Dove e quando
Paesaggi a confronto. Arte, natura e società in Svizzera 1850-1920. Museo Villa dei Cedri, Bellinzona. Fino al 16 gennaio 2022. Orari: mercoledì – giovedì 14.00-18.00; venerdì – domenica e festivi 10.00-18.00; lunedì e martedì chiuso. www.villacedri.ch

L’incanto del paesaggio. Disegno, arte, tecnologia. Naturalisti, geografi, storici dell’arte nel Ticino del passato prossimo. Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, Rancate. Fino al 25 aprile 2022. Orari: da martedì a venerdì 9.00-12.00/14.00-18.00; sabato, domenica e festivi 10.00-12.00/14.00-18.00; chiuso il lunedì. www.ti.ch/zuest


Alla scoperta del paesaggio svizzero

Bellinzona e Rancate celebrano il legame tra uomo e territorio
/ 20.12.2021
di Alessia Brughera

Da sempre la rappresentazione del paesaggio è lo sguardo che l’uomo pone sul creato, è l’espressione del suo desiderio di comprendere il mistero dell’esistenza attraverso l’osservazione e la contemplazione del mondo.

Con la sua natura suggestiva la Svizzera ha regalato a tanti pittori panorami unici da ritrarre con il loro pennello, diventando così un soggetto capace di suggerire all’arte nuovi spunti e visioni e di rispecchiare i mutamenti e gli sviluppi della civiltà.

Lo testimonia bene la mostra allestita nelle sale del Museo Villa dei Cedri a Bellinzona, vero e proprio omaggio alla pittura paesaggistica elvetica racchiusa tra gli estremi temporali della metà del XIX secolo e del primo conflitto mondiale. Un periodo particolare, questo, contraddistinto dall’intensificarsi dei processi di industrializzazione e di urbanizzazione nonché dall’espansione della mobilità e del turismo, che inevitabilmente modificano in maniera profonda l’ambiente.

Non è però soltanto il paesaggio a trasformarsi, cambia altresì la percezione che di esso ha l’artista: lo sguardo sulla natura si fa più obiettivo e autentico, accompagnato da tecniche e mezzi espressivi nati da ricerche formali innovative, anche grazie alle preziose conquiste nell’ambito della fotografia.

La transizione dalle ultime propaggini del Romanticismo alla nascita dell’arte moderna viene ben documentata nella rassegna bellinzonese con una nutrita selezione di paesaggi di autori svizzeri, molti dei quali hanno amalgamato gli stimoli provenienti dai più rilevanti centri artistici dell’epoca, come Parigi, Monaco o Milano, con i caratteri propri della pittura elvetica, sollecitati dalla proficua rete di scambi e amicizie che hanno saputo intessere tra loro.

Ecco allora le solenni vedute ottocentesche dei ginevrini François Diday e Alexandre Calame, due figure molto abili nel trasmettere l’immagine di una natura dominata dalla montagna, rimarcando il tratto distintivo del territorio svizzero e temprando così l’identità del neonato Stato federale.

Nondimeno l’interesse non è rivolto solo ai panorami montani. Il basilese Hans Sandreuter, ad esempio, è presente in mostra con il bel dipinto Im Kaltbrunnental, del 1880, che immortala con un taglio già piuttosto moderno un lussureggiante scorcio di vegetazione boschiva.

Dal cupo e visionario Ruine am Meer di Arnold Böcklin si passa alle opere di Barthélemy Menn, artista di Ginevra a cui si deve l’introduzione nel nostro Paese della pittura en plein air vicina alle modalità di rappresentazione della natura diffusa dal francese Camille Corot e dalla scuola di Barbizon.

