Dove e quando

Per prenotare la visita alla Cappella Brancacci andate qui direttamente sul sito del Comune di Firenze.

 

 


Affreschi mai così vicini

Il restauro de La Cappella Brancacci è l’occasione per una visita inedita
/ 27.03.2023
di Blanche Greco

Un «tazebao», un manifesto e allo stesso tempo un racconto per immagini che cela le ambizioni e la storia di una famiglia, ma anche un album dei maggiori pittori del 1400, questo è il meraviglioso ciclo di affreschi della Cappella Brancacci che adesso si può vedere da vicino nella Basilica di Santa Maria del Carmine a Firenze grazie al ponteggio realizzato per permetterne il restauro e lo studio, che, per la prima volta mette anche i visitatori faccia a faccia con i personaggi e le scene dipinte nella prima metà del Quattrocento. Famiglia di ricchi mercanti della seta, esponenti di spicco della politica cittadina, i Brancacci al culmine del loro prestigio decidono di far decorare la cappella che possiedono in questa importante chiesa sin dalla fine del Trecento, con un ciclo di affreschi sulla vita di San Pietro, protettore della famiglia che come usava all’epoca, avrebbe fatto capolino nelle varie scene con i suoi membri più in vista ed i propri sodali immortalati ad imperitura memoria. Il destino invece decise altrimenti e la Cappella Brancacci sarebbe presto divenuta famosa soprattutto come prezioso scrigno di capolavori grazie agli artisti che vi lavorarono: da Masolino da Panicale, all’epoca pittore quarantenne conosciuto e affermato, al giovane Masaccio che collaborava con lui alla decorazione degli affreschi in un’alternanza dove le diversità di entrambi si fondono mirabilmente.

Oggi, a piccoli gruppi si sale a circa tre metri di altezza, sui ponteggi posizionati come nel 1423 in modo che i due pittori potessero lavorare alle varie scene senza ostacolarsi, realizzandole «a scacchiera» (è necessario prenotare la visita sul sito www.bigliettimusei.comune.fi.it). I personaggi affrescati visti così da vicino sbalordiscono per la bellezza dei volti, la precisione, l’accuratezza dei tratti e la quantità dei dettagli. Si tratta spesso di persone all’epoca molto conosciute e si ipotizza che su quelle impalcature ci fosse un gran via vai di gente, e non solo per curiosità artistiche, visto che i Brancacci in quegli affreschi volevano ribadire anche le proprie scelte politiche filo pontificie e favorevoli all’introduzione del «catasto fiorentino», la prima misura di tassazione proporzionale basata sul reddito, osteggiata da molte ricche famiglie di mercanti e banchieri. Così, tra le varie scene della vita di S. Pietro narrate negli affreschi, dipinte da Masaccio c’è l’episodio del Pagamento del tributo, come pure quello della Distribuzione delle elemosine che oltre ad essere mirabili per la plasticità delle figure, l’uso del colore e delle invenzioni prospettiche, ribadivano la necessità civile, come pure morale e religiosa di pagare le tasse per il bene della comunità. Il catasto infine viene creato, ma i tumultuosi eventi politici fiorentini di quegli anni e i contrasti dei Brancacci con il potente Cosimo de’ Medici, causano l’esilio della famiglia e il ciclo di affreschi della Cappella resta incompiuto: Masolino è in Ungheria al seguito di un’ambasceria fiorentina, mentre il ventiseienne Masaccio muore misteriosamente nel 1428 durante un viaggio a Roma. Il destino dell’opera pare senza speranza quando i Brancacci, banditi a vita da Firenze, scompaiono anche dagli affreschi, infatti i carmelitani della Chiesa del Carmine ne fanno cancellare i ritratti dalla Cappella. L’oblio dura cinquant’anni, poi la famiglia Brancacci viene riammessa in città e la Cappella, che nel frattempo ha cambiato nome, viene affidata a Filippino Lippi, pittore di grande reputazione oltre ad essere figlio di Filippo, primo allievo di Masaccio. Chi meglio di lui può completare il ciclo di affreschi?

Il risultato è tale che, come scrive il Vasari settant’anni dopo nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti, la cappella divenne «la scuola di tutti frequentata da infiniti disegnatori e maestri» e oggi con le più moderne tecniche di restauro si cerca di saperne di più su come lavorarono i tre pittori, sulle loro tavolozze e i loro metodi, tentando anche di individuare meglio l’ampiezza dell’opera di ognuno di loro. Ma intanto i ponteggi necessari a questa indagine finanziata per gran parte dalla Fondazione statunitense Friends of Florence con la Jay Pritzker Foundation, ci permettono di ammirare ad occhio nudo veri capolavori come la famosa scena della Tentazione di Adamo ed Eva di Masolino, dalle figure armoniose e delicate nella loro sensuale nudità, alle quali, in un verde giardino, si affianca il serpente, idealizzato e raffigurato con una piccola testa umana, che osserva Eva mentre addenta il frutto proibito. Questo affresco è all’inizio del ciclo pittorico della Cappella e gli fa da contraltare sul pilastro opposto La cacciata dal Paradiso dipinta da Masaccio, intrisa di realismo con Adamo ed Eva che fuggono dal giardino dell’Eden sotto un cielo in tempesta, le sembianze sconvolte dalla paura e dalla vergogna sia fisicamente che psicologicamente, mentre un angelo con la spada sguainata li sovrasta.

Negli affreschi della Cappella Brancacci c’è soprattutto l’eredità artistica di Masaccio, il suo talento e l’impronta rivoluzionaria del suo stile che fu l’inizio del Rinascimento. Non per niente tra le scene più famose del ciclo pittorico c’è anche quella del Battesimo dei neofiti dove un gruppo di giovani sulla riva del fiume viene battezzato da Pietro e, a parte la perfetta anatomia dei corpi, ognuno di loro è rappresentato in un momento diverso del battesimo come se la scena fosse una sequenza cinematografica ante litteram.