Tra i primi settori a fare i conti con le perdite dovute al Coronavirus c’è quello del vino. E non sono perdite di poco conto per i 2’700 viticoltori del Ticino e per le cantine. Basti pensare che se ogni vendemmia vale circa 22 milioni di franchi, per il 2020 si prospetta un calo del fatturato a 12 milioni di franchi. Mancheranno, quindi alla filiera, ben 10 milioni. «Il quadro non è sicuramente edificante» ci dice sconsolato Andrea Conconi (direttore del Comitato dell’Interprofessione della Vite e del Vino Ticinese - IVVT). «Ma la situazione è brutta per tutti e in tutto il mondo. In Sicilia si sta facendo largo l’ipotesi di pagare la prossima vendemmia 20 cts. un kg d’uva, mentre da noi siamo comunque sopra i 4 fr. al kg e speriamo di riuscire a mantenere quel livello anche per quest’anno».
In una riunione che si è tenuta nei giorni scorsi sono state prese diverse importanti decisioni che lo stesso Conconi ci illustra. «Anzitutto abbiamo concordato di abbassare il limite per i vini DOC (di origine controllata). Se finora la produzione pagata era di 1 kg al metro quadrato, nel 2020 sarà di 800 grammi. Mentre le cantine, viste le ingenti scorte e la mancanza di liquidità, ne acquisteranno solo 500 grammi per metro quadrato. In secondo luogo le eccedenze prodotte avranno usi diversi. In particolare l’Interprofessione sta cercando soluzioni alternative con i produttori per distillare l’uva in alcol. Anche perché questo prodotto sta diventando un bene molto importante a livello sanitario e le riserve sono abbastanza basse. L’idea che stiamo portando avanti è quella di convincere i viticoltori a raccogliere anche le uve eccedenti per poi trasformarle appunto in alcol. Ovviamente il prezzo d’acquisto delle uve sarà inferiore rispetto a quello destinato al vino, ma coprirà almeno i costi della vendemmia. Si tratta di una campagna di solidarietà del nostro settore verso la sanità, ma non solo. Produrremo alcol che potrebbe essere usato nei disinfettanti per le scuole, nei ristoranti, ecc. In generale penso che più di un milione di kg d’uva potrà essere distillato». Da notare che l’idea non è solo ticinese. Visto che la crisi è mondiale si sta già pensare di destinare parte della prossima vendemmia, anche in altri Paesi, alla trasformazione di uva in alcol.
Tutto ciò perché la chiusura di bar, grotti e ristoranti ha messo in crisi un settore già piuttosto fragile. «Da anni si sta vendendo meno di quanto si produce e il lockdown ha messo definitivamente in crisi diverse cantine. Occorre però fare una distinzione. Le riserve di vino bianco, per fortuna, sono sotto controllo e si attestano a circa 15 mesi. Una cifra abbastanza in linea con gli altri anni, ma questi prodotti rappresentano solamente il 22% della produzione. Invece il problema è più grave per il vino rosso dove siamo a un livello di riserve pari a 34 mesi, rispetto alla media decennale che è di 24 mesi». Detto altrimenti le cantine sono ancora piene del vino prodotto gli anni scorsi e avrebbero bottiglie sufficienti da mettere sul mercato, anche senza la vendemmia del 2020. Come accennato la fragilità del settore era abbastanza conosciuta e il Coronavirus non ha fatto altro che dare un ulteriore colpo, si spera non mortale per molti viticoltori. «Una situazione difficile che si è creata negli ultimi anni per diverse ragioni tra cui il calo del consumo di vino pro capite e la sempre più forte concorrenza dei vini esteri», aggiunge lo stesso Conconi.
Quello della viticoltura è comunque un settore creativo e propositivo, come si può notare dalle soluzioni alternative che si stanno cercando. «Risanare un mercato come il nostro non è semplice ma noi cerchiamo di agire in modo costruttivo e unitario. Certamente, anche gli aiuti dal Cantone e dalla Confederazione sono i benvenuti. In questo senso è già stata depositata in Gran Consiglio una mozione di Lorenzo Jelmini in cui si chiede di favorire la promozione della viticoltura. Ed è un segnale molto importante perché appena la situazione tornerà alla normalità dovremo investire con decisione nella promozione della filiera. Da notare, inoltre, un aspetto tipico svizzero che non ci aiuta. Da noi gli aiuti sono in relazione a quanto spendiamo, ma se il capitale proprio delle aziende viene eroso e quindi le spese calano, anche gli incentivi che possiamo ricevere diminuiscono. Non succede così nel resto dell’Europa dove gli aiuti statali al settore sono a fondo perso». In questa difficile situazione il professionista riceverà un occhio di riguardo rispetto a chi fa vino per hobby. «Sono circa 300 le persone che vivono esclusivamente grazie alla produzione di vino in Ticino e credo che le cantine si metteranno d’accordo con loro per evitare fallimenti delle aziende viticole». Una riflessione condivisa anche da Giuliano Maddalena (presidente della Federviti). «La situazione è molto difficile, soprattutto per chi vive solo di vino e non ha altre entrate economiche. Ecco perché speriamo che l’ente pubblico possa dare un aiuto concreto a questi professionisti». Sempre Maddalena mette l’accento sulla compattezza della filiera: «non è stato semplice trovare un accordo, ma tutti ci rendiamo conto delle difficoltà del momento ed è indispensabile fare squadra, agire cioè in modo compatto e unitario per trovare soluzioni accettabili».
Il presidente della Federviti conclude soffermandosi sul fatto che «l’annata è appena iniziata ma è giusto muoversi per tempo e pensare alla vendemmia di settembre». Una vendemmia che, come abbiamo capito, sarà la più contenuta degli ultimi decenni. Infine – sempre durante l’assemblea – i professionisti del settore hanno preso un’altra decisione piuttosto importante anche a livello simbolico. È stato infatti cambiato un articolo riguardante la direttiva dei vini DOC con il quale non sarà più autorizzato il «taglio» dei vini con prodotti provenienti da fuori cantone. Un altro segnale verso i nostri viticoltori e una maggiore chiarezza per i consumatori.