Biglietti in palio

Alexandra Dovgan si esibirà a Lugano i prossimi 29 e 30 ottobre. «Azione» mette in palio alcuni biglietti. Per partecipare al concorso vi invitiamo ad andare su www.azione.ch/concorsi


Alexandra Dovgan, talento e maturità

La giovane pianista russa si esibirà al LAC di Lugano
/ 19.10.2020
di Enrico Parola

È considerata uno dei talenti più prodigiosi comparsi sulla ribalta mondiale del concertismo. Su uno strumento, il pianoforte, che proprio nelle ultime dieci stagioni ha fatto conoscere al pubblico interpreti strepitosi come Daniil Trifonov o Alexander Malofeev.

Eppure Alexandra Dovgan ha spostato ulteriormente l’asticella sia in senso cronologico sia a livello artistico. Perché non si era mai vista un’undicenne suonare in pubblico con una profondità, un senso della poesia e una finezza di tocco come questa ragazzina russa; qualità che sono ben altra cosa rispetto alla perfezione tecnica di tanti giovani rampanti, e che hanno colpito innanzitutto la giuria della «Grand Piano Competition» di Mosca (città dove è nata nel 2007 e dove, a cinque anni, è stata ammessa al Conservatorio Centrale), che nel 2018, quando appunto Alexandra aveva undici anni, le assegnò il primo premio.

Le sue performance fecero il giro del mondo musicale e catalizzarono immediatamente le attenzioni di alcuni grandi artisti. Innanzitutto di un pianista straordinario quale è Valery Sokolov, oltre, ancora, all’altro Valery, Gergiev, che l’ha chiamata più volte al Mariinskij e l’ha portata in varie tournée. Prima dei suoi recital, Sokolov per un paio di stagioni l’ha fatta esibire (all’inizio quasi imponendola a teatri e istituzioni concertistiche, poi, quando gli echi del suo talento hanno iniziato a rintoccare nel mondo musicale classico, erano gli stessi imprenditori a sincerarsi che accanto al grande maestro ci fosse il giovanissimo prodigio) per venti, trenta minuti. E Gergiev aveva stupito tutti quando, prima di concertare Iolanda di Ciajkovskij a Berlino, aveva imposto come «preludio pianistico» proprio una breve recital della Dovgan.

Inutile dire che anche nella capitale della musica tedesca la pianista abbia riscosso applausi entusiastici. Lei, davanti a tutto ciò e guardando non solo alla luminosa carriera che l’attende ma a quanto fatto finora, non si scompone. Non è però freddezza moscovita, ma esperienza: «Quando chiesi di essere ammessa così piccola al Conservatorio della mia città, dovetti sostenere un esame molto difficile: mi controllarono le mani, misero alla prova il mio senso del ritmo e l’intonazione, mi fecero riconoscere delle note. Erano in quindici in giuria, ma la persona che più mi aveva messo in soggezione era la segretaria, volto e modi severissimi».

Sorride ripensando a quei momenti, così come agli albori del suo contatto con la musica: «Neanche me li ricordo perché ero troppo piccola, ma me li ha svelati papà: c’erano sere in cui non riuscivo a dormire e per calmarmi e farmi addormentare mi facevano sentire le Variazioni Goldberg di Bach interpretate da Glenn Gould». Che è oggi uno dei suoi miti di riferimento, assieme a Sokolov e Sviatoslav Richter. «Ma un mio idolo è anche Maya Plisetskaya, una ballerina; ho la sbarra in casa, appena posso mi esercito». Ora ha anche un bel pianoforte a coda, diverso da quello su cui iniziò a muovere le dita: «Leggevo Yamaha e mi inorgoglivo che avessimo uno strumento di una marca così famosa; poi una volta guardai meglio e mi accorsi che era un adesivo, in realtà era un Rönisch».

Tra Sokolov e Gould, quando deve affrontare un brano non sceglie nessuno: «Non ascolto registrazioni, non voglio farmi influenzare, voglio suonare come capisco e sento». Chissà come sentirà il Concerto K 488 di Mozart, in cui sarà solista a fine ottobre con l’Orchestra della Svizzera Italiana diretta da François Leleux. A Lugano aveva già regalato un breve cammeo lo scorso anno, quando Etienne Reymond la invitò per un recital che impreziosisse il lancio della nuova stagione di Lugano Musica. Stavolta però gli appassionati luganesi potranno finalmente ammirare Dovgan nel concerto, probabilmente assieme al K 466, più amato ed eseguito tra tutti i 27 di Mozart. Una pagina luminosa, guizzante di vita e di ritmo nel primo e nel terzo movimento, ma capace nel tempo lento di schiudere un’oasi di nostalgica, profondissima riflessione. Quasi una sorta di ritratto in note di Dovgan, teenager vitalissima e allo stesso tempo musicista dalla maturità sbalorditiva.

Vibrante di luce e di energia è anche la quarta sinfonia Italiana di Mendelssohn, il cui titolo si rifà programmaticamente alle impressioni che il compositore amburghese ricevette dal suo viaggio in Italia (viaggio che per gli artisti europei rappresentava un percorso di formazione quasi obbligato: si pensi a Goethe, ma ancora, cinquant’anni dopo, a Ciajkovskij).

Eppure il Saltarello finale ricorda come anche le espressioni folcloristiche e popolari (qui una danza del Sud) colpissero i nordici che visitavano le ragioni meridionali. E un omaggio all’Italia musicale meno nota, quella sinfonica, è la deliziosa Piccola musica notturna di Dallapiccola che apre il programma.