Tutto incomincia nel 1975, quando Elena e Felix Buchmann decidono di aprire nella città di San Gallo uno spazio dedicato all’arte, distinguendosi fin da subito per le loro proposte d’avanguardia. La galleria, che si trasferisce nel 1983 a Basilea e nel 1998 nel nostro Cantone (e che dal 1995 ha una sede anche in Germania gestita dal figlio della coppia), diventa con gli anni un importante punto di riferimento nel mondo dell’arte, coinvolgendone alcune delle personalità più di spicco, spesso cresciute proprio con la storia stessa dello spazio espositivo.
Ripercorriamo i momenti salienti della galleria conversando con Elena Buchmann, figura preziosa e sensibile nel panorama artistico contemporaneo, che, dopo la prematura scomparsa del marito nel 2008, continua con dedizione l’attività di gallerista attraverso mostre e progetti nati sempre da un profondo dialogo con gli artisti.
Torniamo per un attimo a quarantacinque anni fa, a San Gallo. Cosa ha spinto lei e suo marito ad aprire una galleria?
Felix e io eravamo grandi appassionati d’arte. Al piano terra della casa d’epoca dove mio marito aveva un’agenzia di pubblicità e marketing si sono liberati alcuni locali che abbiamo deciso di affittare per esporre le opere degli autori che ci piacevano. Il nostro primo artista è stato lo svizzero Matias Spescha, che nel 1981, insieme a Dieter Roth, abbiamo anche portato alla Fiera di Basilea. In quegli anni avevamo infatti una predilezione per pittori e scultori elvetici ma eravamo altresì già molto attenti a quello che accadeva a livello europeo. Avevamo contatti con Paladino, ad esempio, e con Mario Merz, che tra l’altro veniva spesso a lavorare nel Domleschg, negli spazi dei castelli che avevamo messo a disposizione dei nostri artisti.
Seguendo le vicende della galleria arrivano poi gli anni basilesi...
Proprio con una rassegna di Merz abbiamo aperto nel 1983 la sede espositiva di Basilea, in un magnifico spazio di fianco al museo d’arte contemporanea, accanto al Reno. Qui abbiamo coltivato e approfondito il rapporto con tanti artisti internazionali. Sono stati anni molto soddisfacenti anche perché Basilea era una città particolarmente vivace. La gente era curiosa e amava venire a visitare le nostre mostre.
Nel 1998, giunti in Canton Ticino, aprite un nuovo spazio espositivo nella splendida cornice della Collina d’Oro. Cosa vi ha portato qui?
Anche se i miei genitori vivevano a Lugano io non conoscevo molto bene il Ticino. Per noi era un territorio tutto da scoprire. Per caso abbiamo visto un’abitazione in vendita ad Agra e abbiamo deciso di acquistarla poiché aveva un ampio giardino dove avremmo potuto presentare sculture di grandi dimensioni. A Basilea, infatti, questo non era possibile. Ad Agra siamo riusciti addirittura a esporre un lavoro di Jannis Kounellis con il fuoco. Oltretutto, avvicinandoci all’Italia, abbiamo potuto approfondire i rapporti artistici con questo paese.
Oggi è lo spazio presente dal 2013 nel centro di Lugano a rappresentare il fulcro della sua attività...
Prima della chiusura della sede di Agra, quella di Lugano era stata concepita per essere una sorta di luogo di meditazione sull’arte. Qui presentavo soltanto un’opera alla volta così da concentrare su di essa tutta l’attenzione del visitatore. Era un modo per creare un dialogo ancor più stretto con l’autore. Oggi in questo spazio nel cuore della città di Lugano, proprio accanto a Palazzo Reali, allestisco mostre con più lavori di uno stesso artista.
Per lei è sempre stato molto importante il dialogo con i suoi artisti, vero?
Per me il dialogo con gli artisti è fondamentale. Cerco sempre di instaurare con loro un rapporto fecondo fatto di stimoli, di suggerimenti e di continui scambi di opinione. Nel 2008, ad esempio, ho motivato Tony Cragg a realizzare opere d’arte in vetro a Murano: promuovendo questa idea si è concretizzata la mostra organizzata a Ca’ Pesaro a Venezia. Più di recente, per l’esposizione attualmente allestita nello spazio Buchmann di Lugano, mi sono confrontata con Alex Dorici esortandolo a presentare alcuni lavori che ne rivelano un aspetto sconosciuto, un inedito approdo al figurativismo lontano dalle geometrie che siamo abituati ad accostare all’artista.
Parliamo di Art Basel, la fiera d’arte più importante al mondo. Nel 2021 lei festeggerà un altro anniversario, i quarant’anni di presenza consecutiva a questo evento, che tra l’altro attua una selezione molto accurata dei partecipanti. Come riesce con la sua galleria a mantenere sempre un livello qualitativo così alto?
Non è facile essere sempre all’altezza. Ogni anno le diverse commissioni di Art Basel vanno personalmente a visitare le gallerie che vorrebbero partecipare al fine di valutarne il livello. Mio marito tra l’altro faceva parte negli anni Novanta del comitato della fiera e si era adoperato molto per sollecitare una sua apertura verso le sculture di grandi dimensioni. Credo che per una galleria, in parallelo alla propria attività espositiva, sia molto importante lavorare con istituzioni museali a progetti di ampia portata. Da anni collaboro con i musei d’arte di San Gallo e di Coira, con il MASI, con il Museo Vela di Ligornetto, con la Fondazione Ghisla di Locarno, con il Kirchner Museum di Davos e con il Cabinet des dessin del Musée d’art et d’histoire di Ginevra, solo per citarne alcuni, e penso che questo sia sempre stato molto apprezzato.
Quali sono i suoi progetti per il futuro, anche in considerazione di questi tempi non facili?
Mi piace lasciarmi sorprendere dal momento. Molti dei miei progetti sono nati proprio dall’ispirazione che mi hanno regalato le circostanze, come ad esempio la rassegna Lugano mostra Bandiera realizzata nel 2015 sul lungolago cittadino per l’apertura del LAC o l’esposizione 14 Artisti Via Crucis – Madonna d’Ongero – Carona nel 2018. Questo periodo, in particolare, ci ha condotti verso un’esperienza del tutto nuova. Credo che sia fondamentale essere aperti al cambiamento perché, nonostante le difficoltà, spesso può avere anche risvolti positivi. Quello che mi auguro è che l’arte, come ha sempre fatto, continui a dischiudermi il suo mondo, rendendo la mia vita più intensa.