Un pizzicotto, un bacio galeotto e il mondo che cambia

/ 11.09.2023
di Giancarlo Dionisio

Nel 2013, sul podio del Giro delle Fiandre, Fabian Cancellara si appresta a ricevere quale ricompensa il bacio della Miss. Alle spalle della leggiadra fanciulla, Peter Sagan, secondo classificato, allunga la mano e le palpa la natica destra. Il corridore slovacco era già piuttosto noto per i suoi atteggiamenti «goliardici». Era il 1. di aprile, ma non fu uno scherzo. Fu un attimo di blackout. Peter se ne rese conto. Pubblicò le scuse via social. Jaja Leye le accettò senza farne un dramma e la cosa finì lì, senza gogna mediatica. Anzi, una buona parte dei fans si schierò dalla parte del corridore. «È cosa sarà mai ’sto pizzicotto sul sedere? E poi la biondina, dopo il fattaccio, è diventata famosa in tutto il mondo. Tra ospitate e interviste si starà guadagnando un bel po’ di soldini e le toccherà pure ringraziare Sagan».

Dieci anni più tardi le tv di tutto il globo diffondono le immagini del presidente della Federcalcio spagnola, Luis Rubiales, che in occasione della premiazione della Nazionale femminile iberica, fresca vincitrice della Coppa del Mondo, stampa un bacio appassionato sulla bocca della 33enne calciatrice Jennifer Hermoso. Il gesto è plateale. Non può passare inosservato. I due si conoscono, ma la donna non giustifica, anzi afferma di non aver gradito questo «eccesso di zelo» da parte del dirigente. La calciatrice riceve forti pressioni per ritrattare, onde evitare di veder compromessa la sua carriera ad alti livelli. Sonia Gomez, portavoce di «Confluencia Movimento Feminista» annuncia l’invio di una petizione al Governo spagnolo e alla Federcalcio in cui si chiede «che si prendano misure serie, poiché ci sono numerosi casi di donne molestate dagli allenatori e costrette all’omertà per evitare penalizzazioni».

Anche Rubiales dichiara di aver ricevuto molte pressioni, ma per restare in sella. «Dobbiamo migliorare le nostre libertà, la cosa non è abbastanza grave da farmi rassegnare le dimissioni. C’è un motivo per subire una simile caccia alle streghe? È abbastanza grave per farmi partire? Reputo di no, quindi non mi dimetto».

Ignoro se questo atteggiamento sia figlio di una cultura «machista» ancorata a una Spagna antica, tutta corrida e toreador. Il dissenso comincia però a manifestarsi. I giocatori del Cadice, che milita nella Liga, scendono in campo ostentando uno striscione a sostegno della Hermoso con la scritta: «Siamo tutti Jenni». Dagli spalti si innalzano i cori: «Rubiales dimettiti».

Nonostante il polverone, l’UEFA tace. Guarda caso il dirigente iberico è pure vice-presidente del massimo organo calcistico europeo. In compenso si attiva, con giustificato zelo, la FIFA, il cui presidente, Gianni Infantino, era stato testimone diretto del fattaccio. La sentenza provvisoria comporta tre mesi di sospensione da qualsiasi attività federale. Soprattutto chiama allo scoperto la Federazione spagnola che, a sua volta, dapprima sospende Rubiales, poi ne richiede le dimissioni. La vicenda ha portato alla luce altri fatti inquietanti relativi a festini «hot» con giovani donne durante il picco della pandemia. Ciò nonostante la madre del buon Luis inizia uno sciopero della fame per portare l’attenzione sulle ingiustizie alle quali il figlio sarebbe sottoposto.

Insomma, Peter Sagan è passato al guado, mentre l’ex presidente della Federcalcio spagnola è ancora alle prese con le rapide di un fiume chiamato «Emancipazione». Tra i due fatti c’è un decennio. Fatto di lotte, prese di coscienza, rivendicazioni di parità. Le ragazze del calcio ci stanno mettendo del loro in questo percorso lungo, faticoso, a volte estenuante. Il mondo dello sport, in generale, di strada ne deve invece percorrere ancora parecchia, se a premiare i campioni ci sono ancora delle leggiadre fanciulle dalle forme sinuose nascoste da pochi centimetri di tessuto.

Alcuni anni fa, in Ticino, una signora che collaborava all’organizzazione di riunioni pugilistiche, riuscì per lo meno ad imporre che le ragazze salissero sul «ring» ad annunciare il susseguirsi dei «rounds» indossando jeans lunghi e non gli abituali «shorts» inguinali. Nessuno fece una piega. Ma forse quella donna era solo una visionaria anticipatrice di una sensibilità che deve ancora crescere.