Certe meraviglie si rivelano a chi osa mettersi in cammino col sacco in spalla per andare a cercarle. Alla fine, superate fatica e difficoltà, sarà ampiamente ripagato. Persino Giuseppe Brenna – autore della Guida delle Alpi ticinesi e mesolcinesi – cui l’esperienza e l’allenamento certo non mancano e nemmeno la profonda conoscenza del territorio, non si stanca di stupirsi e commuoversi di fronte ai tantissimi segni lasciati in quota nei secoli dagli alpigiani sotto le cime delle montagne, in luoghi impensabili e ardui da raggiungere. E arriva a concludere che la lotta per la sopravvivenza doveva in sostanza equivalere ad un brutale «corpo a corpo» tra uomo e natura selvaggia. Per noi che saliamo sui monti per diletto e scoperta, sono inimmaginabili le abilità alpinistiche, tecniche, le competenze nell’edilizia e nell’ingegneria, la forza e l’audacia di questi contadini d’altitudine. Motivati dalla necessità, loro ci andavano per lavoro e sfruttavano i luoghi fino all’ultimo filo d’erba, fino all’ultima goccia d’acqua.
Con il nuovo libro Alpi della Valle Maggia (della Collana Sui sentieri dei padri, Edizioni Salvioni, 2020) Giuseppe Brenna rende omaggio all’ingegno dell’alpigiano di una regione che ama tantissimo e ne documenta l’opera monumentale su questa «terra grandiosa» per vastità, paesaggisticamente molto variata, impervia e selvaggia. Lunga linearmente una cinquantina di chilometri, è compresa tra 250 e 3000 metri di altitudine. Si estende su 569 chilometri quadrati e rappresenta un quinto del territorio del Ticino anche se è abitata solo dal 2% della popolazione del Cantone. La ricerca è frutto di una meticolosa rivisitazione in solitaria dei suoi alpi, corti, medée, monti alti, mater (promontori affacciati sui dirupi) e luoghi speciali entrati tutti in questo ampio nuovo e aggiornato censimento. Piuttosto che le tragedie e l’emigrazione, l’autore preferisce evidenziare gli aspetti positivi della vita dei padri, con senso di gratitudine, rispetto e profonda comunione spirituale, accompagnandoci alla scoperta di scalinate, passaggi strategici nella roccia, scalini scavati sulle placconate, muri di tutti i tipi, sovende e canali per l’acqua, splüi e cascine. Qui la vita pastorale intensa di un tempo ha ceduto il passo all’abbandono e al degrado, nonostante non manchino esemplari isolati casi di manutenzione da parte di proprietari, società, volontari, cacciatori.
Il lavoro di Brenna, animato da impegno e passione, è monumentale, un documento ricchissimo destinato a tenere viva la memoria geografica, storica della Valle Maggia, del suo immenso patrimonio culturale. L’autore è vicino ai settant’anni. Queste recenti ricognizioni, da lui effettuate con tempi più lunghi che in passato, gli hanno consentito di vivere emozioni diverse e persino scoprire posti e percorsi suggestivi nuovi. Il censimento concerne 267 alpi, corti e altri luoghi particolari illustrati con 667 fotografie. Per raggiungerli sono descritti 185 itinerari, anche molto lunghi, la maggior parte dei quali non su sentieri. Spesso, quando esistono, ci si accontenta di tracce e non di rado si devono superare tratti di difficoltà T6. E vi sono casi in cui l’accesso è possibile ora solo dall’alto. Nello studio non sono compresi gli Alpi di Val Bavona (25 in tutto, ma con corti e altri luoghi particolari si arriva facilmente a un centinaio) trattati in un precedente volume (Salvioni e Dadò, 2011) curato da Giuseppe Brenna con Luigi Martini. Né si può dimenticare, sempre sulla Valle Bavona, l’altra sua opera Giuseppe Zan Zanini e la Valle di Foiòi (Salvioni, 2010) sull’impresa dell’ingegnoso alpigiano che realizzò nel 1833 un grandioso accesso per le vacche al suo alpe. Tra la trentina di libri che sono stati compagni di viaggio di Giuseppe Brenna in questa riscoperta della Valle Maggia hanno rivestito un’importanza fondamentale, anche per le storie e le testimonianze di alpigiani e anziani, gli Archivi dei nomi di luogo e il Repertorio toponomastico ticinese (diversi volumi di autori vari), le carte nazionali, comprese quelle storiche Siegfried e Dufour, il libro Alpi di Valmaggia (Società agricola valmaggese, 1971). Tutte fonti i cui contenuti sono ampiamente citati e integrati dall’autore con testimonianze di oggi.
Il viaggio che ci propone Giuseppe Brenna comincia ad Avegno e finisce nelle estremità delle valli superiori e laterali della Valle Maggia. Gli alpi raggiunti e indagati nel libro meriterebbero di essere tutti visitati. A molti di essi sono legate storie che hanno dell’incredibile. Ne ricordiamo una per tutte. Sul territorio di Someo, in Val Busai (versante destro della Valle Maggia) a 800-1000 m di altitudine l’autore è riuscito a individuare nella difficile parete del Sasso Tròlcia quella che poi ha battezzato «Via della Sposa», ossia la spaccatura inclinata nella roccia attraversata nel 1910 da una mamma coraggiosa col neonato in spalla, cinque giorni dopo il parto, per raggiungere e aiutare il marito boscaiolo che lavorava nel terrazzo soprastante della Pioda Neira. Ne parlò tutto il paese, riporta una fonte. Il passaggio chiave è raggiungibile da Someo in un’ora e mezza ed è consigliato solo ad esperti (T5).