Invecchiare è difficile per tutti; per le donne, di più. Basta sfogliare un po’ di cronaca rosa per rendersene conto: si meravigliano tutti che il nuovo presidente francese Emmanuel Macron possa essersi innamorato (e continui a esserlo) di una «tardona», ma quando è il contrario, ovvero quando è la giovane donna a stare con un uomo più âgé, le parole verso chi è più stagionato diventano improvvisamente meno taglienti. Le donne non devono invecchiare, devono rimanere giovani e scattanti, oppure, se proprio la natura ha fatto il suo corso, ripiegare sulla mestizia, pensare solo alla casa, ai figli e ai nipoti, dire addio alla propria femminilità e guardare con occhi benevoli i coetanei che si fiondano ancora sulla giovinezza.
Ne abbiamo parlato con una scrittrice tutto pepe, Lidia Ravera, autrice del famoso best-seller Porci con le ali, che recentemente ha aperto un blog sul tema, www.ilterzotempo.org e ha dato alle stampe un romanzo, sempre intitolato Il terzo tempo (Bompiani) in cui affronta i temi dell’invecchiare e dell’amore.
A inizio libro lei dice che si è giovani tutti allo stesso modo, mentre si invecchia in maniera diversa. Quanti sono, allora, i modi di invecchiare?
Le varie tipologie le elenco nella pagina stessa: ci sono i negazionisti, quelli che la vecchiaia non esiste e che credono di essere a-mortali, ci sono quelli che invece pensano che la vecchiaia esiste ma solo per gli sfigati, e che se sei carino o carina e ricco o ricca, non invecchierai – e invece non è vero, invecchiamo tutti, gli unici che non invecchiano sono quelli che muoiono giovani, ma nessuno li prende a modello. Ci sono quelli della dissociazione positiva, i vecchi fuori e giovani dentro, come se uno, superati i 60, fosse costretto a non essere più un intero; ci sono quelli che vivono con la testa perennemente voltata indietro, rimpiangendo il passato, i nostalgici; quelli lirici sono sopportabili, tutti gli altri no. La vita è sempre spinta verso il futuro, anche a 90 anni. Se vuoi davvero vivere, muoverti, cambiare, sperimentare, lo sguardo deve essere puntato in avanti.
Come farlo in maniera creativa? Come riempire, per esempio, il tempo che arriva dopo la pensione?
Vivere è di per sé una straordinaria avventura. Chiaramente sono una privilegiata: scrivo da quando ho 12 anni e continuerò a farlo finché non mi arriverà un coccolone di quelli seri. Sono avvantaggiata: la mia passione, che per tutta la vita è stata il mio lavoro, continuo e continuerò a coltivarla. Ma per le persone che svolgono un lavoro nella media, il suggerimento è solo uno: vivere. Se vi piace la vita, non c’è bisogno di avere l’hobby, andare a pescare o fare chissà che cosa, dovete solo continuare a vivere. Leggete, pensate, parlate con gli altri, fate domande, camminate, guardatevi attorno. Il lavoro spesso ruba energie e solo nei ritagli del tempo si riesce ad esercitare l’arte del vivere; a questo punto, liberandosi dagli impegni, ecco che la terza età diventa la più bella, perché l’esperienza aiuta a essere più forti, a decifrare il futuro. Nel passato ci siamo fatti i muscoli e ora finalmente possiamo utilizzare quanto appreso nella palestra della vita.
L’esperienza apre gli occhi e disillude. L’amore, quindi, è ancora possibile?
Sei quello che sei a qualsiasi età. Se sei una persona capace di amare, seduttiva, civettuola, se ti piace molto il sesso, non smetti di farlo, di praticare l’amore, non c’è una scadenza. Una persona che invece non ha mai dato troppo peso alla relazione a due continuerà a pensare poco alle romanticherie. Dopo la terza età c’è la quarta: parliamo di un tempo molto lungo, ognuno può riempirlo nei modi che gli o le risultano più consoni. Se vuoi utilizzare quegli anni per una, due o tre storie di amore, perché no? È tutto molto soggettivo ed individuale. Non tutti gli uomini sono così fragili da sentire la necessità di puntellarsi con una donna giovane: ce ne sono di più maturi, per fortuna. L’amore nel terzo tempo non è un tabù, è qualcosa di meno: un luogo comune. E gli stereotipi vanno impallinati uno per uno.
È più difficile invecchiare per gli uomini o per le donne?
È chiaro che è molto più difficile per le donne che per gli uomini. Tanto per cominciare il corpo delle donne presenta una scadenza intermedia, la menopausa. È il primo momento in cui la donna fa i conti con il terzo tempo; se doveva essere oggetto del desiderio e madre, quando il ciclo mestruale si interrompe una delle due «funzioni» viene a cadere. Ci sono anche stereotipi che riguardano quasi esclusivamente le donne, alle quali viene richiesto di essere belle, in perfetta forma fisica, fresche come delle rose o come delle insalate. Sono costrette ad avere 23 anni per tutta la vita, ma 23 anni ce li hai solo una volta: il tempo corre, una mattina ti svegli e hai 60 anni. Sei un uomo e hai quell’età? Poco male, perché se sei spiritoso, colto, intelligente, non ti lamenti e non parli sempre delle tue malattie, e se sei capace di guardare una donna e farle quattro complimenti in croce, ti porti a cena chi vuoi. Per una donna non vale la stessa cosa: lo sperimento io stessa. Corro tre volte alla settimana, faccio pilates, peso 52 chili e sono alta 1,62, non ho un filo di cellulite, non sono bella ma non lo sono mai stata, sono sempre stata carina e sfiziosa, ho quattro rughe, sono simpatica, colta, indipendente economicamente, ma non ho la fila alla porta. Se fossi uno scrittore maschio, avrei un bel numero di signorine giovani che vorrebbero fidanzarsi con me. Anche perché per gli uomini il fascino è un valore, per le donne no.
Gli stereotipi vanno impallinati prima, probabilmente.
Io ci ho lavorato tutta la vita, e anche quando ero giovane mi ponevo il problema della vecchiaia. Trovo affascinante il fatto che siamo creature a termine, che passiamo di qua e andiamo via, tutti. Se gli altri hanno voglia di scappare e parlar d’altro tutta la vita, facciano pure. Ma chi affronterà meglio quel momento? Quelli che sono scappati o quelli che come me hanno affrontato il mostro? Staremo a vedere.