulazione a diciotto anni.

Diana, poi, trascorre la sua adolescenza all’ombra della macchia che le ricopre la coscia e parte del gluteo: l’unico modo che troverà per liberarsi dal complesso del suo difetto sarà di esporsi sui social, per ottenere l’apprezzamento di uomini sconosciuti, molto più grandi di lei, con cui avrà incontri sessuali potenzialmente pericolosissimi.

Nella narrazione di queste vicende, l’autrice sceglie di non esistere né attraverso delle connotazioni di stile, né con delle considerazioni: non c’è un momento in cui il punto di vista non sia solo quello dell’osservazione, come l’occhio di una telecamera. Per questo, all’inizio del romanzo la sensazione dominante è quella dell’aridità. Poi, quei personaggi e quelle personagge iniziano ad agire come il vicino di casa, come l’amica dei tempi del liceo, come avremmo fatto noi stesse e ci accorgiamo che in loro si riflettono tutte le difficoltà, tutte le gabbie di una società fondata sui valori piccolo borghesi, della coppia e di quella che il grande sociologo francese Pierre Bourdieu definì «la domination masculine».