Viva la bici

Il popolo svizzero ha accettato di dare rilievo costituzionale alla bicicletta. Un fatto storico, ora, però, Cantoni e Comuni devono promuovere le ciclopiste e il Ticino è in ritardo
/ 08.10.2018
di Fabio Dozio

Pedala, pedala, pedala, alla fine la bicicletta ce l’ha fatta: è riconosciuta dalla Costituzione svizzera. Si è inserita all’articolo 88 prescrivendo che «La Confederazione emana principi sulle reti di sentieri, percorsi pedonali e vie ciclabili. Può sostenere e coordinare provvedimenti dei Cantoni e di terzi per la realizzazione e la manutenzione di tali reti, nonché per informare sulle medesime». C’è voluto qualche anno: il primo tentativo di sfondare nella carta la bici lo fece nel 1977, ma il Consiglio degli Stati, allora, bloccò le sue ambizioni. È poi stata lanciata un’iniziativa popolare per far vincere alla bicicletta una gara storica dal profilo politico. L’iniziativa «Per la promozione delle vie ciclabili e dei sentieri e percorsi pedonali» prevedeva che il Consiglio federale fosse obbligato a promuovere le ciclopiste. Il controprogetto, che è stato approvato il 23 settembre, attenua l’obbligo trasformandolo in possibilità.

Il risultato è stato chiaro: 73,6% di favorevoli, nessun Cantone contrario. Il Ticino, con il 75% di sì, ha superato di misura il risultato nazionale. Il Cantone più «filobici» è Vaud, 86%. In Ticino è curioso il risultato di Corippo, dove il 100% dei votanti (quattro!) ha approvato il controprogetto in un comune dove muoversi in bicicletta è praticamente impossibile.

Ora toccherà al Parlamento definire una legge per applicare l’articolo costituzionale. Uno dei punti cruciali cui i politici non potranno sottrarsi è la sicurezza stradale. La mobilità ciclistica è infatti l’unico ambito in cui, dall’anno duemila, il numero dei feriti e dei morti a causa di incidenti è aumentato, mentre il numero degli automobilisti feriti o deceduti si è ridotto del 34%, quello dei ciclisti è cresciuto di oltre il 27%. Le bici elettriche possono avere una parte di responsabilità, perché purtroppo, a volte, ciclisti inesperti non sono in grado di guidare con sicurezza i mezzi che possono raggiungere velocità ragguardevoli.

L’80% degli spostamenti in bus o in tram e il 50% di quelli in automobile non supera i cinque chilometri. Il potenziale di sviluppo della mobilità ciclabile è enorme. Le statistiche rivelano che in Svizzera solo l’8% della popolazione circola regolarmente in bici. In Danimarca il 23% e nei Paesi bassi il 36%. Attualmente le biciclette in circolazione nel nostro Paese sono circa 4 milioni. Nel 2017 ne sono state vendute circa 330mila, il 4,2% in più rispetto all’anno prima. La bici elettrica rappresenta un successo di vendita, il 16,3% in più da un anno all’altro. «Quello che ci vuole è più sicurezza – afferma determinato Rocco Cattaneo, ex ciclista professionista e ora consigliere nazionale – più vie ciclabili sicure e in generale una migliore ed efficace segnaletica. Ci sono ancora troppi incidenti mortali di ciclisti sulle strade». 

Secondo lei che impatto avrà il nuovo articolo costituzionale? «L’impatto non sarà purtroppo miracoloso. – spiega Cattaneo – Per ora, visto il risultato del voto, si constata però che a livello popolare si desidera avere più sicurezza quando ci si muove in bicicletta. E ciò aiuta sicuramente moltissimo a sensibilizzare le nostre autorità. Il fatto che le vie ciclabili ottengono nello stesso articolo costituzionale il medesimo livello di importanza dei percorsi pedonali è storico per la bicicletta. Le viene riconosciuta la giusta dimensione e un grande potenziale di sviluppo come mezzo di trasporto efficiente, salutare, ecologico e come vero motore per il promovimento del turismo. Il compito principale di sviluppare vie ciclabili sicure rimane come finora ai Cantoni e ai Comuni. Con il modificato articolo costituzionale, Berna potrà promuovere, coordinare e incentivare lo sviluppo di vie ciclabili così come lo sta facendo e in modo sussidiario da più decenni con i percorsi pedonali». Marco Vitali, anche lui ex corridore e presidente di Pro Velo Ticino aggiunge: «Sotto l’ombrello della Costituzione possono però essere ad esempio approvate leggi che tutelano maggiormente i ciclisti, ma soprattutto si può mirare a rafforzare le voci di investimento che nella realizzazione delle infrastrutture sono riferite alla mobilità dolce. Per quest’ultima, nei primi due Programmi d’agglomerato erano già stati investiti, per intenderci, oltre 670 milioni».

