L’inaugurazione vera e propria ci sarà solo il prossimo ottobre, ma la città di Losanna e tutto il Canton Vaud hanno già festeggiato l’apertura ufficiale del nuovo Musée Cantonal des Beaux Arts (MCBA) con una «Cérémonie de remise des clés» protrattasi per un intero weekend e che ha visto l’affluenza di quasi 30mila visitatori. Addetti ai lavori, giornalisti, artisti, mecenati e semplici curiosi hanno potuto prendere visione di un edificio imponente e ancora spoglio, in attesa di ospitare le 10mila opere (chacune son tour, naturalmente!) della sua ricca collezione e le prossime mostre temporanee, che già si annunciano di respiro internazionale.
A due passi dalla stazione ferroviaria, in un’area che un tempo ospitava una grande officina delle FFS, il MCBA è il primo tassello di un centro, denominato «Plateforme 10», che si completerà con altri due edifici destinati a ospitare il Musée de l’Elysée (rinomata istituzione dedicata esclusivamente alla fotografia, oggi situato in una magnifica villa tardo ottocentesca nei pressi del Museo Olimpico) e il MUDAC, museo del design e delle arti applicate contemporanee, che ancora per un paio d’anni avrà la sua sede nella salita che porta alla Cattedrale losannese. Il nuovo MCBA potrà vantare la sala espositiva più estesa della Svizzera (oltre 700 mq senza alcuna colonna portante a ostruire la visione dei visitatori) e si deve all’esuberante creatività dello Studio Barozzi/Veiga, di stanza a Barcellona ma che sembra particolarmente gradito ai committenti confederati: nel nostro Paese ha già realizzato il nuovo Museo di Coira e la Tanzhaus di Zurigo.
La coppia di architetti ha voluto conservare un’atmosfera industriale: l’edificio, all’esterno, si presenta infatti con le fattezze di una fabbrica: un parallelepipedo da quasi 30mila metri quadri con poche finestre e una serie di severe lamelle che sporgono dal corpo principale. «Volevamo preservare lo spirito industriale del sedime – spiega Barozzi – sottolineando una topografia orizzontale in una città che viceversa, in quanto pendenze, non è seconda a nessuno».
Visto dall’esterno, può nascere qualche dubbio riguardo a questo imponente edificio grigio; dubbi che tuttavia svaniscono appena ne si varca la soglia: la grande hall con una vetrata che offre una vista imperdibile sulla città è solo un significativo biglietto da visita di questo gioiello dove si applicano le più sofisticate tecnologie del XXI secolo; a partire dalle fonti di luce, essenziali per un museo. «Una luce zenitale e omogenea – spiega ancora Barozzi – che penetra delicatamente dagli abbaini a falde inclinate, anch’esse retaggio dell’architettura industriale». E dove non arriva quella naturale, ecco quella modulabile delle lampade LED, capaci – secondo Barozzi – di cogliere «il colore della luce». Accanto a un auditorio da 300 posti (aperto a ogni iniziativa culturale), non mancano poi spazi dedicati alla collezione e al suo restauro e per atelier dedicati alla ricerca scientifica.
Infine, per chi come il vostro cronista già nutre un po’ di nostalgia per il vecchio Musée de l’Elysée, ecco qualche cifra per superare le chagrin: il tempio vodese delle fotografia trasferito nella futura Plateforme 10 raddoppierà la sua superficie d’esposizione, vedrà notevolmente ampliarsi la sua salle d’accueil (libreria, boutique e caffetteria) e soprattutto potrà finalmente avere uno spazio per proporre le meraviglie della sua collezione.