I dipinti di Ferdinand Hodler, poi, maestro che più di ogni altro rinnova la pittura paesaggistica elvetica in termini di composizione e di colore, ci catapultano in piena modernità. Con lui ci sono anche Eduard Boss, Hans Emmenegger, Cuno Amiet e Giovanni Giacometti, audaci sperimentatori, con un occhio sempre rivolto all’estetica delle avanguardie europee, in grado di rivoluzionare la raffigurazione di questo genere artistico con un linguaggio che si colloca tra i più interessanti esiti dell’epoca a livello internazionale.

Ancora al paesaggio tra metà Ottocento e metà Novecento è dedicata la mostra realizzata alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate, rassegna che se da una parte restringe il campo di indagine al territorio ticinese, dall’altra ne dilata la prospettiva di studio. Quella di Rancate è infatti un’esposizione che fa dell’interdisciplinarietà la sua forza, esplorando il paesaggio del nostro cantone non soltanto attraverso il lavoro di tanti artisti che in quel periodo storico lo hanno rappresentato nelle loro opere, ma chiamando a raccolta anche i preziosi risultati dell’attività di naturalisti, geografi, uomini di scienza e storici dell’arte che lo hanno percorso e analizzato con gli strumenti tipici del loro mestiere, scoprendone e descrivendone caratteristiche utili alla sua conoscenza.

Frutto dell’interazione tra la natura propria del luogo e l’attività dell’uomo, il paesaggio è un elemento in evoluzione costante su cui l’individuo continua ad agire modificandolo e attribuendogli precisi significati. A evocare questa delicata relazione che perdura da secoli è stato emblematicamente esposto il menhir rinvenuto di recente a Claro, una stele antropomorfa risalente a circa 4500 anni fa che costituisce la più antica testimonianza di statuaria in Ticino e di conseguenza il primo esempio di rapporto simbolico e culturale tra essere umano e territorio.

A inizio percorso, insieme alle prime elaborazioni cartografiche del nostro cantone sono esposti gli strumenti utilizzati per realizzarle, così come alcuni panorami dei più celebri cartografi e artisti di quel periodo che colpiscono sia per la precisione dei dettagli sia per l’attenzione all’estetica del prodotto finale.

Nel prosieguo della mostra risultano di grande interesse le opere realizzate dall’architetto Hermann Fietz, valido collaboratore di quel Johann Rudolf Rahn che è stato il padre della storiografia artistica elvetica. Proprio a Fietz si devono molti disegni e acquerelli che illustrano con estrema accuratezza chiese, abitazioni, vicoli di villaggi e scorci lacustri, da lui ritratti negli oltre quarant’anni di frequentazione della nostra regione.

Particolarmente ricca di spunti e materiali è poi la sezione naturalistica della rassegna, un racconto sul paesaggio ticinese narrato attraverso il lavoro dei più illustri uomini di scienza del cantone (basti citare su tutti Luigi Lavizzari) che hanno descritto il territorio raccogliendo e catalogando le sue più diverse componenti. Belle ad esempio, le tavole scientifiche sui funghi realizzate da Carlo Benzoni, o, ancora, l’erbario di Alberto Franzoni, politico, avvocato e notaio che ha condotto studi di botanica sulla flora della Svizzera meridionale e che è riuscito a radunare più di undicimila campioni di piante, muschi, licheni e funghi provenienti da tutto il Ticino.

La corposa selezione di dipinti riunita a completamento dell’itinerario offre infine uno sguardo più prettamente artistico sul nostro territorio annoverando molti celebri maestri (alcuni dei quali, come Luigi Rossi, Edoardo Berta e Filippo Franzoni sono presenti anche a Bellinzona) accanto a figure meno note benché molto valenti nel riconsegnare sulla tela le peculiarità del paesaggio ticinese. I soggetti non sono soltanto le vedute lacustri ma anche i panorami alpini e glaciali, i boschi, le selve castanili, i vigneti, le campagne e i contadini: tante diverse facce del variegato ambiente naturale del cantone che questi pittori scoprono e interpretano, ricercando una dimensione artistica identitaria e rafforzando il loro legame con la terra d’origine.