È una mostra leggera, che fa leva sulla provocazione e sui contrasti, che suscita domande e curiosità, per affrontare il concetto di rischio da una nuova prospettiva, libera da emozioni negative e aperta al dibattito. Risk inSight, allestita fino al prossimo 20 gennaio negli spazi dell’ex asilo Ciani a Lugano, ha il pregio di proporre il rischio a tutto tondo attraverso un approccio scientifico, artistico e sociale. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che si è concentrata la ricercatrice Valérie November, ideatrice dell’esposizione interattiva, presentata per la prima volta nel 2012 al Politecnico federale di Losanna e ora proposta dal Cantone Ticino nell’ambito della Comunità di lavoro Arge Alp.
Un masso sospeso nel vuoto, un tronco sollevato da due strisce di carta, un’affascinante mina navale coperta di veri licheni all’esterno e rivestita come un divanetto all’interno. Le prime sale della mostra catturano subito l’attenzione e proiettano i visitatori nel cuore del tema. Cos’è il rischio? Come viene identificato, percepito e soprattutto gestito? Sul posto ad aiutarci nella ricerca di risposte Laurent Filippini, responsabile dell’Ufficio dei corsi d’acqua del Dipartimento del territorio, che ha curato l’allestimento ticinese assieme a Giosia Bullo della Cancelleria dello Stato. Allestimento comprendente testi in italiano e tedesco e arricchito da una speciale sezione dedicata alla Buzza di Biasca, evento storico che tra il 1513 e il 1515 rivoluzionò la morfologia del fondovalle da Biasca al Lago Maggiore. La catastrofe naturale segnò nella nostra regione, ma anche sul piano europeo, l’inizio della percezione del rischio a livello sociale, come testimonia la rappresentazione iconografica contenuta nel Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. Il fenomeno, fra i più rilevanti delle Alpi, viene oggi riletto con il distacco maturato nei 500 anni trascorsi. L’intero percorso della mostra punta proprio a risvegliare questo sguardo oggettivo, privo di pregiudizi e stereotipi.
«Troppo spesso il rischio è associato a eventi tragici ed emozioni negative», spiega Laurent Filippini. «È un argomento delicato anche dal punto di vista della comunicazione, in particolare per quanto riguarda il settore legato al territorio e ai fenomeni naturali. Per questo motivo la mostra curata da Valérie November, oggi direttrice di ricerca al CNRS (Centre national de la recherche scientifique), è un’occasione molto interessante anche per le scuole alle quali sono destinate in gennaio attività didattiche per allievi dal secondo ciclo di scuola elementare fino alle scuole superiori. La presenza di opere d’arte ispirate al rischio e ai suoi molteplici aspetti, come pure l’accento posto sui risvolti sociali oltre che sulle informazioni scientifiche, sono elementi che permettono di diffondere una cultura del rischio oggi ancora poco conosciuta».
Rischio e catastrofe non sono la stessa cosa, ma il nostro immaginario tende ad associarli in modo automatico. La mostra smonta la possibile confusione fra i due concetti a suon di provocazioni a partire dal sottotitolo che si chiede: «Vivere con il rischio è veramente una catastrofe?». Lungo il percorso, animato anche da installazioni multimediali, il rischio assume sempre più una connotazione ambivalente per finire con un messaggio positivo. Sì, perché conoscere il rischio significa anche poter attuare le misure necessarie per gestirlo, evitando appunto che si trasformi in catastrofe. I casi presentati spaziano dal territorio al settore finanziario, da quello sanitario alla mobilità.
Nei diversi ambiti numerosi dispositivi come mappe dei pericoli naturali, modelli economici, misure di prevenzione e strumenti di rilevazione, permettono di gestire il rischio. Nella vita quotidiana, pur confrontandoci sovente con il rischio anche nelle attività più banali, non ci rendiamo conto di quanto sia importante ed intenso il lavoro di chi vigila sulla nostra sicurezza. La mostra Risk inSight – il titolo richiama sia la conoscenza approfondita del tema, sia la capacità di prevenire il rischio – svela anche questo «dietro le quinte» con un documentario che racconta il lavoro svolto in cinque diverse sale di controllo accomunate dal medesimo obiettivo: la ricerca della sicurezza. Il traffico aereo, la circolazione stradale, le reti di distribuzione dell’elettricità, le previsioni meteorologiche e le catastrofi naturali nel mondo intero sono sotto continua sorveglianza per il bene comune. Ciò richiede una grande organizzazione.
Percezione e gestione del rischio sono quindi due aspetti fondamentali di questo tema che deve fare i conti anche con due reazioni in antitesi: esasperazione e banalizzazione. «Quest’ultimo comportamento – precisa la nostra guida – è ben illustrato da un contributo fornito dall’architettura e presentato attraverso alcuni modellini. Il progetto di un nuovo rifugio sul Monte Bianco, la cui cima si è trasformata in un bramato prodotto di consumo, offre l’occasione di rendere gli alpinisti più consapevoli del gesto dell’ascensione. La capanna è stata spostata più in basso per ridare valore alla vetta e alla sua scalata. L’aspetto spartano dell’edificio e la sua posizione “aggrappata” alla roccia ricordano inoltre la realtà di questo luogo di alta montagna».
Identificare i rischi, abitare con essi, dibattere sul tema, convivere con questo concetto non sono solo i quattro moduli tematici nei quali si articola l’esposizione. Sono le basi di un nuovo approccio sociale e culturale per confrontarsi con questa realtà. Quanto alla definizione del rischio, la mostra ne offre diverse. A dipendenza dell’autore – ingegnere, politologo, sociologo, economista, pompiere, poeta – possono essere più o meno tecniche, più o meno complesse. Ci sembra che questa ben rappresenti lo spirito e lo scopo dell’esposizione: «Un rischio è come un cavallo… Il cavallo può essere domato, ammaestrato, ma nasce sempre brado. Lo stesso vale per il rischio, che deve essere identificato, valutato, compreso o quantificato, ma resta sempre non del tutto prevedibile e dunque, in una certa misura, bardo. Il cavallo, si dice, è la più nobile conquista dell’umanità: e se il rischio fosse il suo sprone?» (Christian Cudré-Mauroux, Police, Canton de Genève).