A caccia di cattivi

World’s most wanted ci racconta la storia di cinque imprendibili latitanti e degli sforzi compiuti per catturarli
/ 17.08.2020
di Nicola Mazzi

Sono tra le cinque persone più ricercate al mondo. Anzi quattro, perché in maggio uno di loro è stato finalmente arrestato. Sulle loro teste c’è una taglia di 5 milioni di dollari e solo pronunciare il loro nome fa venire i brividi e quindi lo scriviamo: Ismael «El Mayo» Zambada Garcia, Félicien Kabuga, Samantha Lewthwaite, Semion Mogilevich e Matteo Messina Denaro.

Su di loro Netflix ha realizzato una docu-serie in cinque puntate (ognuna dedicata a un ricercato e di circa 45 minuti), intitolata World’s Most Wanted, che è appena stata messa online. Un documento importante, interessante e che scava nella vita di questi criminali.

Sono cinque documentari diversi ma hanno un paio di caratteristiche comuni: una stilistica e un’altra sostanziale. La prima è legata alla forma: infatti tutti iniziano con immagini girate da un drone, dall’alto, del luogo in cui è nato il ricercato: il Ruanda, il Messico, l’Italia, Londra e Praga. Un modo per compattare anche graficamente la serie e soprattutto per accomunare le varie realtà. Sembra quasi che il messaggio che ne esca sia: ogni luogo della terra può essere fertile per le attività criminali più efferate. La seconda caratteristica è il punto di vista. I cinque sono ovviamente i cattivi, i criminali. Ma i buoni chi sono? Non ci si mette molto a comprenderlo perché sono quelli che li cercano. O meglio, alcuni di coloro che li stanno cercando e cioè l’FBI e la CIA. Un punto di vista «americacentrico» che emerge in modo importante in alcuni episodi più che in altri: soprattutto quando si parla di Russia e Messico.

Precisati questi aspetti (non di poca importanza) i documentari sono davvero intriganti. A partire da quello dedicato a El Mayo, il boss del cartello di trafficanti di Sinaloa, colui che controlla la droga di mezzo mondo e continua a farlo malgrado abbiano arrestato il figlio e il compare El Chapo. Impressionante anche la figura del ruandese Félicien Kabuga, che a un certo punto aveva cercato asilo anche in Svizzera. E come dimenticare la vedova bianca Samantha Lewthwaite? Un’anonima ragazzina inglese che è diventata una dei capi del gruppo terroristico Al-Shabaab.

E la mafia russa? Non manca ed è rappresentata dallo spietato boss Semion Mogilevich, uno che ha usato le mani e la testa per uccidere migliaia di persone e che addirittura fu arrestato nel 2008 per poi essere rilasciato senza processo. Ora vive in una comoda villa russa, vicino ad alti esponenti politici. E infine, quello più vicino a noi: l’ultimo boss di Cosa Nostra ancora libero, Matteo Messina Denaro: uno cresciuto sotto l’ala protettiva di Toto Riina; uno di cui non si ha una foto da trent’anni.