Alla scoperta delle Alpi

È un omaggio alle montagne svizzere il libro «The Alps» di Stephen O’Shea, giornalista e scrittore di origine canadese
/ 22.05.2017
di Stefania Prandi

«Se non sei svizzero non puoi capire. Noi svizzeri non potremmo vivere senza le nostre montagne». Così si sente rispondere Stephen O’Shea, all’inizio del suo viaggio tra le Alpi, mentre osserva le vette da lontano, con un misto di ammirazione, curiosità e terrore, e chiede a un’abitante del posto se l’imponenza delle montagne non la stanchi mai. Lo scrittore e giornalista di origine canadese ha appena pubblicato The Alps, A Human History from Hannibal to Heidi and Beyond (Le Alpi, una storia umana da Annibale a Heidi e oltre), un lungo reportage, per ora solo in inglese, sulla storia, la cultura, la geografia e l’amore degli abitanti per le montagne tra le più belle del mondo.

Partendo da Ginevra a bordo di un’auto a noleggio, O’Shea ci accompagna alla scoperta delle Alpi della Svizzera francese, per passare in Francia, ai piede del Monte Bianco, con tappa in Italia, e tornare quindi in Svizzera, nel canton Ticino e in quelli tedeschi. Ci ricorda, nel suo percorso tra paesi patrimonio dell’Unesco, valli, cime, laghi, stradine impervie, rösti, birra e frotte di turisti provenienti da ogni parte del mondo, il ruolo che le Alpi hanno avuto nella letteratura, nel cinema, nella filosofia. Fu sul lago di Ginevra che nel 1816 la diciannovenne Mary Shelley ebbe l’idea per Frankenstein, o Il moderno Prometeo. Si trovava a Villa Diodati, con il futuro marito Percy Bysshe Shelley e l’amico scrittore Lord Byron, costretti a stare in casa a causa del maltempo, conseguenza dell’esplosione del vulcano indonesiano Tambora (raccontata anche nel recente Into The Inferno di Werner Herzog),  trascorrevano le serate raccontandosi storie di fantasmi e mostri. Poco distante, a Clarens, vicino a Vevey, è stata invece ambientata Giulia o La nuova Eloisa, dello scrittore e filosofo Jean-Jacques Rousseau, tra i primi a proporre l’immagine idilliaca e romantica della Svizzera, capace di attrarre i primi turisti dell’epoca, nobili e intellettuali. E a Montreux visse per diversi anni il cantante Freddie Mercury, che lì incise il suo ultimo album, Made in Heaven

Le Alpi, ricorda O’Shea, sono state narrate dallo scrittore Mark Twain nel libro di viaggio Un vagabondo all’estero. Tra le mete il famoso hotel Rigi Kulm, sulla cima del Rigi, «la regina delle montagne», dove il romanziere americano alloggiò. Furono fonte di ispirazione, anche se in maniera diversa, per il filosofo Friedrich Nietzsche che soggiornò sulle rive del lago di Silvaplana. 

«Ho deciso di dedicare un libro alle Alpi perché ho vissuto in Francia per vent’anni e spesso sono passato attraverso queste montagne sorprendenti. Mi hanno sempre affascinato. Come scrittore, sono attratto dai confini, presenti e passati. Le Alpi sono una fonte di confini linguistici, culturali, religiosi, culinari. Cambi paesi, arte e architettura, vai dalla tradizione latina a quella tedesca. Le Alpi sono un zigzagare tra i confini umani invisibili», spiega ad Azione O’Shea. «Penso alla Svizzera, alle culture che la abitano, così diverse tra loro in apparenza, ma capaci di formare un’identità nazionale basata sull’amore per queste montagne. In passato le Alpi erano ostili, separavano, si pensava fossero abitate dai dragoni, ma poi dal diciannovesimo secolo, con la costruzione dei tunnel, delle strade, delle meravigliose opere ingegneristiche, la situazione ha cominciato a cambiare e ha portato la Svizzera a diventare una nazione prospera e ricca». 

Scorrendo le pagine si incontrano i riferimenti ricorrenti alle tante bellezze naturali come, ovviamente, il Monte Bianco, e un dettagliato resoconto di una visita al ghiacciaio dell’Aletsch. La distesa di ghiaccio, lunga 23 Km, con una profondità che raggiunge i 900 metri, è patrimonio dell’Unesco ed è affollata di escursionisti provenienti da tutto il mondo. A restare nella memoria dello scrittore non solo la maestosità del paesaggio, e i segni del cambiamento climatico, ma anche la funivia che collega alla strada, che terrorizza per l’altezza. Un leitmotiv, l’amore-odio per le grandi altezze alle quali costringono le Alpi, che ritorna varie volte nel corso della narrazione. 

Non manca, inoltre, una parte dedicata al Ticino. «Ci sono così tante cose che amo del Ticino che è difficile elencarle», spiega O’Shea. «La città di Bellinzona, ad esempio, è stata una rivelazione. Avevo visitato in precedenza Lugano e Locarno, per il festival, e non ero a conoscenza della bellezza singolare di Bellinzona, delle mura curate, delle merlature, un testamento del tempo in cui questo era un luogo turbolento, teatro della lotta tra svizzeri e lombardi. Un altro aspetto strabiliante del territorio ticinese sono i segni visibili della Linea Insubrica, la striscia tettonica che segna il confine sotterraneo tra le placche continentali di Europa e Africa. Questa collisione ha dato origine alle Alpi. Nella valle Morobbia, in un canale appena a sud del paese di Pianezzo, si vede bene il cataclisma geologico, con i due lati definiti. Un luogo speciale: il Ticino ospita la lezione di un passato incomprensibilmente distante».