Il Ticino non è certo all’avanguardia, anzi, è in netto ritardo, anche se fin dal 1988 il concetto di ciclopista è ancorato alla legge. Il presidente di Pro Velo, l’associazione che promuove la diffusione della bici, Marco Vitali, stima un ritardo di una ventina di anni. «La rincorsa del Ticino agli altri cantoni intensamente urbanizzati – spiega Vitali – era stata inizialmente ritardata e frenata da leggi cantonali che, in materia di mobilità ciclabile, conferivano le competenze di intervento soprattutto ai comuni. A questi spesso mancavano le competenze tecniche o la volontà politica: difficile anche pretendere, d’altra parte, investimenti nei casi in cui – e si trattava della maggioranza – i percorsi ciclabili non servivano prioritariamente i centri d’interesse comunali, ma erano di interesse regionale o cantonale. Con le competenze assunte dal Cantone le questioni rimangono ovviamente aperte: sia per l’importante ritardo accumulato nel tempo, sia perché confrontati con comuni come Lugano che negli ultimi vent’anni non hanno fatto i compiti, sia perché i molti progetti infrastrutturali hanno tempistiche di realizzazione che Pro Velo Ticino considera in molti casi inaccettabili».

Offrire nuovi percorsi ciclabili è importante, ma non basta. I tempi di realizzazione a volte sono troppo lunghi. Per esempio la ciclopista sul ponte di Melide, prevista dal Gran Consiglio fin dal 2001, è stata completata nel 2016, malgrado non vi fossero ricorsi contro il progetto. «Il Dipartimento del territorio, – sostiene Vitali – per quanto riguarda i progetti infrastrutturali, si è sicuramente attivato. Il problema è che la bicicletta, quando si tratta di passare alla fase realizzativa, è sempre in fondo alle priorità».

A fine agosto il Municipio di Lugano ha licenziato all’attenzione del Consiglio comunale un messaggio con la richiesta di 6,2 milioni di franchi per le ciclopiste del piano dello Scairolo. Nella regione è in funzione la ciclopista sulla vecchia linea del tram tra Canobbio e Tesserete e nuovi tracciati sono previsti a Bioggio. Un’altra pista è già in funzione sull’altra vecchia linea del tram, quella della Lugano-Dino, che va ancora sistemata nella parte più a valle. Gli ostacoli maggiori per il ciclista sono le strade cantonali e comunali: pavimentazioni sconnesse, spazi ridotti, velocità troppo elevate. Rocco Cattaneo ha lanciato l’idea di creare un’autostrada ciclabile fra Melide e Lugano, dove oggi c’è una strada che i ciclisti considerano a rischio.

«Tra i comuni c’è una grande differenza nell’approccio. – sottolinea Marco Vitali – Un importante fattore di omogeneizzazione sono i Programmi d’agglomerato, ampiamente finanziati dalla Confederazione. Al loro interno la mobilità ciclistica può finalmente trovare l’attenzione che merita. Il fatto che il contributo della Confederazione sia assicurato in modo proporzionale anche all’attenzione prestata alla mobilità dolce, è una premessa per una notevole spinta al miglioramento. Purtroppo anche qui c’è però da segnalare un’importante nota negativa: al territorio che ha più bisogno di interventi, il Luganese, questo contributo, come sappiamo, è stato negato. Dopo che il PAL 2 era già stato penalizzato da un contributo ridotto, il PAL 3, il programma di terza generazione, è stato infatti addirittura bocciato».

«In un confronto intercantonale siamo sicuramente in ritardo. – afferma sconsolato Rocco Cattaneo – Il Cantone da solo però non può fare tutto e anche i Comuni devono fare la loro parte. Nel Sopraceneri sono stati realizzati parecchi progetti e le Città di Bellinzona e Locarno si stanno attivando molto in favore della mobilià ciclabile. Nel Sottoceneri c’è ancora molto da fare e mi sembra di percepire ancora poca volontà politica per fare decollare i molti progetti che ancora si trovano solo sulla carta. Peccato perché proprio in questo contesto la bici potrebbe avere positivi effetti sul traffico pendolare. Occorre avere ancora pazienza». 

Eppure in Svizzera ci sono città virtuose ed esemplari per quanto riguarda la mobilità lenta. Per esempio Burgdorf, nel Canton Berna, ha vinto per la terza volta di seguito il premio «Città a misura di bicicletta» della Pro Velo. La cittadina di 16200 abitanti ha lanciato nel 1996 il programma decennale «Città modello per pedoni e bici» che doveva portare a una drastica riduzione del traffico motorizzato, e quindi dell’inquinamento, a vantaggio della mobilità lenta. Lo spunto è stato il progetto Energia 2